Aldo Grasso, Corriere della Sera 24/10/2012, 24 ottobre 2012
L’OMAGGIO DI «SFIDE» ALL’IMPRESA DI BONATTI
«Sfide», il programma che rinobilita la curatrice Simona Ercolani, ha dedicato la puntata a una leggenda dell’alpinismo italiano, Walter Bonatti. Non si parla mai abbastanza di Bonatti, non ci sarà mai abbastanza riparazione per quello che hanno fatto a Bonatti. Le sue sfide alle cime più impervie sono nate anche per colmare un torto che avrebbe schiantato chiunque. Sarà per questo che la conduzione di Alex Zanardi è stata particolarmente sentita e partecipe (Rai3, mercoledì, ore 22.45).
Per anni Walter Bonatti è stato vittima dell’ipocrisia delle istituzioni, è stato ferito dalla calunnia e dalla menzogna: «È la retorica — ebbe a dichiarare — che vuole che la montagna sia un posto per idealisti e puri ma gli uomini sono sempre quelli, in basso e in alto».
Nel 1954, a 24 anni, Bonatti partecipa alla spedizione italiana capitanata da Ardito Desio sul K2. Una spedizione che porterà in cima Achille Compagnoni e Lino Lacedelli. Il giorno prima, Bonatti, il più giovane della spedizione, scende al campo inferiore per recuperare le bombole di ossigeno e quando torna scopre che il nuovo campo, a sorpresa, è stato allestito 250 metri più in alto.
Bonatti ci arriva solo poco prima del tramonto, ma Compagnoni e Lacedelli si limitano a suggerire da lontano di lasciare l’ossigeno e tornare indietro. Vista l’impossibilità della cosa, Bonatti e il portatore Mahdi trascorrono la notte a 40 gradi sotto zero, senza alcun riparo, tornando al campo solo all’alba. Mahdi, semiassiderato, subisce l’amputazione di numerose dita. Lacedelli e Compagnoni conquistarono la vetta grazie a Bonatti ma finsero di non aver ricevuto l’ossigeno e parlarono di misteriosi sabotaggi. Una versione infondata come dimostrarono i processi e la confessione dello stesso Lacedelli prima di morire.
«Sfide» avrebbe potuto fare qualcosa di più: se Lance Armstrong è stato cancellato dalla memoria del Tour, forse è venuto il momento di dire una parola definitiva su Desio, Lacedelli e Compagnoni.
Aldo Grasso