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 2012  ottobre 21 Domenica calendario

LA CDP PAGHI I DEBITI DELLA PA - A

chi osa paragonare la sua creatura alle vecchie partecipazioni statali, Franco Bassanini risponde con stizza. La Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) non è l’Iri. Il modello - insiste il presidente della Cdp - è quello del partenariato tra pubblico e privato. Un’unione felice tra l’efficienza del settore privato e gli obiettivi sociali di quello pubblico. Bassanini ha ragione: la Cdp non è l’Iri. Iri investiva i soldi dei contribuenti. La Cdp investe per lo più i soldi dei depositanti postali, che sono comunque garantiti dallo Stato. L’Iri, soprattutto negli ultimi anni, viveva di fondi di dotazione statali, la Cdp invece paga generosi dividendi allo Stato. L’Iri era appannaggio dei politici, la Cdp invece, grazie alla quota detenuta dalle fondazioni, si caratterizza come un’entità quasi privata, amministrata da un ex McKinsey, non da un boiardo di stato. Bassanini ha ragione: la natura della Cdp non ricorda affatto l’Iri, mentre per alcune evidenti analogie, potrebbe ricordare l’Istituto di Credito per la Ricostruzione tedesco Kfw o il gigante dei mutui americani Fannie Mae ai suoi tempi d’oro. Come Kfw e Fannie Mae, la Cdp nacque con uno scopo sociale. Come Fannie Mae, la Cdp fu privatizzata per sfruttare un escamotage contabile. Con la privatizzazione, il debito di Fannie Mae non veniva piu’ contabilizzato come debito pubblico. Lo stesso vale per la Cdp. Grazie alla quota detenuta dalle Fondazioni, la Cdp non è considerata parte del bilancio statale. Se la Cdp compra una proprietà dello Stato, per le regole europee si tratta di una privatizzazione, e il debito statale si riduce. Se la Cdp eroga del denaro alle imprese, non si tratta di un sussidio pubblico, ma di un emolumento privato. Sia per Fannie e Kfw che per la Cdp questa separazione è solo formale e non sostanziale. Il debito di Fannie Mae ha sempre goduto di una garanzia implicita del governo americano, garanzia che è diventata esplicita con la crisi. Lo stesso vale per la Cdp. I depositi postali godono di una garanzia esplicita dello stato, mentre le sue obbligazioni di una garanzia implicita. Per il governo italiano la Cdp altro non è che una di quelle entità fuori bilancio (Special Purpose Entity) inammissibili nel settore privato ma permesse nel settore pubblico che vive di regole diverse. Grazie alla sua natura mista, Fannie Mae non è mai stata soggetta né alle regole del settore pubblico, né a quelle del settore privato. Lo stesso vale per la Cdp. Quando nei giorni scorsi la Banca d’Italia ha evidenziato che la Cdp e’ sotto capitalizzata, la risposta è stata che la Cdp è una banca sui generis e quindi merita un’eccezione. Ma quando si tratta di seguire le regole del settore pubblico, la Cdp rivendica la sua natura privata. Se fosse la vecchia Iri, gli amministratori avrebbero dovuto rendere conto politicamente delle condizioni di favore offerte alle Fondazioni per investire (un 3% reale senza rischio per 6 anni e poi, quando le Fondazioni erano costrette a scegliere tra pagare il conguaglio ed uscire, una dilazione al pagamento del conguaglio). Sarebbero condizioni difficili da giustificare agli elettori, perché rappresentano un trasferimento di ricchezza dal Sud al Nord (i depositi postali sono in proporzione più presenti al Sud delle Fondazioni Bancarie). Se fosse invece una banca privata, i manager dovrebbero rendere conto agli azionisti di questo trasferimento. Trattandosi di un partenariato tra pubblico e privato, i suoi manager sembrano godere di molta più libertà di azione. Se fosse una banca qualsiasi, è ragionevole pensare che la Banca d’Italia chiederebbe alla Cdp di aumentare il proprio patrimonio. «Non si gioca d’azzardo con i soldi dei depositanti assicurati dallo stato» va ripetendo l’ex governatore della Fed Paul Volcker. E questo dovrebbe valere a maggior ragione per la Cdp, che gestisce soldi assicurati dagli ignari contribuenti. Ma, grazie alla sua natura quasi pubblica, la Cdp sembra avere maggiore flessibilità. Anche in questo la Cdp per certi versi ricorda Fannie Mae, cui il governo americano permise di operare con un capitale molto al di sotto di ogni ragionevole livello prudenziale. Con la crisi immobiliare Fannie Mae non fu più in grado di pagare le proprie garanzie sui crediti immobiliari e dovette essere salvata dalla stato (ovvero dai contribuenti) ad un costo che finora è di 180 miliardi di dollari, ma sta ancora salendo. Sia chiaro: non c’e’ motivo di credere che la Cdp presenti i medesimi rischi, ma non e’ prudente ignorare quelli che la Cdp sta assumendosi. Ad una ballerina che gli proponeva di avere un figlio insieme affinché avesse la bellezza di lei e l’intelligenza di lui, il commediografo inglese George Bernard Shaw rispose di no: c’era il rischio il figlio avesse la bellezza di lui e l’intelligenza della ballerina. Lo stesso vale per la Cdp. Invece di avere l’efficienza del settore privato e gli obiettivi sociali del pubblico, rischia di avere gli obiettivi sociali del settore privato e l’efficienza del settore pubblico. A differenza dell’Iri la Cdp non riceve fondi di dotazione. Seppure meno visibile, il sussidio statale non è inferiore: un ridotto costo del credito. Ridotto perché il deposito postale ha sempre avuto dei tassi molto bassi, ma anche perché è garantito dallo stato. Anche se non viene contabilizzato come una uscita, prima o poi il costo di questa garanzia viene pagata. E’ giusto che la Cdp distribuisca questo sussidio pagato dai contribuenti a chi gli pare? Invece di destinare i soldi dei depositanti in incerti progetti di politica industriale, la Cdp dovrebbe impegnarsi a fare quello che lo Stato non riesce a fare: pagare i suoi debiti alle imprese, a partire dai crediti Iva. Non è solo immorale, ma anche economicamente devastante che lo Stato non paghi i suoi debiti. Questi debiti non pagati causano la morte di molte imprese ed impediscono a molte altre di investire e crescere. Da Tremonti a Monti, tutti i governi sostengono che non è possibile fare emergere questo debito sommerso perché aggraverebbe la situazione del nostro debito pubblico. Ma visto che la Cdp può artificialmente ridurre il debito pubblico comprando beni dello stato, perché non usare questo beneficio contabile per far emergere del debito sommerso e pagare alle imprese i loro crediti? La Cdp gia’ lo fa in piccola parte, ma questa dovrebbe essere una delle sue missioni principali. Questa è la miglior politica industriale che questo governo possa fare.