Ugo Bertone, Libero 18/10/2012, 18 ottobre 2012
LO SPREAD FA MENO PAURA
[Eurocrisi addio ma continueremo a tirar la cinghia] –
Rotola, rotola lo spread. A sera la forbice tra i titoli di Stato tedeschi e i nostri Btp scende a quota 313, ai livelli di aprile. Sale, ora dopo ora, la richiesta dei Btp Italia, già oltre i dieci miliardi di prenotazione a un giorno dalla scadenza: più della somma di quanto raccolto a novembre e in primavera. All’improvviso, proprio nel cuore di ottobre, cioè il mese dei crac di Borsa (oggi fanno 25 anni dal tracollo di Wall Street del 1987) la finanza europea volge al bello stabile. Ma perché? Ed è davvero finita? Oppure la crisi morderà ancora per un bel po’?
A spiegare la situazione serve far riferimento alle parole con cui Moody’s, l’agenzia di rating che mille volte ci ha bastonato, stavolta ha deciso di graziare Madrid, per ora non retrocessa nel girone dei «Paesi spazzatura», cioè privi di rating. La situazione della Spagna resta pessima, spiegano gli analisti di Moody’s, ma le garanzie della Banca Centrale europea sono sufficienti a proteggere Madrid contro il collasso. A maggior ragione, possiamo aggiungere, la stessa considerazione vale per l’Italia. A questo punto, possiamo aggiungere, le grandi banche ed i fondi pensione non hanno più alcun interesse a pagare 4.5 punti percentuali per proteggersi contro il rischio default di Spagna ed Italia. Di qui la discesa dei rendimenti.
È davvero finita? Assolutamente no. Qui giova rifarsi alle parole di Olivier Blanchard, capo economista del Fondo Monetario. «Nel breve periodo – spiega in un’intervista al Corriere della Sera – sarebbe fondamentale che ci fosse un piano per i due grandi Paesi della periferia». In questa sede Blanchard non dice di più ma al vertice di Tokyo ha usato parole di fuoco nei confronto della Bundesbank. La politica dell’austerità imposta alle nazioni del Sud Europa, ha detto, ha avuto effetti devastanti. Il rapporto tra debito pubblico e Pil, invece che calare, è aumentato, nonostante i sacrifici.Questo perché l’impatto dei sacrifici si consumi è stato molto superiore a quanto previsto dai «sacerdoti» dell’ortodossia germanica. Addirittura, si legge nell’outlook - le previsioni - del Fondo Monetario, invece di provocare un calo del Pil di mezzo punto, si è arrivati a 1,7 punti. Un disastro cui oggi, al di là delle polemiche, conviene anche alla Germania porre rimedio, per evitare il contagio della recessione. Per questo, suggerisce Blanchard, «i due Paesi della periferia» (che lui non cita mai) devono adattarsi al loro interno a «un processo continuo di aggiustamento», ma in cambio devono disporre di «una garanzia di finanziamento», quella cioè che sarà messa a disposizione dalla Bce una volta che la Spagna chiederà finalmente l’aiuto a Bruxelles.
L’ora, a giudicare dalla reazione delle Borse, sembra davvero vicina. Pare che tra Berlino e Madrid si sia trovata una formula che non impegni troppo la Merkel, tutt’altro che sicura di superare l’esame del Parlamento sui quattrini da impiegare per Madrid e Atene, e non urti troppo la suscettibilità dei governanti di Spagna. A questo proposito, farebbe assai piacere a Mariano Rajoy che anche l’Italia si presentasse alla Ue con il cappello in mano. Difficile che ciò accada. Non solo perché, tutto sommato, l’Italia sta davvero meglio. Ma, soprattutto, perché i tedeschi, e non solo loro, non hanno alcuna intenzione di aprire il portafoglio per il Sud Europa, se non in caso di estrema necessità.
La richiesta di aiuti, del resto, ha più un peso psicologico e politico che non un reale impatto economico. L’Italia, comunque vadano le cose nei prossimi vertici comunitari e, soprattutto, sul fronte dei mercati, dovrà continuare a tirar la cinghia, al pari della Spagna. La novità positiva è che stanno per tornare i quattrini dall’estero che gli investitori hanno ritirato in tutta fretta in estate. In questo modo, sia Italia sia Spagna potranno abbassare i tassi e ridurre ancor di più lo spread nei confronti di quei Paesi che stanno prestando il quattrino a rendimento zero. Non a caso. Tutti i Paesi, non solo l’Italia, ma anche Usa e Germania, soffrono dopo la crisi di un debito pubblico fuori controllo. L’unico modo per venirne a capo è un po’ di inflazione in più accompagnata da tassi bassi, drogati da una politica monetaria molto aggressiva. Facile che il fenomeno, presto, contagi anche noi. Affrettatevi, perciò, a sottoscrivere i Btp Italia al 5,5%, perché tra poco vi daranno di meno a fronte di un’inflazione più alta. E così, dopo aver pagato il prezzo della crisi come contribuenti e come lavoratori, vi toccherà versare un pedaggio come risparmiatori. Chissà, forse a quel punto si vedrà davvero la luce in fondo al tunnel.