Francesco Spini, la Stampa 24/10/2012, 24 ottobre 2012
PIAZZA AFFARI SCIVOLA AL VENTESIMO POSTO
Performance da ultima della classe, fanalino di coda - negli ultimi 10 anni - tra i 25 listini che più contano al mondo. Dal dicembre del 2001 al 30 giugno di quest’anno Piazza Affari ha perso il 47,2%, con un rendimento medio annuo negativo del 5,9%, che diviene 5,3% se si allarga l’orizzonte a 17 anni. Nell’edizione 2012 del suo «Indici e dati», l’Ufficio Studi di Mediobanca fotografa, in una prospettiva di medio-lungo periodo, l’andamento della Borsa milanese. Ne esce un quadro non proprio lusinghiero per Piazza Affari, che perde - salvo poche eccezioni- anche il confronto con i Bot. Un listino, quello milanese, sempre meno rappresentativo in termini di peso sul Pil (20,7%, ai livelli del ’96 mentre nel 2000 arrivò a sfiorare il 70%: le altre piazze principali spesso sono sopra il 50%). E sempre meno rilevante per capitalizzazione: è scivolato dal nono posto dove si trovava nel 2002 alla ventesima posizione a causa del dinamismo dei mercati emergenti, del miglior andamento di alcune borse europee e dell’accorpamento di altre. Da fine 2002 - segnalano gli analisti di Piazzetta Cuccia - quella italiana è stata l’unica borsa a contrarsi in termini di valore: -29%. Il confronto vede Londra a +17%, Nyse a +20%, Euronext europeo a +31%. E ancora: Francoforte è cresciuta del 45%, Zurigo del 61%, il Nasdaq dell’87%. E poi c’è la carica degli emergenti con il Brasile a +675%, Bombay a +608%, la Russia a +596% e Shanghai a +556%.
Ampliando la visuale agli ultimi 17 anni - tanti ne sono considerati nel rapporto - la Piazza milanese esce perdente anche nel confronto con i Bot. Nel complesso dal 1996 a oggi l’investimento a Piazza Affari è risultato negativo per ben 12 volte su 17. Le azioni milanesi hanno reso il 5,26% medio annuo contro il 4,05% dei Buoni del Tesoro a 12 mesi. Ma in soli tre casi la Borsa ha superato il rendimento dei titoli di Stato: a gennaio e dicembre del 1996 e nel dicembre del 2011. Quest’ultimo investimento, infatti, presenta ora un rendimento del 15,19% contro il 3,98% dei Bot, per il rimbalzo della borsa degli ultimi mesi. Le zavorre, a Milano, si chiamano banche e assicurazioni: 15 anni su 17 hanno riportato un risultato negativo, mentre gli industriali hanno chiuso in rosso solo 4 volte. Dal 1996 il rendimento medio annuo dei bancari è dell’1,5% contro il 7,8% degli industriali che in termini cumulati sui 17 anni si traduce in un +28% per i primi contro un ben più cospicuo 250% dei secondi. Ancora più contenuta la performance degli assicurativi: +17% nei 17 anni, ossia +1% annuo. Il peso dei titoli bancari si è dimezzato, passando dal 32% del 2006 ad appena il 16% della capitalizzazione, il minimo degli ultimi 15 anni. Quanto ai dividendi di tutte le quotate, si è toccato il punto più basso dal 2000: 13,8 miliardi. Chi dice, poi, che nel lungo termine la Borsa dà sempre soddisfazioni? Senza il reinvestimento dei dividendi, dal 2 gennaio 1928 a fine settembre 2012 l’indice della Borsa riporta un rendimento del 6,3% annuo, che in termini reali (contando un’inflazione media dell’8,9%) diviene negativo del 2,6%. Dopo 84 anni e 9 mesi l’investitore si troverebbe con un capitale dal potere d’acquisto decurtato dell’89%. Reinvestendo i dividendi, invece il rendimento reale diventa positivo d’un soffio: +0,8%. Avrebbe premiato una scelta azzeccata delle società: il titolo Generali acquistato nel 1938, a giugno, avrebbe portato a un rendimento reale medio annuo del 4,2%. Al contrario, con Bastogi si avrebbe un -6,9%. Tornando ai giorni nostri, da inizio gennaio 2011 alla metà di ottobre, la Borsa ha perso il 22,7%. Solo un quinto dei titoli ha avuto il segno più, un quarto ha perso oltre il 50%. Tra i migliori: Txt e-Solutions (+182%), Zucchi risparmio (+164%) e De’ Longhi (+88%). I peggiori hanno lasciato per strada oltre il 90%. Si tratta di Eukedos, Seat Pg, Sopaf e Fondiaria-Sai.