Ettore Livini, la Repubblica 24/10/2012, 24 ottobre 2012
IL BUSINESS DEI VOLI PIÙ PAZZI DEL MONDO
L’AEREO più pazzo del mondo può attendere. La realtà, siamo nel terzo millennio, ha superato la fantasia di Hollywood. E le compagnie aeree – alla disperata ricerca del jolly per far quadrare i propri conti – hanno scoperto nei cieli un Eldorado molto più concreto e redditizio: le rotte più pazze del
mondo.
L’assunto è semplice: inutile farsi il sangue amaro cercando di guadagnare qualche centesimo sui collegamenti più classici (tipo Londra- New York) dove il traffico c’è, per carità, ma la concorrenza riduce i profitti all’osso. Il mondo è cambiato. E oggi — per far soldi ad alta quota — bisogna spedire i propri jet a caccia della migrazione degli asparagi, dei devoti (e ricchi) pellegrini Sikh o dei cacciatori di petrolio.
Sogni da studios californiani? Mica tanto. «Dove c’è mercato bisogna andare», ha spiegato al Wall Street Journal Artur Zarkarian, numero uno negli Usa della Armavia. Il vettore armeno
l’ha fatto: ha studiato le dinamiche migratorie degli ultimi anni e — tra i sorrisi ironici dei concorrenti — ha spostato uno dei suoi nove velivoli dalle destinazioni più
glamour
alla Birmingham- Amritsar, nel Punjab indiano. Sembrava un azzardo della serie o la va o la spacca. E invece ha funzionato. L’Armavia è l’unica al mondo ad operare su questa tratta tagliata fuori dalle tradizionali (e sature) autostrade dei cieli. E i tantissimi Sikh inglesi sgomitano per imbarcarsi sul volo senza scalo verso la loro capitale spirituale e il Tempio d’oro. Risultato: il Boeing 737 viaggia con il tutto esaurito quasi fisso. «E su rotte “uniche” come queste — spiega Alberto Bettoli, partner della McKinsey — si riesce in molti casi a spuntare un prezzo pari a 2-3 volte quelli delle rotte tradizionali».
Ormai l’hanno capito in molti, specie le compagnie di serie B che non hanno i mezzi per competere con i giganti del settore. L’inglese Eastern Airways snobba Heathrow per volare (con gran successo) da Aberdeen a Stavanger in Norvegia, riempiendo come uova i suoi jet grazie ai dirigenti delle major petrolifere in viaggio tra le due capitali continentali dell’idrocarburo. Lo stesso ha fatto la Azerbaijan Airlines, che seguendo la scia dell’oro nero viaggia senza scalo da Baku alla città scozzese, macinando profitti. E persino Air France ha creato un’offerta ad hoc di piccoli aerei configurati in business che uniscono Parigi ed Amsterdam alle metropoli africane del greggio, da Lagos a Lusaka
fino a Malabo, in Guinea Equatoriale per intercettare questo ricchissimo traffico in petrodollari.
Il coraggio di volare nelle periferie (o presunte tali) dei cieli ha dato una mano decisiva anche per tenera a galla la Germania Fluggesellschaft. L’aerolinea tedesca ha tagliato le tradizionali (ma poco redditizie) destinazioni mediterranee per concentrarsi sui collegamenti con Erbil e Sulaymaniyah, diventando così la compagnia di bandiera della comunità curda nel paese. «Sono nicchie, certo, ma quando azzecchi quella giusta fai un affare», ammette Alex Cruz, amministratore delegato della Vueling. Come è successo alla Copa, che ha fatto fortuna pensionando i suoi jet di maggiori dimensioni per dotarsi di una flotta di aerei più piccoli. E che oggi collega con gran profitto Panama agli aeroporti minori nel sud degli
Usa e in Sud America.
Uomini o asparagi, quando si tratta di far soldi con le rotte più pazze del mondo, pari sono. Delta Airlines tiene in vita il suo volo Lima-Atlanta grazie alla “nicchia”
dell’oro verde prodotto in Perù con cui riempie (a caro prezzo) le stive dei suoi jet in viaggio verso le tavole della Georgia. La compagnia Usa ha “graziato” dalla cancellazione il Cincinnati- Parigi perché guadagna fior di quattrini imbarcando ad ogni volo tonnellate di componentistica aerospaziale delle aziende vicine alle due città mentre l’Alaska Airlines ha fatto fortuna trasportando il basilico da Puerto Vallarta, in Messico, agli Stati Uniti.
E l’Alitalia? «Anche noi stiamo studiando il fenomeno e abbiamo
già iniziato a sfruttare queste “nicchie”», spiega Marco Sansavini, chief strategist della compagnia tricolore. Due voli alla settimana sono stati riposizionati su Erevan per intercettare i viaggi della diaspora armena e il promettente flusso turistico da lì
a Roma. Quest’inverno è stato chiuso temporaneamente il Roma- Los Angeles — dove la concorrenza rischia di mandare i conti in rosso — per dirottare un A330 sul Roma-Fortaleza, meno chic forse ma più facile da riempire (e a prezzi migliori) grazie
agli italiani che vanno in vacanza nel nord del Brasile. Il vettore di Roberto Colaninno è stato il primo in Europa a riaprire i collegamenti con Tripoli, meta ricca grazie all’Eni e ai businessman continentali del petrolio e del gas. «Sono scelte inevitabili per andare a cercare nuovi mercati visto che il traffico aereo in Europa cresce meno di quello globale e in Italia è piatto», dice Sansavini. L’importante è non sbagliare scelta. L’Oscar per la rotta più pazza del mondo del 2012, in effetti, spetta forse alla Salerno-Milano Malpensa, volo di “nicchia” — direbbero i tecnici — operato dalla Skybridge e sospeso in anticipo ad inizio di ottobre. Chi, memore del caso Windjet, temeva il caos nei due aeroporti ha dovuto ricredersi. Sui voli dal 5 ottobre in poi, dice il tam-tam della costiera amalfitana, non era stato prenotato nemmeno un biglietto...