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 2012  ottobre 25 Giovedì calendario

MISTERI DI CASA FINI [ I

documenti della compagna del presidente. E un’altra società del cognato. Le carte del re delle slot riaprono il giallo di Montecarlo] –
Il passaporto di Elisabetta Tulliani, la compagna di Gianfranco Fini, spedito all’estero per fax dal re dei giochi d’azzardo. Un conto bancario aperto in un paradiso fiscale dei Caraibi, sull’isola di Saint Lucia, a nome del fratello di lei, Giancarlo. Una società offshore, creata per fare investimenti immobiliari, che ha per effettivo proprietario lo stesso Giancarlo Tulliani. Ed è rappresentata dal medesimo fiduciario che ha curato la compravendita della famosa casa di Montecarlo.
Una cartella di documenti inediti riapre il giallo dell’appartamento nel Principato di Monaco che due anni fa, nei mesi della rottura tra Fini e l’allora premier Silvio Berlusconi, aveva portato ad evocare le dimissioni del presidente della Camera. Si tratta di carte spuntate a sorpresa nell’abitazione di Francesco Corallo, titolare del gruppo Atlantis World (ora Betplus), che in pochi anni è diventato un colosso delle slot-machine e delle scommesse legali, grazie alle licenze concesse dai Monopoli di Stato. I documenti sono stati sequestrati durante le indagini sui finanziamenti concessi dalla Banca Popolare di Milano alle società di Corallo, che ora è latitante all’estero, inseguito da un ordine di arresto per corruzione.
Tutto nasce da una perquisizione eseguita il 10 novembre 2011. Quel mattino i militari del nucleo di Milano della Guardia di Finanza si presentano nell’abitazione romana di Corallo, in piazza di Spagna. Sulla porta trovano una targa, "Residenza Ambasciatore di Dominica": una presunta immunità diplomatica che l’imprenditore rivendica nel tentativo di bloccare la perquisizione. Dopo un po’ arriva un deputato del Pdl, Amedeo Laboccetta, che entra nell’appartamento senza proferire parola. Quando finalmente i finanzieri riescono a varcare la soglia, individuano - fra l’altro - un computer portatile che Corallo in un primo momento definisce di proprietà della segretaria. Dopo un lungo tiramolla, il colpo di scena: Laboccetta dice che il pc è suo e, in virtù della carica parlamentare, se lo porta via.
Della rocambolesca perquisizione e delle sue conseguenze, che sono costate a Laboccetta un avviso di garanzia per favoreggiamento, si occuperanno a lungo le cronache. Ma finora non si era mai saputo che in quel palazzo romano la Finanza ha sequestrato anche una serie di documenti che testimoniano l’esistenza di stretti legami fra il proprietario del gruppo Atlantis e i fratelli Tulliani. Ci sono le copie dei passaporti di Elisabetta e Giancarlo. E c’è un modulo di registrazione per l’apertura di un conto in una banca di Saint Lucia, intestato a una società immobiliare chiamata Jayden Holding, di cui Giancarlo Tulliani viene definito «beneficial owner». Ovvero, l’effettivo beneficiario dei titoli della società.
Cosa se ne faceva, di questi documenti, un personaggio come Corallo, diventato miliardario con i giochi di Stato? L’interrogativo è inquietante, non solo perché il titolare del gruppo Atlantis è accusato di aver corrotto un banchiere del livello di Massimo Ponzellini, all’epoca presidente di Bpm, ma anche perché Francesco è figlio di Gaetano Corallo, che è stato condannato a sette anni e mezzo di reclusione come complice di un’associazione per delinquere creata negli anni Ottanta per impadronirsi dei più importanti casinò italiani: la storica scalata mafiosa manovrata da Nitto Santapaola. Per una volta, in una vicenda dove sono circolate troppe versioni false o dubbie, sono i verbali della Guardia di Finanza a dare una risposta certa a questa domanda.
Nei primi mesi del 2008, le copie dei passaporti dei Tulliani e il modulo bancario per il conto offshore sono stati inviati via fax dagli uffici di Roma di Corallo allo studio di Montecarlo di James Walfenzao: esattamente lo stesso fiduciario che rappresentava il compratore (rimasto anonimo) dell’appartamento di Boulevard Princess Charlotte, dove viveva in affitto Giancarlo Tulliani.
Walfenzao è anche il rappresentante legale del Francesco Corallo Trust, una delle entità estere che compongono un gruppo articolato fra Italia, Gran Bretagna e St. Marteen, nelle Antille olandesi, dove l’imprenditore risulta residente e possiede alcuni casinò. Per gli investigatori che indagano sulla struttura offshore di Atlantis, è un nuovo dato da trasmettere al pm Roberto Pellicano, che indaga sui prestiti plurimilionari concessi a Corallo dalla Bpm. Per i fratelli Tulliani, invece, è un nuovo capitolo di un giallo che si lega alla vicenda di Montecarlo.
Stando ai documenti rinvenuti, Tulliani si appoggia a Corallo per costruire un’operazione immobiliare con la Jayden Holding. Questa società risulta costituita a Saint Lucia il 15 gennaio 2008 e, come informa il modulo per l’apertura del conto (firmato dal fratello di Elisabetta e inviato da Corallo a Walfenzao l’11 aprile dello stesso anno), ha come business proprio le «compravendite immobiliari». Prima e dopo quella data, si collocano gli altri due fax trasmessi allo stesso fiduciario offshore: il passaporto di Giancarlo gli arriva il 13 marzo, quello di Elisabetta il 19 giugno.
Cosa abbia fatto la Jayden nel corso della sua esistenza, le carte trovate a Roma non lo dicono: in un paradiso societario come Saint Lucia si va proprio per evitare sguardi indiscreti. L’unica notizia pubblica è la liquidazione della Jayden, annunciata sulla gazzetta ufficiale del piccolo Stato caraibico il 17 maggio 2011, quando le polemiche sulla casa di Montecarlo avevano ormai acceso i riflettori sui Tulliani. Il nome del liquidatore è interessante: Cathy Walfenzao, che ha lo stesso cognome e l’ufficio a Montecarlo allo stesso indirizzo di James.
L’immobile di Montecarlo che nel 2010 finì al centro del caso Fini-Tulliani, va ricordato, fu acquistato da una società offshore diversa dalla Jayden. Quella casa, che una nobile romana aveva lasciato in eredità ad Alleanza nazionale, fu infatti venduta in data 11 luglio 2008, con l’autorizzazione del presidente Fini, alla società Printemps, che il successivo 15 ottobre l’ha rivenduta a un’altra offshore, chiamata Timara. Ed è quest’ultima che il 30 gennaio 2009 l’ha data in affitto a Giancarlo Tulliani. Ma tra i fax di Corallo e le due società della casa di Montecarlo ci sono coincidenze e sovrapposizioni davvero singolari. Come aveva chiarito lo stesso Gianfranco Fini, nel video diffuso per rispondere agli attacchi dei berlusconiani, la società acquirente della casa di Montecarlo, cioè la Printemps, gli fu indicata dal fratello della compagna. E a firmare il contratto con il tesoriere di An si è presentato James Walfenzao, che della Printemps è uno dei due fiduciari. «Solo dopo la vendita ho saputo che in quella casa viveva Tulliani. Il fatto mi ha provocato un’arrabbiatura a dir poco colossale, anche se egli mi ha detto che pagava un regolare contratto d’affitto e che aveva sostenuto le spese di ristrutturazione», ha spiegato Fini. Il presidente della Camera, rivendicando di non aver compiuto alcun illecito, nel video sembrava quasi mettere le mani avanti: «Anch’io mi chiedo chi è il vero proprietario della casa di Montecarlo. È Giancarlo Tulliani come tanti pensano? Non lo so. Glielo ho chiesto con insistenza, egli ha sempre negato con forza, pubblicamente e in privato. Restano i dubbi? Certamente, anche in me».
Sulla legittimità della vendita, la magistratura ha dato pienamente ragione a Fini. L’eredità della contessa era diventata un bene privato di un partito, che ne poteva disporre come meglio preferiva. L’inchiesta lascia aperto solo un dubbio sul prezzo: l’appartamento fu venduto a 300 mila euro, un valore inferiore alla stima ottenuta dal pm romano Pierfilippo Laviani, che lo fissava in 819 mila euro «prima dei necessari lavori di restauro completo». Di qui l’archiviazione: nessun reato.
Detto questo, i documenti sequestrati a Corallo aprono altri interrogativi. Una questione delicatissima è quella dei rapporti fra il re delle slot e i politici dell’ex An. Tra questi spicca Francesco Proietti Cosimi, che è stato segretario particolare e per anni uno dei più stretti collaboratori di Fini, seguendolo da deputato anche dopo la nascita di Futuro e Libertà. Ebbene, tra le carte dell’imprenditore dei casinò è stata ritrovata una lettera di raccomandazione, firmata il 25 marzo 2009 da Proietti Cosimi, che certifica di aver avuto «la buona fortuna di incontrare Francesco Corallo circa 20 anni fa». «La sua integrità e onestà dovrebbero essere un esempio per tutti noi», si sbilancia l’onorevole nella missiva, scritta in inglese.
Un altro politico, proprio Amedeo Laboccetta, è stato addirittura un manager di Atlantis ancor prima di entrare in Parlamento. Laboccetta nel 2004 venne fotografato con Fini in un ristorante di Corallo nell’isola caraibica di St. Marteen. Ma nel 2008 si è schierato con il Pdl, dove milita tuttora. In questi anni è stato uno dei grandi lobbisti di Atlantis. L’inchiesta Bpm documenta colloqui telefonici tra i due deputati, Proietti e Laboccetta, e Corallo anche dopo le tormentate perquisizioni. Ma i nuovi documenti possono dare luce diversa ad altre questioni irrisolte. Perché Laboccetta ha sottratto il pc di Corallo ai finanzieri, vedendosi poi accusare di averlo manomesso? E perché Giancarlo Tulliani aveva bisogno di una società a Saint Lucia, a 7.622 chilometri da Roma e a 7.218 da Montecarlo?