Massimo Galli, ItaliaOggi 23/10/2012, 23 ottobre 2012
ANCORA 90 MILA ELETTROSHOCK
Sembrava una sorta di residuato bellico della medicina. Invece l’elettroshock sta mietendo un certo successo in Francia: l’anno scorso ne sono state praticate circa 90 mila sedute. Questa terapia, inventata nel 1938 dallo psichiatra italiano Ugo Cerletti, consiste nell’induzione di uno stato convulsivo attraverso l’applicazione di elettrodi che fanno passare scariche di corrente elettrica attraverso il cervello.
Una pratica che inizialmente, e per parecchio tempo, non prevedeva l’uso di anestesia.
Oggi il paziente viene anestetizzato e gli viene somministrato del curaro per poterlo immobilizzare, ma questo non basta a placare le polemiche che puntualmente si riaprono. In Francia, nel corso del 2011, sono stati 8.534 i pazienti trattati con elettroshock. Un ciclo di cure consiste in un numero di sedute che vanno da 6 a 15. Per questi trattamenti la sanità d’Oltralpe ha sborsato oltre 2,5 milioni di euro. A questa pratica, chiamata anche sismoterapia, si ricorre in caso di resistenza ai farmaci, di forte depressione, di psicosi e schizofrenia. Delle 90 mila sedute complessive, quasi 70 mila sono state praticate nelle strutture sanitarie pubbliche e il resto in quelle private.
Il dibattito non investe la sfera economica ma quella etica. E poi il mondo della scienza continua a dividersi tra chi ritiene che l’elettroshock abbia dannosi effetti collaterali e chi, invece, ne elenca i benefici. André Bitton, presidente del Circolo di riflessione sulla psichiatria, afferma che questi interventi sono molto numerosi, ma bisogna prestare attenzione a non ritenerli indispensabili: vanno considerati la soluzione estrema.
All’ospedale Sainte-Anne di Parigi, ogni anno, a 1.600 persone viene praticato l’elettroshock. Per la psichiatra Marion Plaze esistono ancora luoghi non adeguatamente attrezzati dove si può morire di malinconia catatonica. Il ricorso all’elettroshock va sdrammatizzato, perché per alcuni rappresenta un’opportunità. Un altro medico, Patrick Chemla, attivo al centro Antonin-Artaud di Reims, sostiene che il ritorno di questa terapia, i cui effetti collaterali sulla memoria sono tutt’altro che blandi, non fa presagire nulla di buono. Persiste l’idea che, influendo sul cervello con le scariche elettriche, si possa modificare il suo funzionamento.
A tranquillizzare gli animi è intervenuto Jean-Yves Cozic, che guida il sindacato degli psichiatri francesi: l’elettroshock è riconosciuto come strumento terapeutico interessante in casi molto precisi e limitati, con il consenso del paziente. Spesso tuttavia, obiettano alcuni, la scelta è del medico e della famiglia piuttosto che del malato. Come osserva Olivier Labouret, presidente dell’Unione sindacale della psichiatria, si tratta di una tecnica traumatica, inquietante sul versante etico. Essa, però, ha avuto effetti immediati su persone che non mangiavano più e non assumevano più le medicine. È una specie di reinizializzazione: dopo lo shock la macchina riparte. E vi sono casi in cui l’elettroshock permette di ridurre del 90% i tempi trascorsi negli ospedali psichiatrici. Dati che, tuttavia, non convincono chi vede come il fumo negli occhi il passaggio di corrente nel cervello.