Marco Valsania, Il Sole 24 Ore 23/10/2012, 23 ottobre 2012
A WALL STREET IL BONUS RESTA D’ORO
Bonus e compensi nell’alta finanza – a cominciare da Wall Street – restano dorati anche nel 2012. Ma saranno un po’ più difficili da guadagnare.
Per l’anno in corso le previsioni ufficiali delle authority di New York sono, in particolare, di un secondo declino consecutivo dei bonus in contanti, anche se è presto per tirare somme certe. I premi liquidi e immediati, insomma, dovrebbero diminuire rispetto ai 19,7 miliardi versati per l’anno scorso, già in calo del 14 per cento. Altrettanto probabile è tuttavia che i compensi totali rimangano elevati grazie alla diffusione di più prudenti formule basate su titoli e performance delle società. Formule che consentono di distribuire le paghe nell’arco di più anni - e di farli svanire in caso del mancato raggiungimento di prefissati obiettivi.
I casi si sono moltiplicati: il britannico Lloyds Banking Group sta adesso considerando di abrogare bonus annuali a favore di incentivi decennali. Mentre la statunitense Morgan Stanley ha già messo all’opera una «mannaia» legata ai risultati. E piani di bonus composti di Performance based stock unites, o Psu, sono scattati negli ultimi anni a Bank of America come a Goldman Sachs. L’obiettivo: responsabilizzare i banchieri e limitare le corse all’eccesso di rischio, adattandosi a un periodo di tensioni nell’economia e sui mercati e a riforme delle regolamentazioni che stringono i controlli sul settore. Senza, allo stesso tempo, dover rinunciare a remunerare e attirare «talento».
Al momento la ricerca del nuovo equilibrio sembra dare risultati: per il 2011 la «total compensation» è lievitata del 4% a 60 miliardi (+16% in due anni) a una cifra media di 361.950 dollari a dipendente, nonostante il calo dei premi in contanti, che rappresentano abitualmente un terzo della «paga» e spesso la stragrande maggioranza. E le sfide aperte sulla performance e sui bonus di sicuro non hanno intaccato l’ottimismo sui guadagni a Wall Street: un sondaggio di eFinancialCareers ha visto il 48% degli interpellati aspettarsi miglioramenti dei premi anzichè flessioni.
La nuova sobrietà, però, si fa sentire. I colossi dell’alta finanza globale con sede a New York sono avviati a registrare profitti per oltre 15 miliardi nell’anno in corso, ha indicato il Comptroller dello stato di New York Thomas DiNapoli, il doppio dei 7,7 miliardi del 2011. Le entrate nette - sulle quali i compensi sono in realtà calcolati, spesso vicini alla metà del totale – sono però in affanno e le riforme a Wall Street, interne ed esterne, non sono ancora completate. A Morgan Stanley il maggior rigore potrebbe costringere il suo amministratore James Gorman a perdere azioni per 2,9 milioni quest’anno a causa del fallimento di traguardi su prezzo del titolo e redditività. A primavera gli azionisti di Citigroup avevano bocciato un pacchetto di 15 milioni destinato all’ora dimissionato chief executive Vikram Pandit, sostituendolo con un compenso pluriennale. Ancora: l’anno scorso Brian Moynihan di Bank of America aveva intascato l’intero premio annuale, circa nove milioni, in Psu e ulteriori versamenti sono legati a target di redditività entro il 2016. Lloyd Blankfein e altri dirigenti a Goldman vedranno per intero bonus differiti per circa dieci assegnati tra 2011 e 2012 se otterrà determinati risultati, tra cui in media un Roe del 10% in tre anni.
I grandi numeri, tuttavia, possono a loro volta ingannare su quanto Wall Street stia davvero tirando la cinghia. Lo stesso Gorman di recente ha denunciato che il settore soffre ancora di compensi esagerati. E nei giorni scorsi è uscito il libro-denuncia dell’ex banchiere Greg Smith – «Why I left Goldman Sachs» - che mette sotto accusa proprio i bonus quale simbolo degli eccessi della finanza. In parte, inoltre, i recenti declini nei premi sono legati non all’austerity sulle paghe ma all’eliminazione di posizioni: 1.200 da inizio anno, oltre 20.000 dalla crisi. Goldman Sachs ha ridotto del 9% le posizioni e dovrebbe tagliare costi per due miliardi entro fine anno, Bank of America è in preda a drastiche ristrutturazioni. Banche non americane seguono simili strade: Credit Suisse eliminerà 451 posti quest’anno a New York.
Alcuni protagonisti sembrano inoltre fremere alla prospettiva di contenere troppo i compensi, perdendo competitività quando si tratta di assumere o tenere i dipendenti migliori. Goldman ha destinato almeno il 10% in più a compensi e benefit rispetto all’anno scorso, 11 miliardi in nove mesi pari in media a 336.442 dollari a testa, seppur in linea con gli aumenti delle entrate. JP Morgan, reduce dallo scandalo delle scommesse errate sui derivati, ha da parte sua aumentato del 12% nel terzo trimestre la spesa per i compensi nella investment bank ma nel 2012 li ha finora limati del 6,9%, a 269.703 dollari per dipendente. Anche se simili compensi rappresentano tuttora una frazione contenuta delle revenue rispetto al passato: il 32% per Jp Morgan, in calo dal 41% di un anno fa, e il 44% per Goldman, invariata rispetto al 2011.