Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  ottobre 21 Domenica calendario

CORRUZIONE, IL GOVERNO RILANCIA

[Allo studio un decreto su voto di scambio e prescrizione “lunga”] –
L’avevano detto Monti e Severino, «contro la corruzione andremo avanti». Solo questione di giorni. Giusto il tempo di decidere se la formula è quella del decreto o del ddl con corsia preferenziale, ed ecco che dal Consiglio dei ministri verrà fuori un provvedimento per colpire il voto di scambio politico-mafioso.EPER cambiare le regole della prescrizione, con lo scopo dichiarato di annullarne gli effetti perversi e garantire tempi più lunghi. È il passo in avanti che mancava nella legge anti-corruzione. Lì le due questioni non ci potevano stare, per evitare la rivolta del Pdl e la “morte” della legge stessa. Adesso diventa la risposta — «forte e assolutamente necessaria » sottolineano le fonti di governo tra palazzo Chigi e via Arenula — a scandali come quello dell’assessore regionale della Lombardia Zambetti eletto con i voti della ‘ndrangheta e alla richiesta pressante dell’Europa, ma anche dei magistrati italiani, di cambiare l’attuale meccanismo della prescrizione che, così com’è, porta alla “morte” di quasi 200mila processi all’anno.
Tangentopoli e mafia, come vent’anni fa quando a Milano l’inchiesta Mani pulite si arricchiva ogni giorno di nuovi protagonisti e a Palermo esplodevano le bombe. L’emergenza resta grave, le indagini sul malaffare si moltiplicano, non uno ma decine di casi Fiorito con le sue 28mila preferenze decisamente discutibili. Alla vigilia delle elezioni regionali nel Lazio e in Lombardia, e di quelle politiche nella primavera del 2013, il rischio della pressione criminale per accaparrarsi candidati crea grande allarme. La gente non ne può più. Ne parlano di continuo il premier Monti e il Guardasigilli Severino per studiare la strada giusta da seguire. S’ipotizza di poter rispondere subito con inserimenti mirati nel ddl anti-corruzione, poi si privilegia una via politicamente più gestibile, considerati soprattutto gli ostacoli frapposti dal Pdl all’anti-corruzione. La legge va per la sua strada, nasce un nuovo provvedimento, mirato sul voto di scambio e sulla prescrizione.
Potrebbe essere un decreto, Severino ha già detto che «ci sta pensando». Lei è disponibile. La materia, soprattutto quella del voto di scambio, si presta a emanare un provvedimento urgente. Non c’è solo il caso Zambetti, quello che ha fatto dire al procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini che «è stata inquinata la vita democratica del Paese». Ci sono le inchieste sull’ex coordinatore regionale del Pdl Cosentino e sul governatore siciliano Lombardo, entrambi indagati per voto di scambio. Ma è altrettanto evidente che l’attuale formula, com’è rubricata nel codice penale all’articolo 416ter e com’è stata scritta nel 1992, non basta più. Anzi, a dirla tutta, non è mai bastata.
Tant’è che in Cassazione, a far di conto, sarà arrivato sì e no un solo processo. Piergiorgio Morosini, gip a Palermo, lo dice senza incertezze: «Quel reato così com’è non va, viene contestato raramente, perché nel rapporto tra il potenziale eletto e i clan, non è il passaggio di denaro che conta ma quello che il candidato promette per il futuro». Parliamo di leggi favorevoli ovviamente. E dunque la norma, che cita solo «l’erogazione di denaro», dev’essere ampliata con due semplici parola, «erogazione di denaro e altra utilità». A quel punto, scritto così, il reato di voto di scambio diventa un’importante arma nelle mani di pm.
Su questo il decreto è ampiamente possibile e giustificabile. L’inchiesta di Milano ne può costituire il presupposto. Le ragioni di freno, a palazzo Chigi, sono altre. Sono d’ordine politico. Il Pdl non ne vuole sapere. Non è un caso se al Senato, dove il presidente della commissione Affari costituzioni Vizzini aveva presentato proprio questa norma per inserirla nel ddl anti- corruzione, è rimasto isolato. Certo, ci sono anche le raccomandazioni del Quirinale a contenere, se non stoppare, i decreti visto che la legislatura si avvia alla conclusione, ma l’emergenza liste pulite è molto forte, come dimostra anche l’intenzione di voler esercitare subito la delega della non candidabilità dei condannati.
È più arduo, semmai, giustificare un intervento sulla prescrizione per decreto. Severino lavora a due soluzione, una più radicale, la seconda di mediazione. La prima strada per garantire la prescrizione lunga è quella indicata più volte dal vice presidente del Csm Vietti, «fermare l’orologio quando parte l’azione penale ». Oggi i tempi — per via della legge Cirielli del 2005 — sono misurati sull’entità della pena, il massimo edittale più un quarto o di più a seconda della fedina penale dell’imputato. Commesso il reato, le lancette partono di lì e camminano sempre. Un meccanismo che riduce le potenzialità dello Stato. Con la soluzione Vietti-Severino la prescrizione cessa di correre non appena comincia l’azione penale. Ovviamente, in chiave di bilanciamento, Severino ripropone una sorta di processo breve, tempi
rigidi di fase per ogni grado di giudizio. Ma non c’è solo questa soluzione, ce n’è una seconda che ha molti sponsor nel governo, quella di regolare diversamente, e comunque di aumentare, i casi di sospensione della prescrizione, soprattutto in presenza dei tentativi dilatori delle difese. Il meccanismo rimane lo stesso di oggi, ma l’orologio della prescrizione si ferma più di frequente e per tempi più lunghi. Questo garantirebbe di poter condurre in porto molti processi che oggi camminano veloci verso la fine. Sarebbe il corollario giusto della legge anti-corruzione che, sotto questo profilo, ha prodotto soprattutto le polemiche per la prescrizione breve del reato di concussione per induzione. Ma lì, per sanare quel vulnus, ci vuole solo la forza politica di imporre due anni in più di pena.