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 2012  ottobre 24 Mercoledì calendario

CARTE TRAFUGATE, PERCHE’ PAOLO GABRIELE È COLPEVOLE

Paolo Gabriele aveva la piena capacità di agire e consapevolezza delle azio­ni che stava compiendo, nel sottrarre le carte riservate del Papa, alcune in originale, le più - migliaia - fotocopiate. Non ci sono prove di complicità o correità, e «del resto ulteriori indagini sono in corso circa la sus­sistenza di altre eventuali responsabilità nel­la fuga di documenti riservati». Per i giudici, dunque, egli ha agito sulla spinta di un «con­vincimento soggettivo» scaturito in seguito contatti e dialoghi con altri, compiendo un «furto» che, oltre all’appropriazione, gli ha portato anche «un vantaggio morale ed in­tellettuale », benché «non economico», per il «suo studio personale» e per le reazioni provocate con la divulgazione degli atti.
Nella sentenza pubblicata ieri, a poco più di due settimane dalla pronuncia dello scorso 6 ottobre, i giudici vaticani spiegano le mo­tivazione che hanno portato l’ex aiutante di camera di Benedetto XVI a una condanna di tre anni per furto «aggravato», in quanto l’a­zione è stata «lesiva nell’ordinamento vati­cano della persona del Pontefice, dei diritti della Santa Sede, di tutta la Chiesa cattolica e dello Stato della Città del Vaticano». Pena però subito ridotta a diciotto mesi, ricono­scendo come attenuanti per «il convinci­mento soggettivo – sia pure erroneo - indi­cato dall’imputato quale movente della sua condotta, nonché la dichiarazione circa la sopravvenuta consapevolezza di aver tradi­to la fiducia del Santo Padre». Gabriele è sta­to condannato inoltre a rifondere le spese processuali, nella misura di mille euro, men­tre il Tribunale non ha invece accolto «la ri­chiesta del Promotore di Giustizia (la pub­blica accusa, ndr ) di condanna all’interdi­zione perpetua dai pubblici uffici... perché la pena della reclusione inflitta al Gabriele ri­sulta inferiore ai limiti temporali indicati dal suddetto articolo (il 31 del codice penale, n­dr ) ». Al contrario, «vista l’entità della con­danna », non ha applicato «i benefici di leg­ge della sospensione condizionale della pe­na e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziario».
Per il momento, dunque, Gabriele resta agli arresti domiciliari, e se il Promotore di Giu­stizia non presenterà appello entro i termi­ni, la condanna diventerà esecutiva e la pe­na dovrà essere scontata. Se ciò dovesse ac­cadere, ha spiegato il direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi, Gabriele non sarà consegnato a un carcere italiano, come pure potrebbe essere in base agli accordi Lateranensi, ma tornerà in una cella della caserma della Gendarmeria vati­cana, dove già ha trascorso oltre 50 giorni di detenzione prima del processo.
Se si verificasse questa eventualità, ci saran­no tuttavia da definire le questioni ammini­­strative connesse, ha spiegato ancora Lom­bardi: niente stipendio, ovviamente, pur se sarà necessario trovare una formula che ten­ga conto delle condizioni della moglie e dei tre figli. Certo, ha aggiunto il portavoce vati­cano, la grazia del Papa «rimane una possi­bilità », ma non si può prevedere «se, come e quando». Verosimilmente, bisognerà aspet­tare, se non l’esito delle altre indagini in cor­so per individuare eventuali altri autori del­la fuga di documenti, quanto meno il pro­cesso al tecnico informato Claudio Sciar­pelletti, accusato di favoreggiamento nel fur­to aggravato di documenti riservati dal Vati­cano, e che come annunciato ieri inizierà il prossimo 5 novembre. Sciarpelletti avrebbe dovuto essere processato con Gabriele, ma alla prima udienza del processo la sua posi­zione, su richiesta della difesa accolta dal Tri­bunale, era stata stralciata. A presiedere la Corte nel nuovo giudizio sarà ancora Giu­seppe Dalla Torre, e giudici a latere Paolo Pa­panti- Pelletier e Venerando Marano. Per Ga­briele, che sarà testimone per la difesa nel nuovo processo, resta infine aperta «la pos­sibilità » che il Promotore di Giustizia «si ri­servi di continuare l’istruttoria – osservato Lombardi – per altri possibili capi di impu­tazione » che risultassero a suo carico. Inol­tre, ha concluso, la magistratura vaticana ha ancora aperto il fascicolo sulle condizioni detentive in cui l’ex aiutante di camera del Papa è stato tenuto, accusando in sostanza di maltrattamenti la Gendarmeria. Che, a sua volta, s’è riservata di denunciare Gabriele per calunnia se le risultanze dell’istruttoria risultassero negative.