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 2012  ottobre 21 Domenica calendario

BARATTO 2.0 ALTERNATIVA ANTI CRISI

Milton Friedman, il grande monetarista e premio Nobel dell’economia, era ossessionato dalla creazione di moneta: qualcosa da sottrarre alle prepotenze dei satrapi, alle dissipazioni dei monarchi assoluti, e, più recentemente, alle tentazioni elettorali dei governi. Voleva un meccanismo automatico, che avrebbe innalzato ogni anno la quantità di moneta a un ritmo prefissato, calibrato sulle necessità di un’economia (sperabilmente) in crescita. Questi desiderata non si sono mai tradotti in realtà, ma non sono mancati altri tentativi di trovare modi diversi di creare moneta. La tecnologia offre oggi un ventaglio di possibilità: una delle più ingegnose monete virtuali è il bitcoin. A differenza di quelle create nel mondo dei videogiochi, che hanno una circolazione limitata ai patiti dei Mmorpg (Massively Multiplayer Online Role-Playing Games), i bitcoin hanno l’ambizione di essere una vera moneta.
Il sogno degli alchimisti medioevali - trasmutare in oro il vile metallo - è stato realizzato da moderni stregoni. E il riferimento non è al sapiente magistero alchemico della "nuova finanza", che trasformava mutui di serie B in titoli cartolarizzati a tripla A, ma ad altre trasmutazioni che si situano al confine fra il virtuale e il reale e trasformano le fiches dorate dei giochi elettronici in oro vero, i soldi finti in soldi sonanti. Ci sono, dietro i Mmorg (il più conosciuto è il "World of Warcraft"), almeno 50 milioni di giocatori. I loro avatar si muovono, combattono, vincono e perdono... Ma, superando certe prove in quel mondo virtuale denso di mirabolanti avventure, possono accumulare un "tesoretto" e con queste valute acquistare nuove armi e crescere, se non in sapienza e in grazia, in possanza e forza letale. Il bitcoin è invece una valuta virtuale la cui creazione è affidata a un ingegnoso meccanismo: viene creata, a piccole dosi, attraverso la forza bruta di computi matematici nei computer degli utenti, e la quantità che può essere creata è delimitata sia presso i "creatori" (attraverso complessi ma automatici processi di validazione da parte degli altri "creatori") sia nel tempo. Arrivati a un certo limite di creazione di bitcoin - attualmente fissato a 21 milioni per il 2030 - la creazione cesserà e, ammesso e non concesso che il bitcoin diventi la moneta mondiale, per accomodare una massa crescente di transazioni bisognerà che i prezzi scendano, anno dopo anno.
Naturalmente, perché il bitcoin sia realmente utile, bisogna che sia largamente accettato. Bisogna convincere chi compra e chi vende a pescare nel "portafoglio elettronico" per riscuotere e pagare. Come tutte le "grandi" (?) invenzioni, il bitcoin ha avuto esordi difficili: il suo valore in termini di dollari (ci sono dei siti dove si possono cambiare i bitcoin in soldi veri e viceversa) è schizzato da 30 centesimi a 30 dollari e poi è ridisceso a 2 dollari e ora oscilla sui 12. Chi non teme le montagne russe può cavalcare questa moneta virtuale, e i suoi propugnatori sostengono che ci sono sempre più esercizi che accettano i bitcoin in pagamento: sembra sia in arrivo anche una Mastercard denominata in questa nuova moneta. Sarà. Ma non è chiaro se i vantaggi dei bitcoin compensino gli svantaggi, primo fra tutti le opportunità che offre a chi voglia riciclare fondi (c’è un oscuro angolo del web, Silk Road, dove si commercia la droga usando i bitcoin). L’attrattiva principale, secondo gli estimatori, è il fatto che la creazione dei bitcoin viene sottratta al capriccio delle autorità monetarie. Ma la mancanza di controlli - il decentramento caratteristico di internet, una ragnatela che non ha centri direzionali - è anche la sua grande debolezza: lascia spazio ad abusi. Non arriverà mai ad avere la massa critica necessaria per essere una vera moneta, perché l’utente medio avrà sempre paura che, nei meandri della cibernetica, si creino raggiri e rapine elettroniche.
Tentativi più utili di creazione di monete virtuali sono quelli che si risolvono in forme sofisticate di baratto. Una moneta creata in Italia con un nome islandese ("dropis", che vuol dire gocce) ambisce a masse critiche più modeste consentendo a chi voglia mettere a disposizione i propri servizi a favore di altri membri della comunità dropis di scambiarli con altri servizi o altri beni. Si tratta di iniziative oggi favorite dalla disoccupazione: chi non trova lavoro, ma ha braccia e cervello, può offrire i propri prodotti o i propri servizi online, e pagare il conto al macellaio (membro dropis anche lui) usando dei crediti accumulati con il proprio lavoro in favore del macellaio stesso o di altri membri del gruppo. Auguri.