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 2012  ottobre 24 Mercoledì calendario

ARRIVA LA CARICA DELLE “LISTE SPORCHE” ALMENO 32 TRA INDAGATI E CONDANNATI


L’allarme l’ha lanciato ieri Gianfranco Fini nel corso del suo tour elettorale nell’Isola: «Se in Sicilia si vuole aprire un chiosco o un bar serve un certificato antimafia. Per candidarsi no...». Una circostanza che, per il presidente della Camera, crea «una differenza oggettiva nel rispetto della legalità». E che rilancia l’allarme sulle liste sporche a cinque giorni dal voto. Perché, malgrado i propositi della vigilia, gli elenchi elettorali sono pieni di aspiranti consiglieri regionali nei guai con la giustizia. Indagati, imputati, condannati: trentadue, all’ultima conta. Per reati che magari sfuggono ai codici etici approvati da Udc, Pd, Pdl ma che dimostrano come sia irrisolta in Sicilia la questione morale. Fini, con le sue parole, riapre una recente ferita nella sua coalizione “autonomista” che sostiene Gianfranco Micciché: Grande Sud, il partito di Micciché, ha ricandidato a Palermo Franco Mineo, attualmente sotto processo perché accusato di essere un prestanome di un esponente dei Galatolo, famiglia mafiosa dell’Acquasanta. Una decisione che ha spinto Fabio Granata, vicecoordinatore di Fli, a ritirare il sostegno a Micciché.
Ma il caso di Mineo, come detto, non è isolato. Basti pensare che in corsa ci sono pure tre ex consiglieri regionali finiti in carcere nell’ultimo scorcio di legislatura e tuttora indagati. Nelle liste dell’Mpa di Raffaele Lombardo ci riprova Riccardo Minardo, rinviato a giudizio per truffa all’Unione europea, e fa altrettanto Fabio
Mancuso, inquisito per reati finanziari. Nell’estate del 2011 era finito in carcere per quindici giorni anche l’ex autonomista Cateno De Luca. Provvedimento ingiusto, per la Cassazione, ma sul capo di De Luca rimane un’inchiesta per abuso d’ufficio, tentata concussione e falso che non gli ha impedito di ricandidarsi. Addirittura per la presidenza della Regione.
Volto più noto è quello di Giuseppe Drago, ex sottosegretario di Berlusconi, che nel 2010 ha dovuto rinunciare allo scranno da deputato dopo la sentenza della Cassazione che ha reso definitiva la condanna a tre anni per peculato: quand’era presidente della Regione, dicono i giudici, Drago ha utilizzato in modo improprio 123 mila euro di fondi riservati. Ora, finita l’interdizione dai pubblici uffici, Drago ha trovato un posto in
lista nel Pid-Cantiere popolare di Saverio Romano.
E in corsa c’è di nuovo l’immortale Giuseppe Buzzanca (Pdl) già sindaco di Messina, consigliere regionale, poi entrambe le cose. Malgrado quella vecchia condanna per peculato d’uso - passata in giudicato - che gli deriva da un viaggio in auto blu con la moglie sino in Puglia per partecipare a una crociera. «Invoco il diritto all’oblio », fa spallucce Buzzanca. Ma ai magistrati, ora, deve rispondere anche delle accuse di disastro colposo nell’inchiesta sulle responsabilità per i danni dell’alluvione di Giampilieri che causò 39 morti. Stesse contestazioni fatte a Mario Briguglio, sindaco di Scaletta Zanclea, nel Messinese: anche lui candidato, per Grande Sud.
Fra i candidati “illustri” sotto inchiesta anche Francesco Cascio, il presidente dell’Assemblea regionale del Pdl: su Cascio, e su altri ex assessori al Territorio, pende una richiesta di rinvio a giudizio per la mancata adozione di misure anti-inquinamento. A Catania in lizza due ex assessori della giunta Scapagnini, Mimmo
Rotella e Giuseppe Arena, entrambi condannati in primo grado per falso in bilancio.
Certo, non si può fare di tutta l’erba un fascio: se il Pds-Mpa di
Raffaele Lombardo è il partito con il maggior numero di «inguaiati», ben nove, il Pdl e il Pid-Cantiere popolare seguono a quota quattro. Il centrosinistra ha meno problemi.
Ma anche Rosario Crocetta, il portabandiera dell’alleanza Pd-Udc, deve fare i conti con qualche grana giudiziaria dei suoi candidati. Ultima quella relativa una condanna per abuso d’ufficio di Giuseppe Spata, in lista per l’Udc a Palermo. E anche la sinistra “alternativa” ha dovuto pagare dazio: nelle liste di Italia dei Valori, a Messina, Francesco Pettinato, indagato nell’ambito di un’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose nel Comune di Fondachelli Fantina, provincia di Messina. Pettinato, in seguito a sollecitazioni di Di Pietro, ha annunciato che si ritira dalla corsa.
È questo lo scenario in cui si svolgono le elezioni siciliane, con Grillo che ha buon gioco nell’urlare «piazza pulita». E Fini a lanciare il suo richiamo istituzionale. Ma anche Fli deve fare i conti con due indagini: quella per concussione che riguarda Mario Bonomo, capolista a Siracusa, e quella per voto di scambio che invece coinvolge un ex consigliere provinciale di Messina, Nino Reitano. A dimostrazione di quanto sia trasversale il partito degli inquisiti.