Luigi Ferrarella, Corriere della Sera 21/10/2012, 21 ottobre 2012
L’ULTIMA GALOPPATA DI FRANKEL, IL CAVALLO PIU’ FORTE DEL MONDO
Tutta la Gran Bretagna ferma alle 4 del pomeriggio davanti alla tv, esauriti da agosto i 33 mila biglietti della tribuna dell’ippodromo di Ascot per l’annunciato addio alle corse ieri di Frankel, il più forte cavallo del mondo e forse di tutti i tempi.
«Questa è la tua ultima occasione» (sottinteso: per vederlo), bombardavano da settimane i suggestivi spot «Bolt corre i 200 metri in 19 secondi, lui può farlo in 11». E lui, cioè Frankel, il purosangue del principe della famiglia regnante saudita Khaled Abdulla che l’ha battezzato così in onore del suo scomparso allenatore italoamericano Bobby Frankel, il cavallo che corre il mezzofondo come fosse uno sprint ed è capace appunto di galoppare i penultimi 200 metri di un miglio in 10 secondi e 58 centesimi, ieri sui due chilometri delle «Champion Stakes» ad Ascot ha cesellato la propria leggenda: 14ª vittoria su 14 corse in tre stagioni agonistiche che l’hanno visto strapazzare i rivali con una media di 6 lunghezze di vantaggio, nono Gran premio consecutivo (battuto il record dell’americana Zenyatta), 3,5 milioni di montepremi, 80 milioni di valore come stallone.
Stavolta a uscire disintegrati dal fuoriclasse, al quale le classifiche internazionali attribuiscono un punteggio più alto persino di Ribot, sono il potente inglese Nathaniel, terzo a 5 lunghezze di distacco benché avesse vinto le «King George and Queen Elizabeth Diamond Stakes» 2011 e perso quelle del 2012 solo per un muso dalla tedesca Danedream laureata del «Prix de l’Arc de Triomphe» 2011; e il miglior anziano d’Europa, il francese Cirrus des Aigles, vincitore un anno fa di queste stesse «Champion Stakes» e nel 2012 in Dubai dello «Sheema Classic», lasciato al secondo posto a 2 facili lunghezze benché vantasse alleati il terreno (molto pesante per la pioggia e detestato da Frankel), la distanza dei 2 mila metri (da taluni ritenuta indigesta a Frankel), la pista (Ascot era stata teatro della miglior corsa del francese) e lo svolgimento (Frankel è partito malissimo, restando quasi fermo all’apertura delle gabbie).
Con Frankel non c’è mai niente da scommettere perché non c’è niente da vincere, ieri ci sarebbero volute 20 sterline per guadagnarne una. In compenso, al passo d’onore davanti alla folla in festa e poi al tondino per la premiazione officiata dalla regina Elisabetta, si ride di commozione e si piange di gioia.
Lacrime allegre solcano il rugoso viso del 69enne trainer scozzese Henry Cecil, «il Maestro» che proprio l’epopea di Frankel sta aiutando nella battaglia contro un cancro allo stomaco, 10 volte capolista degli allenatori inglesi e tuttavia scaricato da tutti (meno che dal principe saudita e dal suo competente manager lord Teddy Grimthorpe) nel mezzo di una infelice congiuntura professionale (i cavalli che non andavano più), sentimentale (il divorzio dopo una relazione-scandalo della moglie con un fantino di scuderia), familiare (la morte per cancro del fratello gemello) e personale (la stessa malattia).
Ride invece, ed è risata da humour non-sense, il 28enne irlandese Tom Queally, che in teoria sarebbe il fantino di Frankel (pure bravo, è stato campione degli allievi fantini in Gran Bretagna nel 2004) ma che in realtà in questi anni è stato il casuale «passeggero» ippotrasportato. E quando Frankel rientra per l’ultima volta in scuderia, al tramonto trova ad accoglierlo il milite ignoto di questa avventura: Shane Fetherstonhaugh, l’artiere misconosciuto che lo monta all’alba negli allenamenti, l’unico ad aver saputo incanalare l’esuberanza della straripante (fin troppo da giovane) potenza di un cavallo mai visto prima. E forse anche dopo.
Luigi Ferrarella