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 2012  ottobre 21 Domenica calendario

I saggi anziani pronti all’addio - Sono cresciuto nella vene­razione per questa frase di Benedetto Croce: «I giovani? Devono soltanto in­vecchiare»

I saggi anziani pronti all’addio - Sono cresciuto nella vene­razione per questa frase di Benedetto Croce: «I giovani? Devono soltanto in­vecchiare». Diventato vec­chiotto, sono piombato nel­l’imbarazzo. È una stupidaggi­ne? Non direi. I vecchi - posto che non siano totalmente rin­coglioniti - hanno una superio­rità naturale, esperienza e cul­tura, memoria e saggezza, equilibrio nella passione, sen­se of humour e malinconia. La loro opacità di sguardo, la fati­ca che fanno a mettere a fuoco l’istante, consente loro, paradossalmente, di vede­re meglio il futuro alla luce del presente e del passato. Però sono anche un ingombro, sono il già visto e il già sentito, sono un pegno di chiusura al possibile, un certificato funebre di realismo e di maledetto senso delle proporzioni, il contrario della speranza. Stiamo parlando di condizioni provvisorie, che nella vita toccano, prima o poi, a tutti i fortunati o sfortunati che raggiungono un’età ragguardevole. Oggi queste condizioni, la giovinezza e la vecchiaia, stanno diventando decisive anche nella politica. Così parrebbe, almeno. D’Alema, che pure si comporta con un tentativo di dignità personale innegabile, suscita una certa compassione. Mentre Veltroni di fronte all’offensiva del giovane Renzi è sgattaiolato via frusciante, more solito , in tutta la sua simpatica furbizia di romanziere della domenica e di personalità easy, il suo gemello fa resistenza e gioca la carta del comunista e del politico conservatore che procede verso il nulla a testa alta. Spettacolo televisivo poco dignitoso, fa l’arrogante, e insieme la vittima di comportamenti ribelli, si adegua tatticamente dichiarandosi pronto a uno scarto di lato, ma promette vendetta, tremenda vendetta. Lo soccorrono platee meridionali di firmatari e clientes , lo sostiene il sarcasmo del lottatore indefesso, che non si stanca mai, ma il viso un po’ stanco lo è, gli occhiali ballano sul naso e dicono la loro stessa imprescindibile necessità, la promessa di un libro di memorie calde a febbraio non esalta e risulta goffa, il richiamo alle glorie passate di statista, specie internazionale, fa un po’ ridere, come sempre nella parabola di D’Alema, in quella curvatura di parvenu che ha portato l’attempato figiciotto di carriera a dichiarare uno stato di confidenza personale con Condi Rice, l’immortale «Bye bye Condi». Il maghetto di Firenze, definizione del mio amico Emanuele Macaluso che va splendidamente per i novanta, ha tolto a D’Alema il primato dell’ambizione dichiarata, ma è simpatico a molti ora vuole togliergli la sedia parlamentare di sotto il sedere, e D’Alema non ha ancora capito che anche se sei seduto sul più maestoso dei troni, sempre sul tuo culo seduto sei (Montaigne, XVI secolo). Ma ce n’è anche per il mio amico Berlusconi, che ha dieci anni più di D’Alema e fa i capricci. Ha sempre giocato tutto se stesso sulla correzione del falso anagrafico, il Cav. Non ha l’età che ha, dice, ne ha un’altra di molto inferiore, se lo è fatto certificare dai medici di casa, che parlano di potenziale immortalità, e da un harem adorante che la bestiale misoginia e la indecente tendenza guardona di media e magistrati ha esposto, come non avrebbe mai dovuto accadere, alla pubblica curiosità e al dibattimento giudiziario, e con argomenti di moralismo talebano di cui non finiremo di vergognarci nei secoli. In effetti Berlusconi è un materialista, al contrario dell’idealista D’Alema ricco dei suoi capelli bianchi, e si corregge fattivamente con i lifting, con il trucco, con le tinture e le dentature da Re Sole. L’effetto c’è. L’adorazione è da star del pop. La tifoseria adora quella gran forma. Ma è vecchio anche Berlusconi, via, non c’è niente di male a dirlo. E anche lui ha il suo Renzi, di nome fa Angelino. Che non si è fatto da sé. Lui stesso l’ha promosso, gli vuole bene, e un po’ lo detesta, e lo promuove segretario generale, carica politica magari fatale se usata ma ancor più fatale se non usata, dimenticata, annebbiata o insabbiata. I vecchi non saranno magari crudeli, ma tendono a essere incuranti. Respingono i giovani che li incalzano con la paura e la supponenza, come D’Alema con Renzi, oppure inabissano le loro stesse creature e, facendo al contrario il percorso mitico del re di Cipro Pigmalione, da esseri umani che sono ne fanno statue, idoli immobili, come Berlusconi con Alfano. Conclusione. I giovani devono aspettare di invecchiare, forse, alla Benedetto Croce, ma i vecchi devono accettare di essere invecchiati e trovare nell’accettazione la misura elegante della loro giovinezza passata.