Dino Martirano, Corriere della Sera 24/10/2012, 24 ottobre 2012
BERLUSCONI E QUEL CONTRATTO CON I «PICCOLI» CHE BLINDA IL PDL — È
un po’ come dividersi l’argenteria quando il matrimonio va in frantumi e si rispolverano le liste di nozze con i regali degli amici, dell’una o dell’altro. Così nel Pdl — fondato in prima battuta davanti al notaio da Forza Italia (70%) e da Alleanza nazionale (30%) — ora si fanno avanti anche i «nani» (le piccole formazioni, ndr) che furono ammessi nel partito al grande evento congressuale organizzato da Silvio Berlusconi alla nuova Fiera di Roma il 27 marzo del 2009. Dietro quella fotografia che li ritraeva tutti insieme sorridenti — da sinistra, Stefano Caldoro del Nuovo Psi, Carlo Giovanardi dei Popolari liberali, Gianfranco Rotondi della Dc, Sergio De Gregorio di Italiani nel mondo e Mario Baccini della Federazione dei cristiano popolari — c’era un contratto. Quel pezzo di carta, ancora custodito in copia nella cassaforte di via dell’Umiltà così come ce lo depositò il coordinatore del Pdl Denis Verdini, assegnava ai «nani» (senza contare che poi sarebbero arrivati anche Francesco Pionati, Lamberto Dini e, seppure con molti distinguo, Francesco Nucara) un 10% complessivo per la rappresentanza negli organismi di partito e, pare, anche nella composizione della parte alta delle liste elettorali in vista delle future elezioni politiche con il Porcellum. Oltre ai seggi (rosicchiati alla quota di Fi), arrivavano anche un po’ di soldi per le spese della corrente ma in cambio i «piccoli» si impegnavano a non presentare i rispettivi simboli.
Ma quell’accordo è ancora valido? «Altro che "nani", io sono alto un metro e ottanta e peso 90 chili», scherza Mario Baccini che però diventa serissimo quando gli si parla del contratto: «Quel 10% era la garanzia, frutto di un accordo politico, in attesa che un vero congresso stabilisse i criteri per la rappresentanza. E un passo in questa direzione è stato compiuto quando Alfano ha preteso la modifica dello statuto facendosi eleggere e non nominare alla carica di segretario». Sul fatto che il patto del 2009 sia ancora efficace, Gianfranco Rotondi, detentore del simbolo della Democrazia cristiana, fa dire al fidato Franco De Luca: «Abbiamo acquisito pareri legali. Senza la firma di Rotondi e Giovanardi è impossibile sciogliere il Pdl perché il loro ruolo di fondatori, pur senza firma dal notaio, è stato riconosciuto da tutti con atti concludenti». E Carlo Giovanardi stima in 800 mila voti la dote portata al Pdl da quella costola di Udc che non seguì Casini: «Tuttavia ora non è che si pretende di incassare cambiali perché tutti gli accordi vengono fatti rebus sic stantibus....». E ora le condizioni sono cambiate, osserva con realismo Alessandra Mussolini: «Non sappiamo con quale legge si voterà e se il Pdl sarà un unico partito. Per cui sarebbe fuori luogo voler battere cassa». Mentre Francesco Pionati sarebbe convinto che quel «diritto di tribuna» assicurato ai «nani» vada onorato dal Pdl. È scettico, invece, il governatore Caldoro che si sta smarcando con un rassemblement riformista-socialista-lib lab con Brunetta, Sacconi, Cicchitto e Stefania Craxi: «Quell’accordo è difficile che possa essere considerato ancora valido». E Alfano? Dicono che a questo punto speri solo che si torni al più presto alle preferenze: così smetterà di avere gli incubi per la composizione delle liste.
Dino Martirano