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 2012  ottobre 25 Giovedì calendario

LA STAMINALE TI FA BELLA [

Cellule vegetali. Antiossidanti e antinfiammatorie. Che mascherano i segni del tempo. È il nuovo Eldorado dell’antiage] –
Staminali da Nobel. E, nel suo piccolo, anche la cosmesi ne approfitta. Con l’utilizzo di staminali vegetali, da frutti e fiori, per le loro virtù antiossidanti e antinfiammatorie. Diciamolo subito: le staminali della cosmetica in comune con quelle che porteranno Shinya Yamanaka e John Gurdon a ritirare il Premio Nobel per la medicina 2012 hanno solo il nome. In cosmesi si usano le staminali vegetali per migliorare i marker dell’invecchiamento perché sembrano capaci di stimolare la manutenzione fisiologica della pelle.
Le staminali cutanee vivono in un ambiente particolare, una nicchia protettiva situata nello strato più interno dell’epidermide. Sono proprio loro che, pur rappresentando solo l’1 per cento delle cellule dello strato basale, rinnovano costantemente i tessuti o, in caso di danno grave, si attivano per ripararli. Il loro microambiente è però suscettibile all’invecchiamento genetico e ambientale. Ma oggi i cosmetologi sono convinti che le staminali dell’epidermide, per lo più dormienti, possono essere "risvegliate" grazie a molecole di origine biotecnologica (peptidi biomimetici capaci d’indurre specifiche risposte cellulari), inserite nelle creme di ultima generazione.
Resta però il cuore dell’invecchiamento, la parte più profonda della pelle: come agiscono le staminali nel derma, la zona off-limits delle creme, quindi anche il territorio più ambito? Su questo si è concentrata la ricerca dei laboratori l’Oréal, che ha svelato le sue scoperte durante il meeting dell’European Society for Dermatological Research, a Venezia lo scorso settembre. «Nel 2001 abbiamo cominciato a lavorare con le staminali cutanee, creando un laboratorio a Parigi che ne studiasse le peculiarità», racconta Veronique Delvigne, direttore scientifico di Lancôme: «Dalle ricerche è emerso un diverso comportamento delle staminali di epidermide e derma. Durante l’invecchiamento le prime, più superficiali, rimangono costanti nel numero, mentre diminuisce la loro capacità di rinnovamento. Che sappiamo essere influenzata dai mediatori delle reazioni chimiche. Le staminali dermiche, posizionate per lo più alla base del follicolo pilifero, invece, diminuiscono di numero, pur mantenendo invariata la loro funzionalità».
Studi nel campo delle malattie neurodegenerative hanno già indicato che nel derma particolari staminali, in grado di generare cellule di pelle, grasso, nervi e muscoli, sono raccolte in gruppetti sferici che rimangono in sospensione nel mezzo di coltura. «Una ricerca pubblicata su "Stem Cells" nel 2009, condotta su 102 persone, dimostra che in vitro le colonie di staminali dermiche, le "dermosfere", provenienti da donatori anziani sono più piccole e meno numerose rispetto a quelle dei soggetti giovani», riferisce Delvigne. L’obiettivo della cosmesi è allora quello di innescare dei meccanismi cellulari che possano rimettere in circolo un numero di dermosfere capaci di restituire tono alla pelle. E gli sforzi dei ricercatori hanno rivelato che le staminali, stimolate da fattori di crescita ad hoc, possono andare incontro a divisioni simmetriche e aumentare in numero. Come, al contempo, produrre molecole sfruttabili da cellule in difficoltà.
È presto per dire se le staminali vegetali sono il nuovo Graal. Innanzitutto perché è difficile isolarle e marcarle, poiché sono poche e ben mimetizzate. Poi, perché poterle manipolare è molto complicato, richiede terreni di coltura particolari e necessita di molto lavoro da parte di esperti biotecnologi. Il metodo di estrazione dei laboratori l’Oréal prevede di mettere i vegetali in coltura, dall’espianto vegetale si forma una struttura con cellule immature, che ridiventano potenzialmente capaci di generare un’intera pianta, perdendo le specificità di cellula di foglia, radice o petalo. Questo processo (chiamato dedifferenziazione) permette di sfruttare appieno il vegetale, perché in questo stadio le cellule modulano vari fattori di crescita. Dopodiché vengono messe in sospensione, quindi moltiplicate all’infinito, grazie a un procedimento biotecnologico. Una gestazione di 10 giorni, in condizioni sterili e controllate costantemente dai ricercatori, che consente di far crescere e conservare intatte le potenzialità delle cellule».
Alla fine, quasi due milioni di staminali della rosa finiscono nel vasetto di Absolue L’Extrait. L’obiettivo è quello di stimolare il rinnovamento della pelle. «In superficie, grazie all’azione di Pro-Xylane, molecola che rinforza l’ambiente delle staminali dell’epidermide, come dimostrano studi su cute ricostruita. Ma anche in profondità, in cui la capacità di auto-rinnovamento delle staminali dermiche si traduce in vitro nell’aumento (63 per cento) del numero di dermosfere, dopo 10 giorni di coltura in presenza dell’attivo. Non conosciamo il meccanismo d’azione. Attualmente stiamo studiando se possa essere legato alla membrana che riveste la cellula o a specifici recettori», svela Delvigne. Attendiamo, dunque. D’altra parte, la ricerca si prende sempre i suoi tempi per trovare le risposte.
FOGLIETTI DA TRAPIANTARE
Protagoniste del congresso della European Society for dermatological Research (Esdr) di Venezia le cellule staminali della pelle sono al centro di molte innovazioni in dermatologia. Che non riguardano più soltanto la possibilità di poterle utilizzare in fogli contro ulcere e ustioni. Come spiega Carlo Pincelli dell’Università di Modena e Reggio Emilia, uno degli organizzatori dell’incontro veneziano: «nelle patologie della pelle, come per esempio l’epidermolisi bollosa, che originano da un difetto genetico, le staminali prelevate dal tessuto malato vengono corrette a livello molecolare, trapiantando al loro interno un gene sano, che andrà a produrre la proteina mancante utile a curare la patologia». Così come accade per la terapia delle ustioni e delle ulcere, anche per il trattamento della vitiligine si possono trapiantare “foglietti” derivati da colture di cellule della pelle arricchite di staminali; va detto, però che in questo caso i risultati estetici sono ancora insoddisfacenti.
NEL NOME DELLA ROSA
Dall’acqua di rose alle sue staminali: l’estratto della “regina dei fiori” è uno dei più utilizzati in cosmetica. Che lo usa per calmare le irritazioni, per le proprietà vasocostrittrici, utili in caso di pelle sensibile. Ma anche per tonificare la pelle, in virtù dell’azione astringente, e incentivare la cicatrizzazione. Dai petali della rosa centifoglia si ricava l’acqua e dallo lo strato ceroso che li protegge la cera, apprezzata per formulare creme ed emulsioni. L’olio di rosa mosqueta, ricco di acidi grassi polinsaturi e acido retinico (derivato della vitamina A), è invece consigliato nella prevenzione del fotoinvecchiamento. Protagonista nei laboratori l’Oréal è la rosa Absolue, emblema di Lancôme, nata nel 1973 a opera del floricoltore francese Georges Delbard. «Frutto d’interventi di ibridazione, che hanno permesso la creazione di 20 mila roseti sottoposti a rigorosa selezione, ha una rosa magenta come “padre” e una malva come “madre”. A dire il vero, Absolue è stata scelta per la sua bellezza, corposità e il vibrante color fucsia, ma anche per la vivacità e resistenza, con elevate capacità di adattamento», afferma Arnaud Delbard, che continua l’attività del nonno a Malicorne, nella regione dei Castelli della Loira. La terza generazione dei Delbard oggi incrocia rose e dalie, come pure vari tipi di frutti, utilizzando la biologia molecolare per migliorare la resistenza e velocizzare i tempi per l’innesto perfetto.