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 2012  ottobre 21 Domenica calendario

IL MAXXI NEI GUAI? CHIEDETE ALLA MELANDRI

[Furono le sue scelte da ministro a creare le condizioni delle attuali difficoltà del museo] –
In Francia non fa scandalo che un politico diventi presidente di un’istituzione culturale o viceversa. Jean-Jacques Aillagon, già direttore di Palazzo Grassi nel 2004, è stato presidente del Centre Georges Pompidou dal 1996 al 2002 per diventare poi ministro della cultura sotto la presidenza Chirac. Dal 2007 al 2011 è poi tornato ad essere presidente di Versailles. Non dovrebbe nemmeno far scandalo allora che Giovanna Melandri sia finita presidente del Maxxi dopo essere stata ministro della Cultura. Quale è il problema quindi? Il problema è che la Melandri è stata il ministro che ha piantato il seme sbagliato dal quale è nata poi quella pianta sbagliata del Maxxi. Se il Maxxi è finito nelle condizioni nelle quali versa non è solo perché penalizzato dai tagli al suo budget. Il Maxxi è quello che è perché una volta pensato non è stato poi programmato nel modo giusto. Già a partire dal concorso per l’edificio. La giuria era presieduta da Daniele Del Giudice, bravissimo scrittore ma non certo un esperto di musei di arte contemporanea. Poi c’è stata la collezione, imbarazzante qualitativamente e per il suo costo, messa insieme da persone sempre selezionate da Giovanna Meladri. Il resto è storia. Funzionari che riescono a tramutarsi in direttori artistici del museo, programmazione scriteriata, staff curatoriale incompleto e bizzarro.

Adesso Giovanna Melandri si ritrova nel ruolo di «soluzione» per un problema al quale è stata lei stessa a dare il via. Il guaio non è l’eterno riciclaggio dei politici, pur rottamati, qualcosa potranno sempre fare, ci mancherebbe. Il guaio è la confusione delle professioni e delle competenze. Un archeologo non può essere al vertice di un museo di arte contemporanea, come un chirurgo dell’occhio non può essere il primario di una clinica ortopedica. Un politico può fare il presidente di una fondazione culturale come figura che ne tutela l’autonomia non quella che plasma la sua missione. Una figura che deve facilitare non complicare mettendo in piedi un comitato scientifico, entità tutta italiota, che funziona poi come direzione ombra nella programmazione del museo anziché come strumento di controllo.

Tutto ciò che scrivo verrà confutato dai diretti interessati con una scusa o con qualche citazione di decreti ministeriali. Verrà confutato se non addirittura negato perché nella cultura tutto è soggettivo, quindi non scientificamente provabile. Ma pur nella loro soggettività, legata alla personalità, spesso forte, di chi li dirige, i musei britannici, tedeschi, svizzeri, americani o francesi funzionano senza comitati scientifici, senza funzionari amministrativi trasformati in direttori, con consigli di amministrazione che ascoltano il 90% del tempo i programmi del direttore e dei curatori e parlano il 10%. Riuscirà Giovanna Melandri, pur abituata in modo molto diverso, a seguire questo metodo cosi tanto anti italiano? Riuscirà ad aver autocontrollo? Ce la farà a non cadere nella trappola dell’accontentare tutti per il quieto vivere consentendo finalmente, a quello che doveva essere uno dei più importanti musei d’Europa, di trovare la propria identità e dignità? Concediamo il beneficio del dubbio, ma il dubbio, almeno quello mio, rimane. Avendo imparato che Ubi maxxi minus sapiens.