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 2012  ottobre 19 Venerdì calendario

LE BORSE AI TEMPI DELL’ALGORITMO

«Ottobre: questo è un mese particolarmente pericoloso per investire in azioni. Gli altri mesi pericolosi sono luglio, gennaio, settembre, aprile, novembre, maggio, marzo, giugno, dicembre, agosto e febbraio». Così scriveva Mark Twain più di un secolo fa e le cronache degli ultimi anni sembrano dargli ragione. La scelta di ottobre fu davvero profetica. In 116 anni di storia l’indice Dow Jones ha subìto perdite giornaliere superiori al 10% solo in tre occasioni, ma sempre in ottobre: il 28 e il 29 ottobre 1929 e il 19 ottobre 1987, il terribile lunedì nero (del quale domani cade il venticinquennale) quando ebbe un crollo del 22,6% in una sola seduta.
A dispetto delle teorie che vogliono i mercati in equilibrio, tranne se transitoriamente sollecitati da inaspettati stimoli esterni, grandi instabilità sono state osservate nei mercati finanziari su tutte le scale temporali. Le grandi crisi macroeconomiche impiegano decenni per essere superate, come la Grande depressione che seguì al crollo della Borsa del 1929 fino alla più recente crisi dei mutui subprime prima e del debito sovrano poi. Su scale di tempo più brevi, ma con conseguenze comunque drammatiche per gli investitori, si svolgono le improvvise instabilità strutturali dei moderni mercati mobiliari: oltre al lunedì nero del 1987, un buon esempio è dato dal Flash Crash del 6 maggio 2010, quando l’indice Dow Jones perse il 9% in pochi minuti.
Stabilità ed equilibrio hanno una connotazione naturalmente positiva. In vari contesti compiamo sforzi significativi per evitare l’instaurarsi di condizioni di instabilità. Nella nostra mente poi la dualità stabilità-instabilità s’intreccia con quella tra normalità e anomalia. Ma le cose stanno davvero così? In ecologia, per esempio, Robert May ha mostrato quarant’anni fa che in un ecosistema sufficientemente grande (cioè con molte specie) e complesso (cioè caratterizzato da molte interazioni tra specie) l’instabilità è in qualche modo inevitabile e quindi tutt’altro che anormale.
Anche nella finanza sorge naturale il sospetto che le instabilità siano in larga misura fisiologiche. Le bolle finanziarie si ripetono sempre diverse e sempre uguali, dalla follia dei bulbi di tulipani del Seicento fino alla bolla internet degli anni Novanta. Recentemente Reinhart e Rogoff hanno documentato otto secoli di crisi finanziarie, iperinflazioni, debiti sovrani e defaults intitolando ironicamente il loro studio Questa volta è diverso.
La questione è quindi se esistano dei meccanismi generali che facilitino l’instaurarsi delle instabilità e cosa possiamo fare per monitorare e controllare i mercati per evitare rischi eccessivi. A tal fine il sistema finanziario va analizzato su una scala globale, sistemica. Un ruolo centrale è svolto dalla struttura delle interazioni tra agenti finanziari e dalla diversità delle specie presenti nell’ecosistema finanziario.
In un sistema complesso la dinamica della rete delle relazioni è cruciale per capire le sue proprietà di stabilità e la sua capacità di recupero dopo uno shock. Per esempio analizzando le relazioni di credito tra istituzioni finanziarie si scopre come non si possa permettere il fallimento di alcuni intermediari, perché troppo esposti o troppo connessi con gli altri.
La diversità "ecologica" degli investitori, infine, e l’esistenza di più "specie finanziarie" assicurano l’efficienza informativa dei mercati e rappresentano un argine all’instaurarsi di pericolose sincronizzazioni tra strategie che potrebbero portare il sistema fatalmente lontano dall’equilibrio. Ad esempio, la progressiva automazione dell’attività di trading sta modificando radicalmente l’ecologia dei mercati. Specialmente negli Stati Uniti, dove l’investimento in azioni è tradizionalmente più diffuso, ciò sta accelerando l’esodo degli investitori individuali dai mercati azionari. I piccoli risparmiatori sono sempre più spaventati e consapevoli di non poter competere con istituzioni e mercati che investono 300 milioni di dollari per posare un cavo transoceanico che riduce di 5 milionesimi di secondo il tempo necessario a trasmettere un ordine da Londra a New York.
Tutto ciò sta riducendo la biodiversità degli investitori e rendendo più fragile un mercato dove algoritmi simili hanno le stesse reazioni in situazioni di stress, come in parte osservato subito prima del Flash Crash quando i traders ad alta frequenza ritirarono liquidità dal mercato nel momento in cui era più necessaria. Secondo alcuni dobbiamo rassegnarci a un futuro in cui la finanza diverrà un mondo di algoritmi che processeranno l’informazione e prenderanno decisioni a velocità per noi irraggiungibili.
Altri invocano invece interventi che rallentino il processo di formazione del prezzo, rendendo la competizione tra i diversi agenti più equa e controbilanciando l’instaurarsi di asimmetrie tecnologiche che oggi possono essere persino più profittevoli di quelle informative. È indispensabile comprendere meglio questi fenomeni e adeguare la regolamentazione dei mercati, insomma occorre un ruolo attivo della politica.
Certamente dovremo smettere di considerare le instabilità come anomale e abituarci a convivere con esse e a controbilanciarle dinamicamente. E forse potremo consolarci con le parole di Montale: «Un imprevisto è la sola speranza. Ma dicono ch’è una stoltezza dirselo».
Fabrizio Lillo è docente di Matematica finanziaria
alla Scuola Normale superiore di Pisa
Stefano Marmi è docente di Sistemi dinamici
alla Scuola Normale superiore di Pisa