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 2012  ottobre 23 Martedì calendario

Arriva pure la tassa europea Italia «stangata» già nel 2013 - Attenzione!Pericolo«euro-tas­sa »! La Commissione europea sta per approvare la Tobin Tax,l’impo­sta sulle transazioni finanziarie, in 11 Paesi europei, Italia inclusa

Arriva pure la tassa europea Italia «stangata» già nel 2013 - Attenzione!Pericolo«euro-tas­sa »! La Commissione europea sta per approvare la Tobin Tax,l’impo­sta sulle transazioni finanziarie, in 11 Paesi europei, Italia inclusa. Si tratta, soprattutto, di una trovata propagandistica franco-tedesca firmata Angela Merkel e François Hollande,ma anche l’Italia del pre­mier Mario Monti ha deciso di ac­codarsi al corteo degli «stangato­ri » e così un’altra imposta è desti­nata ad abbattersi sui portafogli de­gli italiani che risparmiano. Con una differenza di non poco conto: mentre l’Europa sta solamente av­viando la procedura, il nostro Pae­se è già a buon punto e quindi- se la Legge di stabilità sarà approvata così com’è-già dal primo gennaio potremo dire di essere i primi del Vecchio Continente ad aver appli­cato la nuova tassa prima, molto prima di tutti gli altri. Ma andiamo con ordine: oggi la Commissione Ue adotterà la deci­sione che di fatto sblocca la «coope­razione rafforzata» sulla Tobin Tax. Si utilizza il più complicato «cooperazione rafforzata» perché non tutti i Paesi europei né tanto­meno quelli di Eurolandia sono d’accordo sulla tassa. Ma i dieci che partiranno (con l’Estonia pronta ad accodarsi subito) sono tutti di primaria importanza: Ger­mania, Francia, Italia, Spagna, Au­stria, Belgio, Portogallo, Slovac­chia, Slovenia e Grecia. Sarà diffi­cile per i Paesi che hanno aderito alla proposta tornare indietro per­ché il pachiderma burocratico eu­ropeo sta per mettersi in moto. Il processo è irriversibile o quasi.Al­l’Ecofin del 12 novembre la decisio­ne sarà ratificata ufficialmente, poi toccherà all’Europarlamento legiferare (la maggioranza però già c’è) e, infine,toccherà agli Stati recepire la normativa. Insomma, ci potrebbe volere un anno o an­che di più salvo che per i portafogli degli investitori tricolore. Ma come funzionerà la nuova gabella? La proposta della avanza­ta da Bruxelles è sostanzialmente una ripresa del progetto presenta­to un anno fa: aliquota minima dello 0,1% su azioni e obbligazio­ni e dello 0,01% sui derivati e altri prodotti finanziari. Secondo le sti­me della stessa Commissione il gettito annuo potrebbe attestarsi su scala Ue a 57 miliardi di euro ma potrebbe salire anche a quota 70. La relazione tecnica della Leg­ge di Stabilità stima in poco più di un miliardo le maggiori entrate per lo Stato che ha deciso di appli­care un’imposta di bollo unica del­lo 0,05%, Bot e Btp esclusi. Insomma, non è tantissimo con­siderati i numeri del bilancio pub­blico, ma gli effetti, avverte la stes­sa relazione, sono deleteri perché si mettono a rischio il 30% delle transazioni di Borsa e l’80%di quel­le in derivati. Il motivo è presto det­to: la grande finanza fugge le tasse e, per attirare le transazioni (sia di natura azionaria che di altro tipo) occorrono condizioni di favore e quello 0,05% su un mercato dei de­ri­vati che nel nostro Paese vale cir­ca 10mila miliardi di euro (circa 700 miliardi il valore degli scambi su titoli quotati in Borsa). Ecco per­ché Stati che hanno tra le principa­li fonti di entrate la finanza (come Gran Bretagna, Olanda e Lussem­burgo) hanno scelto di non far par­tedegli «sperimentatori».Analoga­mente non deve sorprendere che tra i più fieri oppositori della Tobin Tax vi sia una nazione che, pur non essendo entrata nell’euro, ha da sempre brillato per la qualità del welfare e quindi della tassazione generale. È la Svezia: il ministro del­le Fin­anze Borg ha più volte dichia­rato che si tratta di una «tassa peri­colosa ». La Svezia ha sperimenta­to negli anni ’ 80 l’imposta inventa­ta da James Tobin e l’ha tolta dopo un decennio, perché aveva deva­stato il suo mercato finanziario. Il paradosso è che secondo la Commissione guidata da José Ma­nuel Barroso, la Tobin Tax potreb­be creare una condizione di «pari­tà tra la finanza e gli altri settori nel coprire i costi della crisi, rendendo i mercati più efficienti e allonta­nandoli da forme di scambio più speculative». Il problema è che a Londra come ad Amsterdam di queste «condizioni di parità» non si sono accorti e quindi sarà più fa­cile per gli investitori scegliere quelle piazze per evitare il balzel­lo. Invece, coloro che l’appliche­ranno dovranno confrontarsi non solo con gli effetti recessivi dell’im­posta (che graveranno sui piccoli risparmiatori) ma anche con la per­dita di posti di lavoro in un settore che diverrà meno competitivo.