Raffaello Masci, la Stampa 23/10/2012, 23 ottobre 2012
IL MERCATO CHE TRUFFA LO STATO E ARRICCHISCE LE MAFIE
Ogni volta che compriamo una maglietta taroccata, un cd riprodotto di straforo, una borsa con tanto di griffe fasulla, un cibo tanto buono quanto falso, oltre a truffare lo Stato (quindi noi stessi e i nostri concittadini), diamo una mano alla camorra.
Questo si evince dalla ricerca che il Censis ha condotto - per conto del ministero dello Sviluppo economico - sul mercato della contraffazione in Italia. I numeri, in questi casi, dicono molto di più di qualunque considerazione etica: il fatturato delle merci contraffatte sfiora i 7 miliardi l’anno (6,9). Se quelle stesse merci fossero prodotte con sistemi legali e sicuri, genererebbero un fatturato più che doppio (13,7 miliardi di euro) con un valore aggiunto di 5,5 miliardi. Una enorme quantità di soldi che, invece di alimentare l’economia nazionale e aiutarla a riprendersi, vanno ad incrementare quella della criminalità organizzata.
Non solo: allo Stato vengono sottratti, attraverso questo sistema, 1,7 miliardi di gettito fiscale che - per intenderci - è un quinto della manovra determinata dalla Legge di stabilità, una cifra che può fare la differenza tra dare un respiro di sollievo alle famiglie italiane o infierire sui loro esigui bilanci, imponendo balzelli e aumenti di aliquote. Come se non bastasse, l’industria del falso priva l’Italia di 110 mila posti di lavoro vero e pulito.
E tuttavia - documenta il Censis il richiamo del prezzo basso esercita una lusinga così forte da risultare irresistibile. Tant’è che, in questi ultimi anni, mentre il mercato legale stentava a stare in piedi, quello clandestino aveva tassi di crescita da fare invidia alla Cina. Fatto 100 il valore dei consumi «legali» nel 2000, 10 anni dopo - nel 2010 si era arrivati a un misero 104. Per le merci taroccate, invece, non è andata così: il valore 100 del 2000 è diventato 125 nel 2010, con una punta di 137 nel 2007.
A ricadere in questa economia parallela e lesiva sono praticamente tutti i prodotti, con alcuni comparti merceologici di particolare successo: cd, dvd e altri prodotti vincolati al diritto d’autore sono quasi la metà del fatturato (49,1%), seguiti dagli accessori (come borse e cinture) al 29,8%, dai capi di abbigliamento, dagli occhiali e dai giocattoli.
Il mercato è prospero ovunque e ha una catena distributiva perfetta, vasta e pluricanale. Ci sono i prodotti realizzati all’estero (specie in Asia), copiando marchi e design italiano, che vengono realizzati sul posto, imbarcati per i grandi porti europei, distribuiti in Italia (e non solo). Questi articoli finiscono nel mercato degli ambulanti, spesso anch’essi stranieri.
Poi ci sono beni dai marchi fasulli, che vengono prodotti in laboratori clandestini italiani a prezzi stracciati, imposti a negozi controllati dalla camorra, dove vengono rivenduti al prezzo del prodotto originale, con un guadagno enorme e sfacciato. Quindi ci sono le vendite domiciliari, specie dell’abbigliamento e degli accessori. Infine c’è il grande mercato incontrollato di Internet, su cui approda di tutto e dove la contraffazione - specie dei farmaci e dei cosmetici - è diffusissima. Su tutto questo business regna sovrana la camorra, con le sue connivenze.
Le aree geografiche in cui sono stati fatti i maggiori sequestri di merce all’ingrosso, sono le aree portuali di Napoli (42%) e di Genova (14%), quanto alle vendite al dettaglio i blitz delle forze dell’ordine sono avvenuti specialmente nelle grandi città e nei luoghi di richiamo turistico: Napoli, Roma, Firenze ma anche Milano.
«Due anni fa il fatturato della contraffazione era di 7,1 miliardi, oggi è sceso a 6,9 - dice Giuseppe Roma, direttore del Censis - con una riduzione non drastica ma costante, soprattutto grazie all’impegno del personale delle Fiamme gialle e delle dogane. Ma l’unica via di uscita da questo tunnel, così nocivo per la nostra economia, è l’educazione del consumatore: non si comprano i falsi, perché si danneggia lo Stato, si sottraggono risorse alla comunità, si alimenta la malavita organizzata, ma soprattutto - si fa male a se stessi. Perché questi prodotti sono di frequente nocivi per la salute».