Massimo Sideri, Corriere della Sera 20/10/2012, 20 ottobre 2012
L’AZIONISTA ROTTAMATORE TRA IL PARADISO FISCALE E LE IMPOSTE A LONDRA —
Ma chi è davvero Davide Serra, il golden boy della finanza che ha organizzato la cena di raccolta fondi all’americana per Matteo Renzi? Un rottamatore ante-litteram di poteri forti oppure lo speculatore alla Wall Street di Oliver Stone che è meglio che stia zitto come diceva ieri Pier Luigi Bersani? Sul passaporto del suo hedge fund, chiave di volta della polemica, ieri la società ha spiegato che «Algebris Investments è una società di gestione con sede in Inghilterra e paga le tasse in Inghilterra. I suoi gestori e partner pagano le tasse in Inghilterra». Aggiungendo: Algebris a sua volta «gestisce una serie di fondi, domiciliati nelle più comuni giurisdizioni, tra i quali un fondo Cayman». Nel bilancio 2011 di Algebris Investments Ltd si legge a pagina 22 che «la società madre e la controllante ultima è Algebris Investments (Cayman) Ltd, una società registrata nelle isole Cayman». Un ginepraio. Ma, coordinate fiscali a parte, come ricordano le cronache economiche dei giornali, Serra è famoso soprattutto come il Davide che nel 2007 «sfidò» pubblicamente (nelle assemblee dei soci, si intende) il Golia Antoine Bernheim, scomparso lo scorso giugno, allora vero gigante intoccabile alla guida delle Generali. La storia è nota: Bernheim — che in seguito si separò anche malamente dal gruppo, ma questo è un altro capitolo — nel 2007 era uno dei mostri sacri che, tanto per intendersi, amava parlare francese a Trieste pur conoscendo l’italiano. In questo contesto arrivò una lettera da parte di un 35enne socio delle assicurazioni che non solo schiaffeggiava il rituale un po’ bizantino delle assemblee ma metteva anche in discussione la governance. Il succo: perché Generali ha bisogno di due amministratori delegati? E perché un presidente così vecchio? Firmato, Davide Serra. «Serra chi?» si domandò anche il vecchio presidente con malcelata ironia raccontando poi di aver chiesto chi fosse al capo di Morgan Stanley. Il 35enne, bocconiano, era stato infatti a capo della ricerca globale sulla finanza proprio di Morgan Stanley. Partì anche una caccia al «mandante» fino a quando, in seguito a una richiesta della Consob, l’hedge fund dichiarò di avere anche opzioni su Mediobanca, sospettato numero 1 dello stesso Bernheim. In ogni caso, in seguito al terremoto causato da quella lettera, il «vecchio» presidente qualcosa dovette concedere — anche qui con la grande ironia per la quale era noto: «Sull’età non si può lavorare, su altro sì». Proprio in questi giorni, peraltro, le Generali hanno confermato Mario Greco come unico amministratore delegato. Certo, un caso fortuito. Ma Serra potrebbe anche raccontare che, a questo punto, è una sua vittoria morale. In realtà il golden boy per gli specialisti era già ben noto. Raccontò, dopo l’affaire Generali, Stefano Preda (padre del codice di autoregolamentazione di Borsa Italiana conosciuto come Codice Preda) che nel 2006 bisognava fare a gomitate per entrare nell’hedge fund di Serra ed Eric Halet. «Siamo noi che andiamo a cercare Serra, c’è la fila là fuori. È un fondo chiuso, non ci si riesce più ad investire. Serra l’ha aperto e chiuso in un mese». Insomma, chi fosse Serra lo si sapeva bene. Tanto che banche come Intesa e Unicredit si erano infilate nel capitale prima che la porta descritta da Preda si chiudesse. La fama era stata conquistata già mesi prima in un’altra assemblea, quella di Abn Amro, quando Serra alzò la mano per dire a un altro mostro sacro, Rijkman Groenink: «Perché non permette agli azionisti di scegliere?». La più grande scalata ostile a una banca della storia, appunto la Abn Amro, era iniziata proprio con la lettera di un altro hedge fund, il Tei di Chris Hohn, che con Algebris ha anche condiviso l’indirizzo londinese: il 7 di Clifford Street.
Massimo Sideri