Alessandra Viola, l’Espresso 25/10/2012, 25 ottobre 2012
VIENI, C’È UN COMPUTER NEL BOSCO [
Connettere tutte le piante in Rete. Per capire cosa "dicono". E quindi intervenire in caso di problemi. Ecco come funzionerà] –
Computer dotati di radici, centraline ambientali in cui scorre la linfa, robot guidati da una pianta, impianti vegetali per la depurazione, la bonifica dei terreni o la desalinizzazione dell’acqua. La tecnologia sempre più spesso si rivolge al mondo vegetale in cerca della soluzione ai nostri problemi, con esiti sorprendenti.
Provate a pensare per esempio a un intero bosco messo in Rete o agli alberi di una città che si scambiano informazioni sulla qualità dell’aria, segnalando anche eventuali pericoli ambientali magari via sms. Forse un giorno sarà parte della nostra vita quotidiana. Un giorno che potrebbe non essere poi così remoto, visto che l’Unione europea ha finanziato l’idea con un milione e mezzo di euro a valere sui Fet Open (la misura riservata alle Future Emerging Technologies, le più innovative e promettenti idee tecnologiche sfornate dai centri di ricerca europei). Tre anni di tempo per costruire - questo prevede il progetto - una scatoletta da attaccare agli alberi per trasformarli ognuno in una centralina ambientale e creare una rete di biosensori vegetali collegati a Internet, che possano immettere in Rete i valori delle decine di diversi parametri ambientali (dalla temperatura all’umidità, dalla luce al vento) continuamente rilevati dalle piante per la loro stessa sopravvivenza.
Una Rete vivente, per controllare in tempo reale la qualità dell’aria, prevenire disastri ambientali, verificare i livelli di inquinamento e (soprattutto) interfacciarsi con i sistemi di comunicazione umana. «Abbiamo iniziato lo scorso maggio e in questa fase stiamo raccogliendo un database di tutti i segnali che le piante emettono in funzione di particolari stimoli», dice Stefano Mancuso, direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale dell’università di Firenze (Linv) che è capofila del progetto cui partecipano anche l’Università di Southampton, il London Center for Mathematical Science, lo spin off universitario romano Wlab e l’azienda spagnola Advantic sistemas y servicios. «L’obiettivo è quello di arrivare alla produzione di un prototipo di dispositivo elettronico che costi meno di dieci euro e consenta di collegare virtualmente ogni albero alla rete Internet, trasformandolo in una centralina ambientale. Sarà una semplice scatoletta, dotata di un chip con algoritmi in grado di decifrare i segnali che le piante producono e si scambiano continuamente. Per ora stiamo riproducendo in laboratorio alcune situazioni di stress per le piante, come l’esposizione a sbalzi di temperatura oppure a gas inquinanti e stiamo registrando le loro risposte elettriche. Quando avremo raccolto un congruo database trasferiremo i dati ai nostri partner, che lavoreranno per decodificarli. In pratica, stiamo tentando di tradurre una lingua ignota e abbiamo iniziato a raccogliere alcune parole associandole a dei significati. Altri poi ci aiuteranno nel lavoro di traduzione matematica di queste informazioni».
Il lavoro di codifica è ovviamente enorme, e come se non bastasse si basa su un’incognita: ovvero sull’ipotesi che la "lingua" vegetale sia ricca di parole e non sia invece limitata a tre-quattro espressioni multiuso. Cosa accadrebbe se le piante "dicessero" sempre le stesse cose o "dicessero" cose non utili? «Questo rischio esiste: ci muoviamo in un settore completamente inesplorato», ammette Mancuso. «Le piante in effetti potrebbero anche scambiarsi un numero ristretto di informazioni. Consideriamo però che se riuscissero a "dirci" almeno quattro cose come "ambiente buono", "ambiente medio", "ambiente cattivo" e "pericolo" sarebbe già un grande successo. Non solo ci aiuterebbero a tenere sotto controllo l’aria ma potrebbero avvisarci dell’arrivo di una valanga, di una nube tossica o darci informazioni su un terremoto».
Ai nostri giorni il monitoraggio continuo della qualità dell’aria è considerato un tema di importanza cruciale per la salute e la sicurezza delle persone: «L’Organizzazione mondiale della sanità ha stimato che l’inquinamento dell’aria nelle città causi circa 1,3 milioni di morti ogni anno», continua Mancuso, «che potrebbero essere ridotti del 15 per cento abbassando la quantità di PM10 da 70 a 20 microgrammi per metro cubo. Con le tecnologie di cui disponiamo un simile monitoraggio dell’aria è impossibile, ma secondo alcune stime in Italia gli alberi sono più di 12 miliardi: metterli in Rete ci consentirebbe di raggiungere grandi risultati a costi contenuti».
I settori in cui il mondo vegetale ci viene (e ci verrà sempre più) in soccorso sono anche molti altri e i dispositivi di ispirazione vegetale si moltiplicano rapidamente: dal robot plantoide, che nel suo funzionamento si ispira a una pianta, fino ai supercalcolatori vegetali che sfruttano le micro-capacità di calcolo proprie di ogni radice; fino agli impianti per la depurazione o la desalinizzazione dell’acqua che funzionano grazie ad alcune innate capacità naturali potenziate dalla tecnologia.
In questo settore, l’ultima futuristica proposta arriva dalla Francia: «Il Freshwater Factory Skyscraper è un grattacielo di serre di mangrovie in grado di desalinizzare l’acqua», spiega Nicolas Chausson dello studio di architettura francese DCA, ideatore del progetto. «La nostra proposta è quella di costruirlo nella regione di Almeria, in Spagna, che è un sito densamente coltivato e sempre in debito di acqua per l’irrigazione. Oggi l’agricoltura è responsabile del consumo di oltre il 70 per cento dell’acqua potabile mondiale. La nostra proposta è un edificio totalmente nuovo basato su una tecnologia semplice e del tutto ecocompatibile, che fa leva sulla capacità degli alberi di mangrovie di tollerare acque con elevata salinità trasudando in seguito acqua dolce».
Il progetto prevede la costruzione di sfere-serra sovrapposte e trasparenti, simili a grandi bolle di sapone impilate, contenenti ognuna un albero. «Il nostro impianto funziona in modo semplice», continua Chausson: «Il sale che la mangrovia assorbe dalle radici viene allontanato mediante la linfa e depositato nelle foglie più vecchie, che poi si staccano dall’albero, mentre le foglie più giovani trasudano acqua dolce che evapora all’interno delle serre sferiche. Di notte, a causa dell’escursione termica, il vapore acqueo si condensa e si accumula sulla parete sferica della serra: l’acqua dolce confluisce quindi in serbatoi di raccolta posti al di sotto delle vasche d’acqua salmastra e da lì per semplice caduta gravitazionale viene distribuita ai terreni da irrigare. Una "freshwarter factory" (fabbrica di acqua fresca) occupa circa un ettaro e secondo i nostri calcoli dovrebbe produrre circa 30 mila litri di acqua dolce al giorno».
Non ci sono però solo i grandi progetti più o meno futuristici: le piante ispirano anche decine di nuovi e divertenti dispositivi. Con un centinaio di euro, per esempio, potete consentire ai gerani in terrazzo di telefonarvi se hanno bisogno di acqua, di mandare un sms o addirittura di collegarsi a Internet per scrivere un tweet. Grazie a dispositivi come quelli creati da Botanicalls, Koubachi e da altre decine di società in tutto il mondo (vedi box), le piante stanno finalmente recuperando il loro ruolo di esseri sensibili, intelligenti e comunicativi. Un ruolo che la natura gli aveva già assegnato, ma del quale noi non ci eravamo mai accorti.