Giacomo Leso, l’Espresso 25/10/2012, 25 ottobre 2012
CACCIA AL CLOCHARD [ A
Parigi i barboni sono cinquemila. E spesso subiscono violenze e aggressioni. Magari solo per un tragico gioco] –
Il giorno sette del mese è il giorno più bello, ma la notte del sette è la più pericolosa. È in quella notte che sulle panchine dei parchi, sotto i portici della Place de Vosges o sotto il Pont des Arts sulla Senna, a Parigi, le aggressioni sono più temute. Quella notte circolano più soldi perché i clochard, termine che in francese suona spregiativo, hanno appena ricevuto l’assegno sociale di 475 euro. E sono bersagli facili. Troppo facili. Per le bande di estremisti e teppisti che vogliono «dare una lezione» a chi campa «sulle spalle della comunità» rubando loro quel magro mensile. O per i rampolli di una borghesia che vuole semplicemente "divertirsi" dopo una notte in discoteca dando la caccia agli "sdf", acronimo che sta per "senza domicilio fisso". Ce ne sono cinquemila nella sola Ville Lumière che ogni notte cercano un giaciglio dove potersi coricare. «Spesso», commenta Jean-François Molas, comandante dei 67 poliziotti della Bapsa, la brigata di assistenza ai senza casa, «litigano anche tra di loro, a causa dell’alcol. Si aggrediscono con coltelli quando si devono contendere un rifugio migliore. Se si tratta di rom, spesso sono battaglie tra clan dove il più forte vuole sopraffarre il più debole». E Parigi, stando alle statistiche, è non solo la capitale, ma anche lo specchio fedele di un Paese dove, dall’inizio dell’anno sono morti almeno 274 clochard. In tre casi su quattro si tratta di omicidi, oppure delitti truccati da suicidi. Non si contano le violenze sessuali sulle donne che finiscono in tragedia. Mentre, per il resto, contribuisce l’uso eccessivo di alcol. Secondo Cécile Rocca, coordinatrice del Collettivo dei morti della strada, il fenomeno, dall’inizio della crisi economica, ha assunto le dimensioni di una guerra strisciante: «A noi risultano almeno 400 morti l’anno e i nostri dati sono parziali. Si tratta soprattutto di uomini tra i 46 e i 52 anni. Sono persone che hanno sofferto molto e dalle quali avremmo molto da imparare».
Di solito meritano solo poche righe in cronaca. Ma spesso la notizia resta rinchiusa nel passaparola del circuito degli esclusi. Raramente le vittime hanno un nome. Ma si sa, ad esempio, di quel Giuseppe Belvédère più volte aggredito nella sua auto, parcheggiata in una viuzza del famoso Marais, da quando lo hanno cacciato di casa perché curava i piccioni. E non serve formare il "115", il numero d’emergenza per i senzatetto. Non risponde quasi mai nessuno e i posti disponibili sono talmente pochi che solo uno su tre, tra chi si rivolgono al "pubblico", riescono a trovare un letto. Tra coloro che si devono arrangiare con una coperta sulla griglia dell’aria calda o in una stazione del metrò c’è Kamel, 25 anni, nato in banlieue, muratore in nero quando va bene, disoccupato per la maggior parte del tempo. Da un anno vive «à la rue», per strada: «Se almeno ci fosse un po’ di lavoro potremmo arrangiarci, ma oggi chi è in grado di darti un lavoro in Francia?». Non è, come la maggior parte, un clochard per sfizio romantico, ma uno respinto ai margini dalla crisi. E ci guida in questa Parigi invisibile e sconosciuta ai turisti. Sulla Place des Invalides c’è la coda per accaparrarsi la "zuppa popolare". Accanto, cinque ragazzi che avranno vent’anni seguono una partita di calcio su un minischermo. Kamel commenta: «È uno dei rari bei momenti della rue, quando si condivide un evento con qualcuno. Spesso ci tocca invece indifferenza, disgusto e violenza gratuita». Nonostante questo non vuole rassegnarsi a chiedere asilo negli alloggi del comune: «Di posti ce ne sono pochi e nei centri nessuno ci vuole andare. C’è troppa gente, si prendono i pidocchi, tutti rubano a tutti e al mattino ti cacciano invitandoti a fare le pratiche». Il che significa «ore e ore di coda tra un ufficio e l’altro, guardato male dagli impiegati finché finalmente ottieni la carta che ti dà il diritto di mangiare e lavarti nei centri convenzionati e con l’acqua razionata».
Quella dei "senza domicilio fisso" è una delle emergenze che deve affrontare il nuovo presidente socialista François Hollande. Nel Paese le persone considerate povere sono 8,6 milioni. Il governo ha messo in agenda una Conferenza sulla povertà per il 12 e il 13 novembre prossimi. Obiettivo: stendere un piano quinquennale di lotta all’esclusione. Hollande ha già varato una riforma, passata pressoché inosservata ma dal forte valore simbolico: ha cancellato la tassa di 30 euro, voluta dal predecessore Sarkozy, per concedere l’accesso alla sanità agli estremamente poveri. Categoria nella quale rischiano di precipitare anche quei 6,8 milioni di cittadini definiti "classe media inferiore", che con la crisi non ce la fanno più. Hanno un reddito inferiore ai 900 euro ma superiore ai 475 del reddito di solidarietà attiva (Rsa), l’assegno sociale insomma. Tutte le 5.100 associazioni solidali di Francia (fra cui Secours Populaire, Emmaus, Croix Rouge, i Restos du Coeur fondati dal celebre comico d’origine italiana Coluche, l’Armée du Salut) registrano un aumento delle persone che si rivolgono a loro per avere aiuto. Grazie al contributo delle 97 banche alimentari del Paese distribuiscono l’equivalente di 178 milioni di pasti. Spiega Claire, una delle responsabili di Restos du Coeur: «Nei luoghi di distribuzione di pasti caldi si presentano sempre più spesso anche lavoratori poveri francesi, o famiglie che non arrivano alla fine del mese. Si aggiungono ai cittadini dell’Est e del Sud Europa, rom, bulgari, polacchi, greci e spagnoli. Da gennaio 2012 siamo a più 13 per cento». Tutti potenziali futuri clochard se dovessero entrare in una spirale ormai nota: perdita del lavoro, affitti non pagati, sfratto, alcolismo, approdo nelle associazioni di protezione dell’alloggio tramite procedura giudiziaria, fine del percorso "à la rue". Secondo le statistiche coloro che vivono per strada sono 200 mila in tutta la Francia. Molti di più, almeno 685 mila, stando alle cifre che fornisce la Fondation Abbé Pierre, una costola di Emmaus. Fra questi i cinquemila di Parigi sono in crescita nonostante gli oltre 3 miliardi di bilancio che dal 2008 il Comune del sindaco socialista Bertrand Delanöe riserva alla lotta alla povertà e alla costruzione di seimila alloggi sociali l’anno.
Chi a livello governativo si occupa del problema alloggi è il ministro all’Adeguamento dei territori Cécile Duflot, 37 anni, urbanista, già segretario dei Verdi e di Europe Ecologie. La sua prima legge, che punta a indicizzare gli affitti all’aumento dei prezzi al consumo, è in vigore da un paio di mesi ma non ha ancora avuto nessun effetto e i prezzi sono rimasti alle stelle: 30 euro al metro quadrato in media a Parigi, molto di più se si tratta di un monolocale. La sua seconda legge prevede il rilancio del settore immobiliare con tanto di cessione a basso costo a Regioni, Province e Comuni, di terreni statali lottizzabili. «Nel caso siano destinati ad alloggi popolari, la cessione sarà gratuita», spiegano al ministero. «I promotori otterranno terreni meno costosi e, in cambio di riduzioni fiscali, si impegneranno a vendere i nuovi alloggi con il 20 per cento di sconto sui prezzi di mercato».
Rilanciare l’edilizia costruendo 150 mila alloggi l’anno è una delle promesse della campagna elettorale di Hollande. L’operazione Duflot favorirà il ritorno all’impiego di muratori, elettricisti, falegnami e idraulici. E punta a rassicurare quel francese su due che, stando ai sondaggi, teme di scivolare in una "rue" già troppo affollata.