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 2012  ottobre 21 Domenica calendario

ECCO LA VERITA SU FINI

Caro presidente Fini, questa lettera non ha scopi pole­mici. È un chiarimento. Come ricorderà, fummo noi del Gior­nale­allora diretto da me-a creare lo scan­daletto dell’appartamento di Montecarlo, avuto in eredità da An grazie a una nobil­donna orobica, poi venduto dal partito e, non si sa bene come, finito in uso a suo co­gnato. Mi rendo conto: al confronto delle schifezze che si vanno scoprendo quotidia­namente nel mondo politico, questa è una sciocchezza. Ma la notizia c’era, e noi la pubblicammo. Fummo travolti dal fuoco amico suo, presidente; la stampa di sini­stra o, meglio, antiberlusconiana ci coprì di improperi.Ci appiccicò un’etichetta po­co simpatica: «macchina del fango».
D’altronde,pochi mesi prima noi erava­mo stati protagonisti del cosiddetto «caso Boffo», dal nome del direttore di Avvenire condannato per molestie. La notizia era fondata, uno dei documenti che la correda­vano si rivelò invece tarocco, e ciò fu colto a pretesto per impallinare me. Mi difesi inva­no. Il clima mi era ostile e fui sospeso per tre mesi dall’Ordine dei giornalisti. Sem­pre meglio della galera.
Questo per dire che a quei tempi (due an­ni fa, non due secoli) faceva comodo far passare l’idea che Il Giornale fosse davve­ro la «macchina del fango». Feltri fu fatto fuori con irrisoria facilità. Aveva contro tut­ti: la Chiesa, la sacrestia, i progressisti, i col­leghi, i finiani, i boy scout, anche la mia por­tinaia. Pazienza, il vittimismo comunque non è il mio forte. Cito questo episodio mi­nore per segnalare che il vento è cambiato.
Infatti L’Espresso , settimanale al di sopra di ogni sospetto di berlusconismo, nel nu­mero in edicola ha praticamente confer­mato che la vicenda del quartierino nel Principato di Monaco non era impastata col nostro fango, bensì vera.
Adesso si scopre che non ave­vamo raccontato balle, e mi pare che lei sia rimasto turbato. Perso­nalmente, credo nella sua buona fede. È probabile che sia stato im­brogliato, forse dalla sua stessa famiglia. Sta di fatto che la realtà è diversa da come lei la descrive­va. Possibile che ora non abbia nulla da precisare? Lei disse in tv: qualora risultasse che la casa di Montecarlo è stata acquistata da mio cognato, non esiterei a di­mettermi. Non le chiedo di farlo, non ne ho i titoli né mi interessa che lei se ne vada.
Mi preme invece farle notare un dettaglio importante. Perché due anni fa tutti erano dalla sua parte, e contro Il Giornale «macchina del fango», mentre ora sono tutti contro di lei. Che cos’è successo? All’epoca lei era simpatico perché combatteva- forse con qualche ra­gione, solo qualche- il berlusconi­smo, pur essendo il numero due del Pdl. E ciò era assai apprezzato dall’opposizione, che la incorag­giava a continuare nella battaglia e, quindi, non badava a piccole questioni immobiliari. Era dispo­sta a sorvolare su simili «inciden­ti » e ad accusare noi di cialtrone­ria perché osavamo porli in rilie­vo. In pratica i progressisti la spal­leggiavano per convenienza poli­tica. Lei era considerato un fanta­stico cavallo di Troia e aveva tanti tifosi.
Ora gli stessi tifosi di allora non hanno più bisogno di un alleato scomodo, con un passato neofa­scista che potrebbe rovinare i loro piani elettorali, e le hanno voltato le spalle. Cercano di scaricarla, im­memori dei favori ricevuti. Per­ché non la vogliono più fra i piedi?
Il Pd per vincere le elezioni ha ne­cessità di stringere patti con l’Udc e con il Sel di Nichi Vendola. Ma se lei - ex fascista - va a braccetto con Pier Ferdinando Casini, questi co­me può essere accolto nella coali­zione ex comunista? Insomma, un Fini ufficialmente ospitato nel­la sinistra imbarazza il Pd e i ven­doliani ( che già faticano a digerire lo stesso Casini). Meglio sbaraz­zarsi di lui. Non sia mai che i com­pagni chiamati a votare Pd e soci vengano frenati dalla presenza in lista di un postfascista. Tutto qua. E non è poco. Caro presidente, ha notato che molti le chiedono di «licenziarsi»? Lo fanno perché la giudicano un ingombro. Lei ormai non serve più, non è culturalmente né politi­camente omogeneo ai disegni di Pier Luigi Bersani. Desiderano scaricarla, e le rivelazioni del­l’ Espresso vengono colte al volo dai progressisti per liberarsi di un peso. Silvio Berlusconi non costi­tuisce attualmente una minaccia.
Che farsene di un uomo che la ba­se della sinistra non gradisce? Glielo dico con spirito amichevo­le. L’hanno usata come un taxi. Molto utile per un tratto di strada. Ma, a fine corsa, tanti saluti e nemi­ci come prima.