Guido Ruotolo, la Stampa 23/10/2012, 23 ottobre 2012
E DIECI ANNI DOPO TORNANO LE BIONDE DI CONTRABBANDO
Soprattutto al Sud, sono rispuntati i «bancarielli» che non si vedevano da almeno dieci anni. Gli analisti del II Reparto del Comando generale della Guardia di finanza ne sono convinti: «Vi sono segnali di una ripresa del fenomeno del contrabbando di tabacchi lavorati esteri».
I numeri sono chiari: se nel 2002 furono sequestrati 333 tonnellate di «bionde», nel 2010 siamo risaliti a 280, l’anno dopo a 240 ma nei primi nove mesi dell’anno in corso siamo già a 250 (comprese 14.834 chilogrammi di sigarette contraffatte).
Secondo i dati dell’Ufficio centrale antifrode dell’Agenzia delle dogane, sono stati sequestrati nei primi sei mesi dell’anno otto milioni e 349 mila pacchetti di sigarette. Il 46,3% arrivavano dalla Grecia, il 22,6 dall’Egitto. E poi dalla Cina, gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita con il 5% ciascuno.
«La novità è rappresentata dalla ripresa del mercato interno. Perché in questi anni - spiegano gli esperti - l’Italia ha continuato a essere territorio di transito. Ma adesso il mercato interno comincia a dare nuovi segnali di effervescenza, probabilmente come fenomeno indotto dalla crisi economica. Un pacchetto di sigarette comprato dal tabaccaio costa il doppio rispetto a quello comprato dai contrabbandieri».
Da questo punto di vista, sono significativi i dati sulle persone denunciate e arrestate: nel 2001, 1.815 denunciati, nei primi nove mesi di quest’anno, 2.298. E gli arrestati 289 nel 2011, 230 nei primi nove mesi del 2012.
Il calo degli arresti, fanno notare gli analisti del II Reparto della Guardia di finanza, dipende da un «cambiamento strutturale nel mercato». Si viene arrestati se il quantitativo di sigarette sequestrate supera i dieci chilogrammi convenzionali, pari a 10 mila sigarette. Dunque, oggi, i trafficanti di sigarette di contrabbando movimentano individualmente meno di dieci chilogrammi di «bionde».
Era il 2000 quando lo Stato decise di affondare la flotta degli scafi dei contrabbandieri. L’ O p e r a z i o n e Primavera durò diversi mesi e il contrasto ai cont r a b b a n d i e r i produsse i suoi effetti positivi. S e m b r a v a n o sgominate le «paranze» pugliesi e napoletane. Con l’uscita di scena degli scafi, abbiamo così assistito alla «containerizzazione» del fenomeno. E i porti coinvolti dal traffico sono quelli dell’Adriatico (Ancona, Venezia Brindisi e Bari) e del Tirreno (Gioia Tauro, Cagliari, La Spezia).
Ma in questo decennio, il settore si è ristrutturato e rinnovato. Sono diverse le novità. La più importante si chiama «White Chips»: stiamo parlando del mercato di quelle marche di sigarette prodotte soprattutto nei Paesi dell’Est, in Medio Oriente o negli Emirati Arabi, che non possono essere commercializzate nei Paesi della Comunità Europea perché prive di autorizzazioni.
Queste marche rappresentano il 78% dei tabacchi lavorati esteri sequestrati in Italia.
Accanto a questo fenomeno, l’altra novità rispetto al decennio passato è quella delle sigarette contraffatte. L’exploit si è registrato nel 2011 mentre per quest’anno i dati elaborati dal Reparto Operazioni della Guardia di Finanza parlano di un calo del 60% rispetto all’anno precedente.
I «maestri» della contraffazione sono soprattutto i cinesi. Un anno fa a Napoli con l’operazione denominata «Katanà» furono sequestrate merci contraffatte. Tra queste, ben 110 tonnellate di sigarette. Furono arrestati una ventina di cittadini cinesi e sequestrati beni immobili per dieci milioni di euro. È facile intuire che oltretutto quelle sigarette contraffatte erano doppiamente nocive.
Si stanno affacciando sul mercato del traffico di sigarette clandestine anche i piccoli trasporti terrestri e le piccole spedizioni aeree. Sono le marche del «White Chips» che entrano dai confini orientali dal Friuli Venezia Giulia a bordo di caravan, che stipano in doppifondi fino a mille chilogrammi di sigarette, 50 mila pacchetti.
Dal 2007 è un fenomeno in crescita. Accanto ai caravan, stipate nelle valigie, sbarcano a Malpensa, Fiumicino, Linate, Bologna, i corrieri delle «bionde». Cinquanta, sessanta chili di «bionde» a testa. Molta di questa merce è destinata a un mercato etnico presente in Italia.