Michele Sasso e Francesca Sironi, l’Espresso 25/10/2012, 25 ottobre 2012
REGGIA, DOLCE REGGIA [
Decine di stanze lussuose riservate solo al governatore nel nuovo palazzo, in quello vecchio, a Roma e a Bruxelles. Come un vero re] –
La più suggestiva è la "Sala nera", in un palazzo seicentesco alle spalle del quartiere generale dei Gesuiti, nel cuore di Roma. Non è una stanza di torture, ma il nome da feuilleton con cui l’amministrazione lombarda ha battezzato il locale riservato alle riunioni capitoline di Roberto Formigoni. Resta sempre chiusa, come la reception personale e i suoi uffici riservatissimi: tutto solo per lui, per accoglierlo nelle rare trasferte romane. La stessa atmosfera di mistero circonda tre piani dei due grattacieli milanesi della Regione, il vecchio e il nuovo, entrambi in funzione alla faccia della spending review. Sono livelli che gli ascensori dei visitatori e degli impiegati saltano, senza fermarsi: come se non esistessero. Perché sono dedicati soltanto a lui, al politico che da 17 anni amministra la Lombardia: altri ascensori e porte con ingressi protetti da codici, permettono di accedere ai suoi uffici e alla foresteria. Che lui ha raddoppiato: si è tenuto un piano del Pirellone e ne ha occupati altri due nel nuovissimo Palazzo Lombardia, che distano soltanto settecento metri l’uno dall’altro. Per non parlare poi della struttura di Bruxelles, sempre e solo per lui, l’uomo che per fede ha fatto voto di povertà e come amministratore si circonda di sfarzo.
Il trentesimo piano. Il suo ufficio nel Grattacielo Pirelli, disegno degli anni Sessanta di Giò Ponti, in realtà non è così vecchio: è stato ristrutturato completamente dopo lo schianto dell’aereo nel 2002. Il presidente si è tenuto tutto il trentesimo piano: uno spazio personale di 900 metri quadrati. Sotto di lui, al 27esimo, ci sono altri doppioni: gli uffici degli assessori regionali. Le luci sono spente, le porte chiuse, la reception abbandonata. Le stanze sono inutilizzate da tempo, perché gli assessori si sono trasferiti nella nuova sede. Formigoni invece ha voluto mantenere anche qui un avamposto. Sugli arredi, i servizi, le forniture, nessuno può dire una parola. L’economato del Consiglio Regionale infatti non ne sa nulla, perché al di sopra del venticinquesimo piano è territorio della Giunta. Per gli uffici del presidente è coperta da segreto anche la Tarsu, la tassa sui rifiuti, che si paga in base alla metratura: nessuno può avere numeri certi sulle stanze del governatore. «Le leggende non si contano. Anche perché quello rimasto al Pirellone è un vero e proprio appartamento privato, non un ufficio di rappresentanza. Ma vista la spesa per la nuova sede, penso che qui siano rimasti solo ambienti sobri», dice un dipendente sotto garanzia di anonimato. Eppure al governatore il lusso non dispiace. Nel rifacimento del 31esimo piano ha fatto costruire una struttura di vetro (chiamata "Pod", per la sua forma a fungo), che ospita una sala riunioni di 45 metri quadri, arredata con grande stile: sedie di design, un tavolo progettato da Cerri, una scultura di Fausto Melotti. Solo per sé Formigoni ha voluto una poltrona rivestita di cavallino disegnata da Giò Ponti per Frau nel 1966. Una sorta di trono, a uso esclusivo del Celeste.
Nel segno di Marilyn. Un divano e due poltrone ad angolo, un tavolino scolpito dall’artista albanese Helidon Xhixha e come sfondo il panorama di Milano, nebbia permettendo. È l’angolo preferito dal presidente per discutere con i suoi ospiti, e farsi fotografare, al 35esimo piano di Palazzo Lombardia. Nella nuova sede della Regione Formigoni ha a sua disposizione due piani, uniti da una scala interna. C’è una parte dedicata alla rappresentanza, che si può scorgere nelle immagini ufficiali, e una invece privatissima, dove si trova anche il letto matrimoniale richiesto dal governatore per le sue notti di lavoro. Come tutti i Memores Domini, la cerchia più devota di Cl, vive in comunità ed è obbligato a condividere tutto, invece nei suoi uffici di Palazzo Lombardia Formigoni ha voluto esagerare: un tavolo "direzionale" da 11.200 euro, due divani di ecopelle da 12 mila, una sala da pranzo in rovere, quattro poltrone "in vellutino accoppiato con resinato" e tappeti "fabbricati a mano con pelo corto e fitto di lino/lana", oltre a librerie, armadi, comodini. Nella sala dei ricevimenti ha anche in bella mostra il "Piccolo cavaliere" di Marino Marini, una scultura dal valore di 5 milioni di euro, «prestito di un amico» aveva detto il governatore in un’intervista. Formigoni, d’altronde, ha sempre sostenuto che la politica deve amare l’arte. E lui ne ha riempito il suo studio. Attaccato alla finestra, proprio al fianco della sua scrivania personale (quella a cui i giornalisti non possono arrivare), ha appeso un quadro di Mimmo Rotella, uno dei suoi artisti preferiti: è una Marilyn Monroe in posa sexy nel poster francese di "Quando la moglie è in vacanza". Una presenza scomoda, in teoria, per un uomo che si rifà alla castità.
Tutte le stanze del presidente. Formigoni deve aver bisogno di rimanere solo anche in missione. Non si spiegano altrimenti i suoi uffici personali e riservatissimi nelle sedi delle delegazioni lombarde di Roma e Bruxelles. Nella capitale europea il presidente ha l’ufficio più ampio di Casa della Lombardia, i due piani da 800 metri quadri comprati dalla giunta per 3 milioni e 750 mila euro in Place du champ de Mars. Non è che il governatore si veda spesso, ma l’ufficio lombardo è uno dei più grandi fra quelli delle nostre regioni, ed è considerato più lussuoso anche di quello della rappresentanza italiana presso la Ue. Non è da meno la sede romana: il seicentesco palazzo Maddaleni Capodiferro in via del Gesù a due passi da via del Corso e dal Pantheon. Agli uffici del presidente si arriva passando da una reception e da un lungo corridoio. Anche qui sedie di pelle nera e tavoli di cristallo, attaccapanni di design e colonne con stucchi da discoteca che cozzano con lo splendido soffitto a cassettoni dell’antica nobilità. A cosa serve una simile ambasciata capitolina? L’ha voluta Formigoni in nome della «modernità»: «Una struttura all’altezza del ruolo che la Lombardia è chiamata a svolgere». Era il 1999, l’alba di un’era di spese folli e palazzi dorati che ora si chiude nello scandalo.