Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 24/10/2012, 24 ottobre 2012
MICICCHE’, L’AMORE PER I TONNI E LA VENDETTA CON IL PDL
Dice che lo fa per i tonni rossi «che la Ue non lascia pescare ai siciliani mentre i cinesi con gli ultrasuoni se li portano via come pifferai magici». Per i palermitani «che non vogliono altri governatori catanesi». Per «vendicare il Sud» e mille altri motivi.
Ma Gianfranco Micciché sogna di conquistare la Sicilia anche per placare l’odio che lo divora per Angelino. Un odio mortale, come quello che mangiava il fegato di Tancredi il normanno e di Argante il Circasso.
Giura dunque che no, non è vero che dopo la decisione di Berlusconi di candidare lui scoppiò una rivolta nel partito: «Io non volevo accettare. Conosco il Pdl. So che vive di sentimenti bestiali. Di odii. So di essere la persona più odiata da Alfano. Cosa peraltro ricambiata». Lo odia? «Ha avuto dei comportamenti da animale. Non posso pensarla diversamente. Devo ancora capire che cosa gli ho fatto…»
Ringhia che Angelino è una sua creatura: «L’ho inventato io: io. Quando l’ho conosciuto non era nessuno. Io l’ho scelto, io l’ho candidato alle Regionali, io gli ho messo in mano Forza Italia all’Ars… Stava sempre con me. Poi, quando Berlusconi mi chiese un ragazzo che gli facesse da assistente glielo portai…» Finché il ragazzo, sospira, gli scavò la terra sotto i piedi: «Ricordo una rubrica di Alberoni su quelli che non riescono a dire grazie. Che ti ammazzano, piuttosto che dirti grazie. Ecco, questo è Angelino».
Fatto sta che dopo essere stato il fondatore di Forza Italia in Sicilia e il braccio destro di Berlusconi nell’isola, alla fine non contava più niente. Ed era anzi stretto nella morsa di Angelino Alfano, Giuseppe Castiglione e di suo suocero, il senatore Pino Firrarello, che per Lombardo è il vero padrone, un passo dietro le quinte, del Pdl siciliano. «Ma non fu per quello che alla fine fui costretto a sbattere la porta». Certo, ammette, «c’entra anche l’odio». Però «la motivazione che mi spinse a rompere fu la politica del governo Tremonti dopo la vittoria del 2008». Un lapsus? «No. Lo chiamo governo Tremonti perché non comandava più Silvio: comandava lui».
E descrive, dal 2001 al 2006, una specie di «Età dell’oro» che forse altri siciliani non hanno visto ma lui sì: «Quando ero viceministro dell’Economia e ministro della Coesione territoriale cioè del Mezzogiorno, camminavamo in mezzo ai cantieri aperti… In pochissimi anni abbiamo finito la Palermo-Messina ferma da quarant’anni, fatto la Siracusa-Catania e la Caltanissetta-Agrigento… Abbiamo ridotto il gap con il Nord in maniera sensibilissima… Abbiamo dato l’acqua a Palermo!» E spiega che perfino lo splendido appartamento affrescato in cui vive, nella piazza davanti al Politeama, «fino a sette anni fa aveva una stanza adibita a cisterna perché l’acqua arrivava quattro ore ogni due giorni. Adesso l’acqua c’è. Ed è merito mio e di Cuffaro. Perché tutto gli puoi rimproverare, a Totò, tranne di essere uno che non faceva le cose. Purtroppo, aveva intorno gente terrificante…».
Si accende un’altra sigaretta e risponde che no, non è mai andato a trovarlo in carcere. «Ci ho pensato, a volte. Lo avevo attaccato molto, negli ultimi tempi. Comunque è lì perché paga per tutti. Paga per essere siciliano. Cosa ha fatto? Degli imbrogli in Regione? Io non l’ho ancora capito. So che non l’hanno processato per questo. L’hanno messo dentro per mafia. Capitasse a Formigoni, a Zaia, Errani o altri magari li potrebbero condannare per corruzione o truffa. Qui vai dentro per mafia. Cose di pazzi. È come se ci fossero regole diverse. Dentro la stessa Sicilia. Mi spiegate perché se prendono tanti voti Firrarello o Lombardo sono voti sporchi e se li prendono Orlando o Fava sono puliti?».
Torna alla fine della sua mitica «Età dell’oro» sicula: «Iniziò Padoa-Schioppa smantellando il Dipartimento per il Mezzogiorno che era andato straordinariamente bene. Ma fu Tremonti a massacrarci. Non sopportava che si dessero soldi al Sud. Erano buttati, per lui. Avevamo prospettive bellissime. E ci fu tolto tutto. Tutto. Camminavamo in mezzo ai cantieri aperti, oggi camminiamo nella desolazione di cantieri chiusi. Un delitto».
Accusa: «Lo fece per cattiveria. Ripeto: cattiveria. Tolse un miliardo a noi per pagare le multe delle quote latte della Padania! Gli dissi: sei matto? Mi rispose: "tanto voi non sapete spenderli…". Falso. Chiunque conosca i meccanismi dei fondi europei sa che non siamo noi a portare la responsabilità di tutto. I fondi si fermano prima di tutto a Roma. Quelli dell’"Agenda 2000" furono usati favolosamente bene». Bum! «Sul serio. I siciliani lo sanno. Per questo mi voteranno».
E non tirategli fuori la storia dei 280 milioni buttati ogni anno nei corsi di formazione più strampalati tipo quelli per il «merletto macramè»: «Sono ammortizzatori sociali. Al Nord c’è la cassa integrazione per le fabbriche che chiudono? Qui, senza fabbriche, l’ammortizzatore è questo. C’è poco da scandalizzarsi». Come uscirne? «I siciliani mi voteranno perché non ne possono più di dover fare 24 domande per mettere dei pannelli fotovoltaici. Basta. Io propongo che ognuno, seguendo le leggi, faccia quello che gli pare subito e i controlli si facciano dopo». Un’idea da far accapponare la pelle, dicono gli avversari. «No. Mettiamo su una grande macchina per i controlli capace d’intervenire subito. Ma l’economia deve ripartire! Da Tremonti a Monti va sempre peggio. Soprattutto qui».
Decise di piantare in asso Berlusconi, ricorda, dopo una rissa con Calderoli: «Il presidente mi chiamò da parte: "devo dar ragione a loro, alla Lega". "Perché?" "Loro possono buttarmi giù perché sono un partito, tu no", mi disse. Benissimo, ho pensato, facciamo un partito del Sud». Per questo, urla nelle piazze e nei mercati, si è messo con Lombardo dopo anni di insulti. Gli aveva dato del drogato, come ha fatto a ricucire? «Mi ha chiesto scusa». Pubblicamente? «In privato». Scuse ricambiate? «No. Io dissi che era un figlio di puttana perché mi aveva dato del drogato. La mia era una reazione. Diciamo che abbiamo caratteri forti. Che siamo un po’ matti.»
Fatto è che dopo averlo bollato come «il peggior presidente della Regione di tutti i tempi» adesso se l’è preso come alleato per le Regionali… «Vero. Ma Lombardo l’ha eletto il Pdl e poi lo ha fatto governare il Pd. Mica io. Sono loro che devono spiegarsi con gli elettori. Io faccio il presidente, lui porta i voti. È diverso. Abbiamo un progetto bellissimo. Qui col partito del Sud prendiamo il 30% che a livello nazionale diventa il 3%, nel resto del Mezzogiorno alle prossime politiche andiamo a prendere un altro 2% e avremo un partito forte come la Lega. Anzi, forse di più». E poi? Cos’è questa proposta del referendum per l’indipendenza? «Noi non siamo separatisti. Ma se l’Italia non ci vuole, ciao».
Di Beppe Grillo dice che «da quando è arrivato è cresciuto molto, al punto che credo che siamo un po’ tutti, punto più punto meno, alla pari». Di Rosario Crocetta che non lo capisce: «Poteva fare la campagna su come ha amministrato Gela e invece si attacca solo all’antimafia e ai filmini rubati in cui io dico che se ci sono da fare le cose non possiamo farci condizionare dalla mafia». Di Nello Musumeci che è «una brava e inutile persona. Va a dire in giro che lui non stava con Cuffaro. Vero. Ma perché voleva un posto nel listino e gli dicemmo no. Il verginello…». In ogni caso, chiude, «con lui Alfano ha sbagliato di nuovo: Nello è di Catania come Lombardo e i palermitani due catanesi di fila non li voteranno mai». A proposito di Alfano… «Ah, no. Basta con Angelino…»
Gian Antonio Stella