Alessandra Bonomolo, l’Espresso 25/10/2012, 25 ottobre 2012
PETROLIO LA FINE NON È VICINA
Per anni, gli esperti ci hanno detto che il petrolio stava per finire e che non c’era scampo per un Occidente vorace di energia. Ma secondo un think-tank inglese, il Royal Institute of International Affairs Chatham House, il futuro per l’industria di gas e petrolio è cambiato e le sfide sono altre. Nel giro di vent’anni, le multinazionali petrolifere potrebbero scomparire, se non ripensano ai loro modelli di crescita, ormai superati.
Per più di cento anni, la produzione ha continuato a crescere in volume. Adesso, non è più così: a causa del prezzo del petrolio, dal 2005 stabilmente alto, e delle innovazioni nei trasporti con veicoli dai consumi più efficienti, ora la crescita dipenderà dagli investimenti tecnologici che le aziende saranno in grado di fare, e nella creazione di nuove riserve. Ma le multinazionali del petrolio sono restie ad adottare nuove tecnologie: sono il doppio più lente della medicina. Nel frattempo, il loro spazio è stato eroso dalle più aggressive industrie petrolifere statali (dall’Arabia Saudita al gigante russo Rosneff) che detengono circa il 90 per cento delle riserve di petrolio. Se lo spettro di rimanere a secco è allontanato (dagli anni Ottanta le riserve sono più che raddoppiate e la domanda si è invece stabilizzata), quel che preoccupa maggiormente gli esperti, è come queste risorse possano essere convertite in riserve per una produzione potenziale.