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 2012  ottobre 20 Sabato calendario

“VI RACCONTO DIECI ANNI DI TANGENTI ECCO TUTTI I POLITICI CHE HO PAGATO

[Piscicelli,l’imprenditorecherisedelterremoto:dissanguatodalPalazzo] –
MONTE ARGENTARIO (Grosseto)
— Dall’ex rudere recuperato, i fari interrati che segnano il percorso fra gli ulivi, la piscina di fronte alla camera da letto, si vede l’Isola di Giannutri. A nord la Costa Concordia spanciata di fronte al porto del Giglio. Sul terrapieno in ghiaia, seicento metri sopra il mare, ci sono i resti dell’elicottero con cui Francesco Maria De Vito Piscicelli, il padrone del rudere riattato a resort, portava l’anziana madre a pranzo sulla spiaggia di Ansedonia. Gliel’hanno bruciato, alle otto di sera del primo ottobre. L’attentato dopo cinque minacce. L’hanno anche bloccato mentre con l’auto risaliva lo sterrato che porta al resort: «Perché continui a parlare, vuoi mettere in crisi il sistema che ti ha sfamato?», gli hanno sibilato scoprendo sotto il maglione le Beretta parabellum. «Fermati o facciamo fuori te e famiglia».
Francesco Maria De Vito Piscicelli, 50 anni, due mesi di carcere, è l’imprenditore edile consegnato all’opinione pubblica dall’intercettazione telefonica in cui lo si ascolta ridere del terremoto dell’Aquila con il cognato. Napoletano, alto borghese, vicino ad Alleanza nazionale, Piscicelli è stato uno dei quindici costruttori scelti dalla cricca della Ferratella per lavorare al soldo della Protezione civile di Bertolaso. Ora è un collaboratore di giustizia. In otto interrogatori ha consegnato alla procura di Roma il racconto della corruzione italiana negli appalti di Stato dal 2000 al 2010. Giovedì scorso, ha accettato di parlare con “Repubblica”.
«Il sistema Protezione civile, la deroga totale per ogni gara pubblica, nasce con il Giubileo del Duemila: l’incontro fra il sindaco di Roma Francesco Rutelli, il provveditore alle Opere pubbliche del Lazio Angelo Balducci e il capo della Protezione civile Guido Bertolaso. Allestiscono una macchina per costruire opere in un paese bloccato, ma nel corso delle stagioni le missioni diventano un sistema di arricchimento personale. Sfruttato a sinistra e a destra. L’ho visto con i miei occhi, l’ho vissuto dall’interno: una montagna di denaro pubblico per dieci stagioni è stata messa a bilancio per realizzare auditorium, stadi, caserme, svincoli e in percentuale è stata poi trasferita a ministri, sottosegretari, parlamentari, magistrati, funzionari della Protezione, dirigenti delle Opere pubbliche. Nessuna istituzione, nessun partito, tutto ad personam».
È accusato di corruzione, Piscicelli, con i costruttori della Btp. L’appalto della Scuola dei marescialli a Firenze.
«Ho pagato per lavorare, se non lo facevo chiudevo l’azienda che avevo ereditato da mio padre. A Firenze ho fatto da intermediario tra il gruppo di Riccardo Fusi e l’ingegner Balducci. Quelli della Btp, provinciali, rozzi, non riuscivano ad arrivare al capo del mattone pubblico italiano. Con una telefonata organizzai l’incontro. Sono stato io a presentare Denis Verdini, coordinatore del Pdl, a Balducci. Fusi trattava Verdini come fosse il suo straccio e usava la banca di Verdini come il suo bancomat. A me fece avere un prestito da 700mila euro».
Quando ha versato tangenti in proprio, Piscicelli?
«Lavoro con Balducci dal 2004, ho partecipato a trecento bandi pubblici e ottenuto due lavori: la scuola di polizia di Nettuno e la caserma della finanza di Oristano. Per i Mondiali di nuoto di Roma, quelli del 2009, ho partecipato a tutte e cinque le gare. Ho speso 700mila euro in progetti e ho vinto le piscine di Valco San Paolo. Per le gare bandite dal Consiglio superiore dei Lavori pubblici e dalla Protezione civile non c’era notaio, nessun vincolo. Tutto nella discrezione del presidente Balducci: ottanta punti al progetto che voleva spingere. Bandi europei pilotati da Balducci, il Consiglio superiore ratificava silenzioso».
Lei chi pagò e quanto?
«Per le piscine di San Paolo, 14 milioni di base d’asta, ho versato tre tangenti. Me ne avevano chieste quattro. Il collettore di denaro per conto della squadra di Balducci, l’ingegner Enrico Bentivoglio, dopo la mia vittoria pretese 50mila euro. Ventimila euro li consegnai per la funzionaria Maria Pia Forleo. Poi subentrò Claudio Rinaldi, nuovo commissario ai Mondiali, e senza ritegno ne pretese 100mila. Glieli portai all’Hotel de Russie, in via del Babuino, dentro un sacchetto di una boutique romana. Il mio ragioniere è testimone. Rinaldi afferrò e disse: “È un acconto, al collaudo mi devi dà du’ piotte e mezzo”. Duecentocinquanta, quelli non li ha mai visti».
Valco San Paolo, bandita per 14 milioni,
34, dopo 39 mesi è chiusa con un pilone fratturato.
«Mi sono disinteressato del destino della piscina. Io ho visto solo nove milioni, otto e mezzo me li hanno presi i ragazzi di Balducci: una truffa. Il pilone è un assestamento, ma tutta l’opera è stata una corsa folle. Durante i lavori si è messo contro il presidente della Federnuoto Paolo Barelli, il senatore del Pdl. Avrebbe voluto due lavori per le aziende vicine, Balducci non gli diede nulla. Per ritorsione, bocciò il tetto in acciaio e lo impose in cemento armato. E ci obbligò a lavorare con le ditte specializzate che indicava, costavano il 30 per cento in più».
Angelo Balducci imponeva i suoi uomini?
«Imponeva tutto, era il dominus. Corrotto nell’animo, non avido, un affascinante gesuita innamorato del potere. Voleva accontentare tutti, soprattutto la classe politica. Nei cinque mesi di carcere Balducci ha ricevuto settanta parlamentari, una processione. Se parla lui viene giù la Seconda Repubblica e mezzo Vaticano».
Il rapporto tra Balducci e Anemone?
«Diego Anemone non esiste. È un ex falegname inventato dal capo. Quando scoprite un’impresa di Anemone in un appalto pubblico, vuol dire che sta lavorando Balducci. Faceva cassa così, mettendo Anemone ovunque. E gli affidava la gestione del denaro da destinare ai parlamentari».
Che significa, Piscicelli?
«A Natale, Pasqua e Ferragosto i parlamentari italiani battono cassa. Un assedio, spegnevo il telefonino. Ascolti. Mi chiama Anemone: devo versare 150mila euro, siamo alla vigilia delle feste natalizie. Anemone ha l’ufficio in una traversa di via Nomentana, stanze di pessimo gusto. Spinge una porta scorrevole e alla vista si rivela un tavolo lungo due metri e mezzo. Sopra, un covone di banconote. Quasi tutti tagli da cinquecento. Milioni di euro, mai visto nulla di simile. Con i miei 150mila nella giacca mi sono sentito un morto di fame. Anemone ha comprato la casa al Colosseo dell’ex ministro Claudio Scajola con un po’ del denaro prelevato da quel tavolo».
Continua a girarci intorno: tangenti e politici. Che cosa ha detto ai magistrati?
«Tutto quello che ho visto e posso certificostata
care. Ho fatto il nome di otto politici di primo piano che hanno preso soldi e servizi dal sistema Balducci».
Fino a prova contraria il corruttore è lei.
«Otto dicembre 2007, l’Immacolata, le racconto. Sono con moglie e figlia al ristorante: una telefonata, è Mauro Della Giovampaola, funzionario della Protezione civile. “Devi venire alla Ferratella, subito”. Gli uffici erano chiusi, aveva le chiavi. Categorico: “Dimmi che ribasso hai fatto per l’Auditorium di Firenze”. Perché? “Così vuole il capo”. Se Balducci comandava, si ubbidiva. Obbligai i soci fiorentini a rivelarmi la percentuale, comunicai il ribasso a Mauro. “L’appalto dell’Auditorium deve andare al costruttore Cerasi”, mi spiegò, “lo vuole Veltroni”».
Piscicelli, lei partecipò al bando per l’Auditorium di Isernia.
«A Isernia avevo vinto. Trentun dicembre 2007, nel teatro di via della Ferratella si aprono le buste. Al telefono il funzionario Bentivoglio. Salgo al piano, mi dice: “Hai fatto un progetto bellissimo, l’appalto è tuo”. Torno in teatro, l’atmosfera è già cambiata. Commissari che si chiamano da parte. Il presidente del concorso dichiara il vincitore: un’associazione di imprese guidata dalla molisana Rocco Lupo. Cerco Bentivoglio, è pallido. Riesce a dirmi: “Bertolaso ha chiamato Balducci, Di Pietro ha imposto Lupo, mi dispiace”».
Chi è Guido Bertolaso, un capro espiatorio?
«E’ un megalomane con il complesso di far del bene. Per le responsabilità che ha avuto, la fama che si è creato, non avrebbe mai dovuto vendersi per 50mila euro. Quella era la sua tariffa: 50mila euro, ogni volta».
A Carlo Malinconico ha pagato le vacanze all’Hotel Pellicano di Porto Ercole.
«Malinconico è un uomo di Balducci. Da sottosegretario della presidenza del Consiglio del governo Prodi ha controfirmato qualsiasi progetto il capo gli portasse. Nel 2006 l’ingegnere mi chiese di occuparmi di lui: “Ci serve come il pane, dobbiamo curarlo in tutto e per tutto”. Malinconico voleva un rustico che stavo ristrutturando qui all’Argentario, la vecchia Villa Feltrinelli. Lo accompagnai due volte, non era pronta. Balducci mi chiese di dirottarlo al Pellicano: Malinconico e la sua compagna nel 2006 e nel 2007 ci hanno fatto sei vacanze. Milleottocento a notte. Ho pagato fino a quando il figlio del magistrato Toro non rivelò che la procura di Firenze stava indagando sulla cricca. Saldai 25.600 euro e chiusi il conto. Il sottosegretario lasciò l’Argentario il pomeriggio stesso».
Lei ha denunciato il magistrato della Corte dei Conti Antonello Colosimo.
«Dal 2004 al 2008 mi ha taglieggiato. Ha preteso tangenti, anche del 15%, su tutti i lavori pubblici che prendevo. E questo perché era stato lui a presentarmi Angelo Balducci. Per anni gli ho mantenuto auto, autista, l’ufficio in via Margutta: mi è costato 186mila euro. Quando ho smesso, mi ha scatenato contro la Finanza. Nel 1992 la politica chiedeva agli imprenditori denaro, ma dava benefici. Oggi la politica, e alcuni funzionari potenti, chiedono denaro per non farti male. È il pizzo. Solo io ho pagato tangenti per un milione, e adesso sono con il culo per terra».