Gianluca Paolucci, la Stampa 24/10/2012, 24 ottobre 2012
GIANNINI, IL VIGILANTE SOTTO ACCUSA “COLLUSO” CON I LIGRESTI
Il vigilante sul sistema assicurativo accusato di concorso nel falso in bilancio di una compagnia assicurativa ha del clamoroso. Per rendere l’idea, è un po’ come un poliziotto sospettato di fare il palo durante una rapina. Fatta salva la doverosa presunzione d’innocenza, Giancarlo Giannini, indagato anche per ostacolo alla vigilanza, avrebbe fatto qualcosa in più. Quando sono arrivati i poliziotti, quelli veri, gli ha fatto lo sgambetto. Il fatto è che Giannini, romano classe 1939, alla guida dell’Isvap dal maggio 2002, era colui al quale spettava l’ultima parola su ogni pratica riguardasse la vigilanza e il controllo di una compagnia assicurativa.
Nei dieci anni di gestione Giannini, che guarda caso coincidono con la piena efficacia della tribolata e poco trasparente fusione tra Sai e Fondiaria, la seconda compagnia assicurativa è stata di fatto spogliata dai suoi azionisti di controllo, i Ligresti. Con il sospetto di «inadempimenti, ritardi e financo collusioni» da parte dello stesso Giannini. Quando l’Isvap si sveglia, per Fondiaria-Sai è già troppo tardi. Siamo alla fine del 2010 e agli ispettori che arrivano nella sede di corso Galileo Galilei, a Torino, non gli resta che prendere atto della «spoliazione» già compiuta. Eppure di segnali,
ben prima di quel 2010, ce n’erano già stati molti. L’infinità delle operazioni infragruppo, ad esempio. L’elenco è lungo. Si può partire da Ata Hotels, pagata da Fondiaria 25 milioni nel 2009. Ricapitalizzata per 12 milioni appena comprata, poi per 30 nel 2010 e per 36 milioni nel 2011.
Totale, tra acquisto e aumenti, oltre 100 milioni . Più altri 40 milioni che secondo l’ultimo piano industriale servirebbero fino al 2014. Non un buon affare. E gli ispettori Isvap, tra 2010 e 2011, vanno a spulciare anche quelle carte. Peccato che il 27 maggio del 2009, dopo va detto - il via libera di cda, comitati, consulenti più o meno indipendenti, era arrivava puntuale anche il l’ok dell’Isvap. Che lungi dal chiedere cosa ci azzeccasse una compagnia assicurativa con un gruppo che di mestiere gestiva alberghi, scriveva che «non emergono elementi di pregiudizio per la sana e prudente gestione» della compagnia. Quella di Ata è forse l’operazione più onerosa, ma non la più clamorosa. Si va dai cavalli passione di Jonella - alle borse hobby di Giulia - agli appartamenti di lusso da affittare a turisti danarosi - affare «laterale» di Paolo. Tutti pagati con i soldi della compagnia, fino alle consulenze di Salvatore, 20 milioni di euro in una decina d’anni.
Quello che avrebbe dovuto preoccupare l’Isvap era però il «margine di solvibilità». Indica quante riserve una compagnia assicurativa ha accantonato per far fronte ai rischi potenziali. A inizio 2011, il margine di solvibilità era poco sopra a 100, il minimo per poter operare. Mentre l’Isvap «monitorava la situazione», il margine precipitava sotto quella soglia. In attesa che venisse definito l’assetto proprietario del gruppo, al centro del lungo scontro tra Unipol e Arpe-Palladio per assumerne il controllo, alla terza compagnia assicurativa italiana è stato permesso di continuare ad operare al di fuori delle regole. Su tutto questo avrebbe dovuto vigilare Giancarlo Giannini che, nell’ipotesi migliore, pensava ad altro. E dire che avrebbe avuto anche qualche buona fonte all’interno del gruppo: tra il 2005 e il 2006 aveva lavorato per Fondiaria Andrea Giannini, figlio di Giancarlo.