Antonio Di Pierro, la Repubblica 21/10/2012, 21 ottobre 2012
MARCIA SU ROMA
[Quel giorno lungo un ventennio] –
28 ottobre 1922 Ore 00
l presidente del Consiglio Luigi Facta è a letto a dormire, due ras fascisti, dopo aver cenato in un ristorante del centro, annunciano che la marcia su Roma comincia proprio adesso. A Perugia, quartier generale dell’insurrezione, il prefetto cede i poteri alle camicie nere. A Milano, Benito Mussolini fa piazzare barricate davanti al suo giornale,
Il Popolo d’Italia,
poi va a teatro.
Ore 1
In alcune città del Centro-Nord l’insurrezione è in pieno svolgimento, con morti e feriti. Al ministero della Guerra viene redatto un appello al Paese per invitare tutti i cittadini a deporre le armi. A Milano un manipolo di fascisti si presenta nelle redazioni dei principali quotidiani per minacciare i direttori di pesanti ritorsioni se scriveranno contro il colpo di Stato in corso.
Ore 2
Facta va a villa Savoia dove alle 2.30 è a colloquio con Vittorio Emanuele III per informarlo sulla situazione: il capo del governo sottopone al re, che lo approva, il testo del manifesto che contiene l’appello agli italiani a deporre le armi. De Vecchi e Grandi sono in viaggio per Perugia, le colonne fasciste in marcia su Roma. Operativi il piano di difesa della capitale e il progetto di interrompere le linee ferroviarie.
Ore 3
A Firenze le camicie nere occupano un treno che parte verso Orte e Roma.
Ore 4
I ministri arrivano al Viminale. Il presidente Facta dichiara: «È la rivolta e alla rivolta si resisterà». Il quadrumviro Michele Bianchi minaccia da Perugia: «La macchina è in movimento e nulla la fermerà».
Ore 5
Il Consiglio dei ministri ha aperto una seduta travagliata che dovrà decidere le misure da adottare per fronteggiare l’insurrezione in atto.
Ore 6
Al termine di un dibattito molto duro, il Consiglio dei ministri approva il decreto sullo stato d’assedio. Vietata la circolazione degli autoveicoli e dei tram, annullati tutti gli spettacoli in cartellone, chiusura alle 21 per i pubblici esercizi, proibiti gli assembramenti con più di cinque persone. «Questi scalzacani saranno messi a posto» commenta il ministro Amendola.
Ore 7
Dal Viminale partono telegrammi a getto continuo, contengono gli ordini a prefetti e comandanti militari che dovranno stroncare il tentativo di colpo di Stato dei fascisti. De Vecchi e Grandi arrivano a Perugia. A Milano un battaglione di guardie regie marcia sul Popolo d’Italia.
Ore 8
A Civitavecchia e a Orte l’esercito sabota le linee ferroviarie per bloccare i fascisti diretti a Roma. A Milano Mussolini esce col fucile dal Popolo d’Italia per trattare con l’ufficiale delle guardie regie che sta per ordinare l’attacco alle camicie nere che presidiano la zona intorno al giornale. A Roma Facta esce dal Viminale per portare al re il decreto sullo stato d’assedio.
Ore 9
La sede del quadrumvirato a Perugia è assediata dall’esercito. Nella capitale le guardie regie occupano militarmente la sede del fascio in via degli Avignonesi.
Ore 10
Facta rientra al Viminale turbato, dopo l’incontro al Quirinale con il re che avrebbe dovuto dare attuazione allo stato d’assedio. Vittorio Emanuele non ha firmato il decreto, che il governo aveva già approvato, sconfessando l’azione dell’esecutivo. E agevolando l’insurrezione fascista.
Ore 11
Il presidente del Consiglio va di nuovo al Quirinale dove, alle 11.30, presenta nelle mani del re le dimissioni irrevocabili del governo. Il sovrano inizierà in giornata le consultazioni per la formazione del nuovo esecutivo.
Ore 12
Il nazionalista Alfredo Rocco è in missione a Milano per convincere Mussolini a fermare l’insurrezione e a entrare in un governo di coalizione. Il leader fascista non accetta il compromesso. Poco dopo, una delegazione di industriali si fa ricevere da Mussolini al Popolo d’Italia per rilanciare la proposta Rocco, ma senza successo.
Ore 16
Il re riceve al Quirinale Cesare Maria De Vecchi e gli domanda se i fascisti accettano una soluzione con Salandra presidente del Consiglio. Il quadrumviro risponde che deve prima interpellare Mussolini a Milano. A Roma, i militari riconsegnano ai fascisti la sede del loro partito.
Ore 17
Il generale Cittadini, dal Quirinale, riesce a parlare al telefono con Mussolini per invitarlo a venire a Roma su richiesta del re e del quadrumvirato. Il leader fascista replica seccamente che non si muove da Milano se non riceve da Vittorio Emanuele l’incarico di formare il nuovo governo.
Ore 18
Il re ha offerto ad Antonio Salandra l’incarico di formare il nuovo governo. Il leader della destra liberale ha accettato con riserva, non avendo ancora avuto la disponibilità di Mussolini a far parte del nuovo esecutivo.
Ore 19
Un fascista e un socialista sono le prime due vittime della “marcia” a pochi chilometri da Roma. Lo scontro a fuoco, avvenuto a Genazzano, mostra che la presenza delle colonne è una polveriera pronta a esplodere.
Ore 20
Ad Avezzano, l’esercito fa saltare i binari per bloccare l’avanzata delle camicie nere: è la terza interruzione ferroviaria della giornata.
Ore 21
Dal Quirinale parte un telegramma per Mussolini: il re lo convoca a Roma, desidera consultarlo nell’ambito dei colloqui aperti per la formazione del nuovo governo. Il capo delle camicie nere ha scritto e inviato una lettera a Gabriele D’Annunzio. Vi si accenna a un «trionfo fascista», alla «nostra vittoria» e alla previsione che «l’Italia da domani avrà un governo».
Ore 22
A Milano ancora scaramucce tra fascisti e forze dell’ordine. Mussolini deve intervenire personalmente dopo l’assalto delle camicie nere a una caserma dei bersaglieri. A Roma, dove è tornato dalla licenza il comandante del corpo d’armata, il generale Edoardo Ravazza, il ministero della Guerra ordina, nell’azione contro gli squadristi, di non provocare scontri a fuoco evitando «possibilmente spargimento di sangue». Sei gerarchi fascisti vogliono convincere Mussolini ad accettare la soluzione Salandra.
Ore 23
Il direttore del Corriere della Sera decide di non mandare in stampa il giornale di domani per evitare le violente ritorsioni preannunciate dai fascisti. Il prefetto di Milano, in una lettera riservata a Facta, parla di situazione difficilissima nel capoluogo lombardo per gli assalti a caserme e scuole da parte delle camicie nere. Mussolini scrive un articolo trionfalistico per Il Popolo d’Italia.
Al termine di una riunione, i fascisti romani concordano di appoggiare ufficialmente la soluzione Salandra e si accingono a comunicare la decisione
al loro capo.