Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 21/10/2012, 21 ottobre 2012
LA RELIGIONE DI LESSING E LA FAVOLA DEI TRE ANELLI
Vorrei completare la sua lettera che si riferisce alla favola dei tre anelli.
1) Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781) non era ebreo, ma figlio di un pastore protestante della Sassonia. 2) Il suo dramma «Nathan der Weise» (Nathan il saggio) non fa parte del romanticismo tedesco, ma è un capolavoro dell’Illuminismo. 3) La favola dei tre anelli (Ringparabel) finisce così: Quando ognuno dei tre figli ritiene di avere l’anello giusto, il giudice dice: Visto che l’anello originale ha la forza di rendere amato e nessuno di voi è il più amato, ritengo che nessuno di voi possieda l’anello originale. Probabilmente quello è andato perso e vostro padre ha fatto fare tre imitazioni. Ma questo non ha grande importanza. Ognuno di voi si comporti come se avesse l’anello giusto. Questo significa: nessuna delle tre religioni può dire di essere la vera. Perciò tutti i credenti dovrebbero vivere insieme in modo tollerante, pacifico e amorevole. Una dottrina di grande attualità ancora oggi dopo più di due secoli.
Ernst Werner
wernerino@alice.it
Caro Werner, lei ha doppiamente ragione. Lessing appartiene a una famiglia protestante e la sua opera può essere considerata «illuminista». Ma certe categorie sono meno nette di quanto non appaia a un primo sguardo. Lessing amava Shakespeare (un autore che molti illuministi consideravano con diffidenza) e «Nathan il saggio» fu pubblicato nel 1779, più di dieci anni dopo l’apparizione di un dramma di Maximilian Klinger che è spesso considerato un capostipite del movimento romantico.
Secondo parecchi studiosi converrebbe superare la distinzione fra illuminismo e romanticismo per parlare piuttosto di un periodo più lungo che potrebbe essere chiamato l’«era di Goethe». Resta comunque l’errore maggiore, vale a dire l’attribuzione a Lessing di una religione che non era la sua. È dovuto alla lettura maldestra di un testo che meritava di essere più attentamente verificato e, più generalmente, alla grande sensibilità per l’ebraismo di cui Lessing dette prova ogniqualvolta affrontò il problema della tolleranza e della convivenza tra i fedeli delle due grandi confessioni monoteiste. Nel 1749, trent’anni prima di «Nathan il saggio», scrisse una commedia, «Die Juden», in cui il tema era già quello della tolleranza. Nel 1755 scrisse con il suo grande amico ebreo, Moses Mendelssohn, un saggio sui rapporti fra poesia e filosofia che prendeva spunto dall’opera del poeta inglese Alexander Pope. Tre anni dopo collaborò con Mendelssohn alla redazione di un giornale letterario berlinese. Sostenne più tardi la superiorità del Nuovo testamento sull’Antico, ma questo non gli impedì di essere, anche dopo la morte, il bersaglio di molti critici tedeschi fra cui Wilhelm Marr, il saggista e scrittore che conierà, verso la fine dell’Ottocento, l’espressione «antisemitismo».
Nel correggere l’errore nella mia risposta sulla favola dei tre anelli, una lettrice, Edith Dahlmann, mi ha scritto che Lessing «non si sarebbe certo offeso di essere scambiato per un ebreo, ma certo di essere scambiato per un romantico».
Sergio Romano