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 2012  ottobre 18 Giovedì calendario

D’Alema e Formigoni, gli ultimi «appestati» - «Le donne non ci vogliono più bene, per­ché portiamo la camicia nera » cantava­no sconsolati gli ultimi repubblichini

D’Alema e Formigoni, gli ultimi «appestati» - «Le donne non ci vogliono più bene, per­ché portiamo la camicia nera » cantava­no sconsolati gli ultimi repubblichini. Quando la sconfitta si avvicina, tutti saltano dalla nave e prendono le distanze. È una legge eterna e umana, non particolarmente onesta ma universa­le come le leggi della fisica. Ecco quindi che Rober­to Formigoni- che tutti si ostinano a chiamare Cele­ste- vede le proprie file diradarsi, le salmerie allon­tanarsi, quelli che lo osannavano fare prima uno e poi due passi indietro. Così almeno leggiamo nelle cronache di chi è andato tra le file dei ciellini a chiedere se per caso cono­scono, o se si ricordano di un certo Formigoni dottor Rober­to. Sembra che l’amnesia cre­sca di ora in ora. Forse non è del tutto vero, forse si tratta dello smottamento di una modesta percentuale, ma lo sgretola­mento di Cl nei confronti del ca­po è cominciato e ci sembra dif­ficile che lo rimettano insieme: Formigoni ricorda la filastroc­ca inglese su Humpty Dumpty, un uovo sodo antropomorfo che simboleggiava re Giorgio d’Inghilterra, il quale cadendo da un muro si ridusse in pezzi che tutti gli uomini e i cavalli del re non riuscirono a rimettere più insieme. Sarà questo il desti­no di Formigoni Humpty Dump­ty? Guardiamolo: grida, prote­sta, s’indigna, convoca i comizi elettorali ma lo scricchiolio si è sentito. Viene da pensare per amor di simmetria a Massimo D’Alema. Intendiamoci: fra i due non c’è nulla di paragonabile per sto­ria, immagine, opere e miracoli politici. D’Alema fu pur sempre quel comunista di ferro che con grande generosità si concesse alle grazie dell’amministrazio­ne americana di Bill Clinton per meglio lasciar condurre le ope­razioni militari in Serbia grazie all’uso delle nostre basi aeree. È un ex comunista disincanta­to, uno che vorrebbe andare avanti e lasciarsi alle spalle il passato - chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato- ma che è af­flitto da quel male incurabile che è la sua mi­tic­a e ben colti­vata antipa­tia, protetta anche dal Wwf insieme alla volpe dal­la coda bian­ca. A me del re­sto la cosiddet­ta antipatia ­puzza sotto al naso appena sopra il baffo ­di D’Alema è molto simpati­ca. Ad onor del vero mi è umanamente simpatico an­che Formigo­ni perché me lo ricordo in una mia anti­ca trasmissio­ne televisiva vestito da cicli­sta con alcuni ciellini in bici­cletta e fu irresistibile. Ma torniamo a D’Alema. An­che lui si trova a misurare il feno­meno della presa di distanza, del distacco? Quando Veltroni gli ha fatto lo sgambetto rinun­ciando alla candidatura («E adesso che farà D’Alema?»han­no pensato sessanta milioni di italiani), l’ex primo ministro portato sugli scudi da Cossiga aveva appena visto pubblicato sull’ Unità un appello delle gen­ti del Meridione invocanti la sua presenza consolare. Sette­cento firme, mica una. Allorché Staino, sempre sul foglio di casa Pd, gli ha risposto con una cau­stica vignetta: io se vuoi te ne porto settecentomila, ma solo se mi garantisci che dirai «No, grazie » . Ci sono differenze,certo.D’Ale­ma non si è fatto trovare su bar­che dirette ai Caraibi o in altre si­tuazioni da basso impero. Però, eccolo lì, piano piano si è tra­sformato da protagonista in spettatore, riceve molti compli­menti per i suoi think tank di ela­borazione politica, ma nessuno lo vede più come un leader. Ber­sani lo ha scaricato («Non sarò certo io a chiedergli di candidar­si ») così come il Pdl ha scaricato Formigoni, in tutt’altro scena­rio. Le truppe di capitan D’Ale­ma, che un tempo erano folte e ben armate, oggi sono ridotte a sporadiche pattuglie di impren­ditori pugliesi, alcuni dei quali non hanno dato prova di assolu­ta limpidità etica e politica. Non vogliamo alludere agli scandali, quanto al fenomeno dei topi, ma anche dei gatti, che abbandonano la nave. In gergo «prendono le distanze». Chi Formigoni? Ma guardi, io, noi, loro, mica ne sappiamo niente, non era certo un nostro lea­der... Il ciellino di sua natura non è ne­cessariamente uno stinco di santo e neanche un mostro di le­altà. Ieri però, lo ricordiamo be­nissimo, il ciellino portava il di­vo Formigoni in trionfo come un imperatore romano. Tutti i Meeting di Rimini, il grande evento politico di fine estate, ve­devano il nostro Humpty Dump­ty della Lombardia in primissi­ma fila, padre e padrone, ispira­tore e trainer, allenatore e gioca­tore allo stesso tempo. Ora si è diffuso il virus dell’amnesia. Forse lo conoscevo, ma oggi non lo riconoscerei. Il colonnello non ha chi gli scri­va, titolava Marquez uno dei suoi drammi più perfetti, e For­migoni non ha chi gli riconosca la sua leadership. Muove le trup­pe sulla carta, avverte, segna col dito, precisa, interrompe, ri­de sarcastico, poveraccio ce la mette tutta, ma quelli della sua parrocchia, una grande parroc­chia, si girano sempre di più dal­l’altra parte. A D’Alema lecose non credo va­dano molto diversamente salvo che in Puglia dove ha un robu­sto radicamento, ma sul piano nazionale lo guardano senza ve­derlo. Io penso che in un’altra epoca, più illuminista e più ari­stocratica, D’Alema avrebbe fat­to ancora faville. Ma oggi vivia­mo, e sempre più vivremo, nel­l’età delle plebi inferocite e dei satrapi luridi colti con le mani nel sacco: tutti giovani come Fiorito, tutti eletti con le tanto acclamate preferenze. Ho evitato l’orribile verbo rotta­mare. Fa schifo. Evoca i roghi nazisti dei libri perché suggeri­sce l’idea di un rogo per genera­zioni, non per ruoli, idee, capa­cità. Ma questa è la democrazia, baby, ed è una brutta bestia sen­za memoria: «Un sistema di go­verno orribile - diceva Winston Churchill - peccato che non se ne sia trovato uno migliore».