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 2012  ottobre 24 Mercoledì calendario

IL SISTEMA DIECI PER CENTO


IL TEMPO giudiziario dell’amministratore delegato di Finmeccanica Giuseppe Orsi è scaduto. L’ingresso del suo senior advisor Paolo Pozzessere nel carcere di Poggioreale lo chiude definitivamente in una tenaglia istruttoria che aveva cominciato a stringersi a novembre 2011.


PROPRIO nelle settimane in cui lui vinceva la partita per la successione a Guarguaglini e Lorenzo Borgogni, il Gran Visir della holding caduto nella polvere, cominciava con la Procura di Napoli una collaborazione che di Orsi sarebbe stata la tomba. Ieri, mentre il titolo precipitava in borsa (-3%), l’ufficialità raccontava il manager «sereno e al lavoro come sempre», «convinto» che il silenzio di Palazzo Chigi sia il segnale di un credito non ancora esaurito. Mentre due comunicati (uno della holding, l’altro di Fincantieri) ribadivano il Gruppo e le sue controllate «estraneo a qualsiasi episodio di corruzione ». La storia, a ben vedere, è un’altra. E di sereno ha ben poco.
IL TRASFERIMENTO IN ALENIA
La conoscono bene Orsi (ora scaricato anche da Maroni: «Non sta a me dire se mandarlo via») e, come documentano le carte napo-letane, anche Pozzessere. Il 14 ottobre, dieci giorni fa, l’ex direttore commerciale della holding, in procinto di lasciare l’Italia per Mosca, dove Orsi lo vuole plenipotenziario del Gruppo, discute al telefono di quanto le indagini abbia reso greve l’aria. Pozzessere - annotano i carabinieri che lo ascoltano - ha da poco incontrato Guarguaglini, che è stato appena sentito dai pm napoletani sulla commessa brasiliana di Fincantieri e «con il suo interlocutore comincia a discutere di Orsi». Dice: «Ho saputo da Roberto
Maglioni (vicepresidente della holding con delega al Personale
ndr.)
che stanno cercando di spostarlo in Alenia Aeronautica per farlo uscire da Finmeccanica e che la cosa a lui va bene».
CONVITATO DI PIETRA
La confidenza telefonica suona tutt’altro che come una millanteria. Perché appunto, come lo stesso
Pozzessere immagina (anche se solo in parte, evidentemente) la partita finale su Finmeccanica sta davvero per cominciare. E le tre questioni giudiziarie che la definiscono, pure divise per competenza tra le Procure di Napoli (le commesse a Panama e in Brasile, come pure quella sfumata in Indonesia),
Busto Arsizio (la fornitura per 560 milioni di euro di 12 elicotteri al governo Indiano), Roma (le asserite consulenze di favore alla ex moglie del ministro dell’Economia Vittorio Grilli, per le quali il ministro avrebbe dovuto essere sentito in questi giorni dal procuratore aggiunto Alberto Caperna, se non fosse stato che a rinviare la testimonianza è stata la sua morte improvvisa) vedono al centro del canovaccio sempre uno stesso convitato di pietra. Giuseppe Orsi. Ora come ex ad di Agusta. Ora come ad di Finmeccanica. Sempre e comunque custode di un Sistema ereditato dalla stagione Guarguaglini.
LA STECCA PARA
Se le accuse nei confronti di Orsi e del Gruppo sono fondate e le fonti di prova si dimostreranno solide, da qualunque parte la si prenda - India, Panama, Brasile, Indonesia e, le indagini ce lo diranno, Russia - la faccenda è infatti apparecchiata sempre con un stesso format. La holding con le sue controllate
è inesauribile tasca della Politica, che ne facilita le commesse in cambio di un robusto ritorno (le “zucchine” per dirla con Franco Bonferroni, ex senatore Udc ed ex consigliere di amministrazione di Finmeccanica nominato dal Tesoro, travolto dalle inchieste e non ancora sostituito) sotto forma di commissioni. Mediamente un 10 per cento da dividere con “stecca para”: 5 per cento ai governi esteri; 5 per cento ai “politici”, siano dei faccendieri nel cuore del premier come Lavitola, o ministri della Repubblica come Claudio Scajola. O, ancora, senatori Pdl come Esteban Caselli, eletto nella circoscrizione estera Sud-America, interessato a mediare una commessa di elicotteri in Indonesia (che pure non si chiuderà) e rassicurato da Pozzessere proprio sulla percentuale del “ritorno” («tra il 5 e il 10 percento»). Del resto, i numeri - per come ricostruiti negli atti - non tradiscono. Per il Brasile, la commessa da 5 miliardi, contempla una provvigione da 550 milioni da dividere in parti gemelle e prevede che, alla fine,
qualche centinaio di migliaia di euro prendano la strada di Scajola e del suo entourage. Per Panama, la fornitura di 180 milioni ne ha in pancia 18 da dividere tra Lavitola e il Presidente Ricardo Martinelli. Nel caso dell’India, gli elicotteri Agusta valgono 560 milioni, le commissioni sono di 51 e la metà dovrebbe andarsene tra mediatori
(Guido Ralph Haschke, arrestato e scarcerato in Svizzera la scorsa settimana, Carlo Gerosa e Cristian Mitchell), funzionari indiani e padrini politici (la Lega e Cl, a dire di Borgogni).
RICORRENZE E TELEFONATE
Sono faccende che Orsi poteva
ignorare? È un fatto che, in questa storia, ci siano una curiosa ricorrenza e una significativa telefonata. Antica la prima. Più recente la seconda. La ricorrenza è del marzo 2002, quando Scajola, allora ministro dell’Interno, annulla una gara aperta per l’acquisto di elicotteri a vantaggio di una trattativa privata che vedrà prescelta proprio Agusta (Orsi ne era allora direttore commerciale) con una commessa da 350 milioni di euro, che per altro costerà al nostro Paese un risarcimento alla concorrente americana Md Helicopters da 1 milione e mezzo di euro. La telefonata, invece, è del 21 agosto 2011. Lavitola sollecita a Pozzessere la consegna al presidente panamense Martinelli di un elicottero da 8 milioni, quale anticipo di una tangente da 30. Pozzessere risponde così: «Che cazzo devo fare io? Più che dirlo a Orsi e Guarguaglini, che cazzo devo fa’? Agusta credo che un elicottero glielo possa dare rapidamente, soprattutto se si mette di mezzo il capo. Il capo, dico».