Giuseppe Guastella, Corriere della Sera 20/10/2012, 20 ottobre 2012
LA BATTUTA E LE STRETTE DI MANO CON L’«AVVERSARIO» BOCCASSINI: «TREMENDI QUESTI AVVOCATI» —
Entra in aula puntuale alle 9.30 con seguito d’ordinanza, si siede e ripassa concentrato la lunga «dichiarazione spontanea» limata fino a tarda sera con gli avvocati-parlamentari Niccolò Ghedini e Piero Longo. Silvio Berlusconi non cede ai taccuini dei giornalisti, sceglie il profilo basso, anche nelle dichiarazioni ai giudici, se non fosse per un attacco alla Procura, e i «venti anni di accuse che di continuo ha portato avanti nei miei confronti», e l’invito ai giudici all’imparzialità: «Si dice che avreste già deciso per la mia condanna», «voglio credere che non sia così e che queste illazioni siano smentite dai fatti». Lo humor torna alla fine quando, dopo un accenno di inchino e un «in bocca al lupo» a tre magistrati stranieri presenti per un progetto di formazione europea, stringendo per la seconda volta la mano all’aggiunto Ilda Boccassini: «Tremendi questi avvocati, specialmente quando presentano la parcella».
Le cene ad Arcore
Cosa accadeva a villa San Martino? Secondo il Cavaliere nulla di sconveniente: «Si è molto favoleggiato e ironizzato su queste serate con evidenti intenti diffamatori con una intrusione nella vita privata di un cittadino che non ha precedenti», esordisce. «Al centro della tavola monopolizzavo l’attenzione parlando di politica, di sport, di calcio, di cinema, di televisione e di gossip. Mi divertivo a confezionare battute cantando a richiesta le canzoni del mio repertorio giovanile scritte con Mariano Apicella». Cento brani e 5 dischi, dirà poi il cantante napoletano. E il bunga bunga? Nulla di peccaminoso: «Dopo la cena le mie ospiti organizzavano degli spettacoli con musica e costumi che non avevano alcunché di volgare e scandaloso», «mai scene di natura sessuale», solo «momenti di svago conviviale dopo intense settimane di lavoro». E lui che faceva? Non ballava. In rispetto di un «fioretto di gioventù», restava in poltrona. Con le giovani donne solo «rapporti di simpatia, cameratismo, amicizia e assoluto rispetto». I soldi? «Mai dato denaro per rapporti intimi, lì e in tutta la mia vita», e nessuna delle ospiti «poteva essere classificata, per quanto a mia conoscenza, come escort». Vittime con lui di una «mostruosa opera di diffamazione», tutte ora «hanno difficoltà a trovarsi un fidanzato, un lavoro, una casa in affitto».
Ruby la bugiarda
Quando arrivò ad Arcore, Ruby fece colpo per la bellezza e la sua storia di «egiziana, figlia di una famosa cantante appartenente a una famiglia imparentata con il presidente Mubarak» che a «tutti aveva detto di avere 24 anni». Cacciata di casa dal padre perché voleva convertirsi alla «religione cattolica», un mese prima era approdata a Milano (era arrivata a fine 2009 e già aveva conosciuto Mora, ndr). Rimasta senza un soldo e cacciata anche da un’amica, sfuggita alle brame di un ristoratore che la faceva lavorare, approda ad Arcore «facendo commuovere molti tra i miei ospiti», dichiara Berlusconi, che le offrì «subito un aiuto economico». Tornò ancora in villa. Una volta «mi raccontò di avere l’opportunità di diventare socia in un centro estetico con una sua amica in via della Spiga a Milano» per 57 mila euro, che Berlusconi le fece avere, con l’impegno dei restituirli, tramite il suo amministratore Spinelli. Con lei «non ho mai avuto alcun tipo di rapporto intimo», assicura l’ex premier. Saputo chi era davvero Ruby, rimase di stucco: «Mi resi finalmente conto che mi aveva mentito, che si era costruita una seconda e diversa identità in sostituzione della sua condizione reale davvero miserevole».
La notte in questura
Il 27 maggio Berlusconi è a Parigi per un vertice Ocse. La brasiliana Michelle Conceicao chiama il suo cellulare per avvisare che Ruby è in questura. Il Cavaliere si allarma. Spiega che all’inizio del 2010 era dovuto intervenire su Gheddafi per sbrogliare una tensione diplomatica tra Libia e Svizzera dopo l’arresto di uno dei figli del colonnello. Paragonò le due vicende: «Immaginai che la situazione potesse creare un incidente diplomatico con Mubarak». Un guardaspalle chiama la questura e gli passa il capo di gabinetto Ostuni. «Volevo una semplice informazione», nessuna violazione delle leggi. Una settimana prima, incontrando Mubarak a Roma, Berlusconi gli aveva detto di aver conosciuto la figlia di una cantante egiziana. Mubarak rispose che la cantante «faceva parte della sua cerchia familiare, ma non sapeva che avesse una figlia messa fuori di casa». Alla fine «mi assicurò che si sarebbe informato e che mi avrebbe fatto sapere». In questura arriva la consigliera regionale pdl Nicole Minetti con il compito, ma non spiega come, di «agevolare l’identificazione» di Ruby. L’allora presidente del Consiglio assicura che non fece nulla perché la marocchina fosse affidata alla Minetti: «È risibile» pensare che «Ruby potesse raccontare qualcosa di segreto e scandaloso».
Giuseppe Guastella