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 2012  ottobre 23 Martedì calendario

RIFORME, RISALE LA COMPETITIVITÀ

L’Italia recupera 14 posizioni nella classifica mondiale dei Paesi dove è più facile fare impresa. Nella classifica Doing business 2013, stilata dalla Banca mondiale, l’Italia (terza economia dell’Eurozona e membro del G7) passa dall’87° al 73° posto. Eppure resta dietro a un gran numero di Paesi ancora in via di sviluppo, come la Georgia (che entra nella top ten al nono posto), il Ruanda (52°), la Colombia (45esima), il Botswana (59°).
Quali sono i miglioramenti che hanno consentito all’Italia di scalare posizioni e sopravanzare ad esempio Paesi come Albania, Zambia e Mongolia? I progressi registrati nella liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica e nella semplificazione delle compravendite immobiliari. Il rapporto della Banca mondiale (che prende in considerazione il periodo compreso tra giugno del 2011 e giugno del 2012) cita espressamente i passi avanti fatti da Acea, la multiutility di Roma, che ha ridotto tempi e costi di allaccio alla rete elettrica per le aziende. L’altro passo avanti è stato quello di rendere disponibile online ai notai le mappe catastali digitalizzate, velocizzando così i trasferimenti di proprietà.
«Le economie europee con i conti in crisi stanno modificando il quadro normativo delle attività imprenditoriali come parte dello sforzo per gettare più stabili basi per la crescita di lungo periodo», spiega Augusto Lopez-Carlos, direttore della divisione Indicatori globali e analisi della Banca mondiale. «Le recenti riforme varate in Italia - aggiunge - sono lodevoli, un passo nella giusta direzione per migliorare il clima per gli investimenti. In tutto, dal 2004, l’Italia ha adottato 14 riforme regolamentari che rendono più semplice fare impresa».
Molto resta però da fare, al di là del non lusinghiero ranking generale. L’Italia infatti è all’ultimo posto nell’Unione europea per l’applicazione dei contratti e per il costo delle procedure fallimentari. Rispetto al 2011, il Paese peggiora in cinque delle dieci aree prese in considerazione per formare l’indice generale, compresa quella delle condizioni per avviare un’impresa, anche se il rapporto prende atto della semplificazione delle procedure.
Parte della soluzione della crisi del debito, si legge nel rapporto, è il rilancio della crescita, ed è ampiamente riconosciuto che creare un ambiente più adatto alle imprese è fondamentale per raggiungere questo risultato. Quantificare il rapporto tra riforme pro-impresa e crescita del Pil è difficile, ma secondo uno studio della Banca mondiale, i Paesi a basso reddito che lo hanno fatto, hanno visto aumentare il proprio Pil in media dello 0,4% l’anno successivo.
La Grecia che dal 100° posto risale fino al 78° (ad appena 5 posti dall’Italia) e per la prima volta entra tra le 10 economie che più si sono migliorate in un anno. Il risanamento tentato dal Governo di Atene per uscire dalla profondissima crisi di crescita e conti sta quindi dando frutti, almeno nel rendere più facile la vita alle imprese. Lo stesso può dirsi per il Portogallo (30° in graduatoria), uno degli Stati più attivi su questo fronte.
Altro Paese molto migliorato è la Polonia, che passa dal 62° al 55° posto.
La classifica è guidata da Singapore, che la domina da sette anni. Seguono Hong Kong e Nuova Zelanda. Gli Stati Uniti sono quarti. Il primo Paese europeo a comparire in graduatoria è la Danimarca, al quinto posto, il Regno Unito è settimo. Il primo Paese dell’euro è anche il primo ad aver ricevuto un piano di salvataggio per non andare in default: l’Irlanda. La Germania è solo 20sima (avendo ceduto la 19esima piazza a Mauritius).
Posto che il dato più rilevante del rapporto è quello dinamico, vale a dire il movimento di un Paese all’interno della classifica, resta che i Bric ne escono piuttosto male. La Cina è solo al 91° posto, la Russia al 112°, il Brasile al 130° e l’India al 132°.
Quella appena pubblicata è la decima edizione del rapporto Doing business. In questo arco di tempo, i maggiori progressi sono stati fatti dalle economie una volta appartenenti al blocco sovietico, dell’Europa centrale e orientale, che hanno superato sia l’Asia orientale che il Pacifico, scalando la seconda piazza tra le macroaree più adatte a fare impresa. Sul gradino più alto resiste l’area Ocse.
Il rapporto Doing business, come spiegano le stesse note di accompagnamento, prende in considerazione in dieci aree la disciplina che si applica alle imprese nel loro intero ciclo di vita, a cominciare dalle operazioni di start-up.
Quindi, per esempio: quanto tempo serve per ottenere una licenza edilizia o l’allaccio alla rete elettrica, quanto è semplice ottenere credito dalle banche, quanti adempimenti fiscali ci sono in un anno, quali tutele sono previste per chi investe, quanto complesse e costose sono le procedure fallimentari. Non vengono invece presi in considerazione aspetti inerenti la stabilità macroeconomica del Paese o il livello di formazione della forza lavoro.