Giuditta Marvelli, Corriere della Sera 19/10/2012, 19 ottobre 2012
LA TOBIN TAX? PAGATA DAI RISPARMIATORI —
Una fiocina per la caccia agli squali o un piombino per pescare sempre le stesse triglie? Nelle intenzioni del suo creatore, l’economista premio Nobel James Tobin, la Tobin tax è un freno all’eccessiva speculazione. Che ai tempi di Tobin (anni Ottanta) si esprimeva sul fronte valutario e che oggi viaggia, con moltiplicatori di ricchezza difficili da quantificare, su quello dei prodotti derivati. Quegli strumenti che hanno pian piano costruito gli eccessi della crisi in cui ci dibattiamo adesso.
Ma la proposta di Tobin tax nazionale inserita nella legge di Stabilità — che anticipa un piano a livello europeo, in agenda per l’Ecofin di metà novembre — rischia di non imbrigliare nemmeno un po’ gli squali della speculazione e di mettere l’ennesimo piombino tra le branchie dei pesci piccoli.
Un altro bollo, insomma. Uno 0,05%, dice il testo, che si applicherebbe alle compravendite azionarie in capo a residenti italiani, colpendo quindi quelli che in gergo si chiamano high frequency trader, i compratori abituali di titoli, vale a dire le banche e gli investitori istituzionali (fondi comuni, fondi pensione, tesorerie delle imprese) e, a cascata, gli utilizzatori dei loro servizi. I piccoli risparmiatori con una quota di azioni in portafoglio che, si suppone, facciano ogni tanto un po’ di movimento e di manutenzione dei titoli nel cassetto. Il bollo si abbatterebbe poi in maniera molto diretta sui piccoli trader, quelli che comprano e vendono in proprio con il computer azioni e future, la parte più aggressiva e smaliziata di quei due milioni di italiani che hanno investito in capitale di rischio negli ultimi cinque anni.
Il meccanismo descritto dal provvedimento in discussione aggiunge quindi una terza, piccola, ma pur sempre tassa agli investimenti di tipo azionario: la prima è l’aliquota del 20% sul capital gain e dividendi (oggi solo i titoli di Stato pagano ancora il 12,5%), la seconda è la «patrimonialina» dell’un per mille, 1,5 per mille dal 2013. Difficile però immaginare che questa nuova imposta possa sul serio svolgere funzioni diverse da quella di portare un miliardo di gettito nelle casse dello Stato. Una stima di incasso fatta già calcolando che l’introduzione del bollo ridurrà del 30% le transazioni azionarie e dell’80% quelle sui derivati.
Un contributo alla lotta agli eccessi speculativi o un depotenziamento, per ora unilaterale, del nostro mercato? Le perplessità sono notevoli. L’ultimo richiamo alla necessità di varare una Tobin tax di respiro europeo se non addirittura globale, pena l’impossibilità di avere «ragionevoli possibilità di successo» è stato ieri quello del presidente della Consob Giuseppe Vegas.
La partita è ancora aperta. La discussione accesa. Una Tobin tax che presenta il conto agli speculatori globali piacerebbe a tutti. Ma questo sembra davvero solo un altro bollo.
Giuditta Marvelli