Luciano Gulli, il Giornale 17/10/2012, 17 ottobre 2012
Cuba libre (di scappare): cade il divieto di espatrio - Fra le tante, quella di impedire ai cittadini di Cuba di lasciare l’isola a proprio piacimento, per ragioni di studio, per affari, per turismo, per capriccio, era una delle ultime, vecchie indecenze escogitate dal regime
Cuba libre (di scappare): cade il divieto di espatrio - Fra le tante, quella di impedire ai cittadini di Cuba di lasciare l’isola a proprio piacimento, per ragioni di studio, per affari, per turismo, per capriccio, era una delle ultime, vecchie indecenze escogitate dal regime. Ma anche a Cuba, come a suo tempo al di là della cortina di ferro, non si era trovato di meglio per frenare l’esodo di massa via mare dei«balseros» innescato dalla rivoluzione del 1959 e dal paradiso comunista messo in piedi dai barbudos di Fidel . Da ieri,quell’indecenza passa in archivio. Forse. Perché non è detto. Ma la sensazione, e l’irresistibile spinta della Storia dicono che anche quest’ultimo baluardo si va crepando vistosamente. La notizia è che dopo cinquant’anni i cubani non dovranno più chiedere un permesso per lasciare l’isola. Né sarà più necessario filarsela all’inglese, come hanno fatto giovedì scorso a Toronto tre calciatori della nazionale alla vigilia della sfida col Canada per le qualificazioni mondiali. Basterà avere un passaporto, e un visto d’ingresso nel Paese in cui si intende recarsi. Negli ultimi cinquant’anni, i cubani che desideravano lasciare l’isola dovevano piegare il capo e chiedere un nulla osta che veniva rilasciato a discrezione, senza obbligo, per le autorità, di giustificare il diniego. I cubani erano inoltre tenuti a presentare una «lettera d’invito » dall’estero e non potevano rimanervi più di undici mesi, a rischio di vedere i proprio beni confiscati ed essere definitivamente bollati come espatriati, generalmente senza più possibilità di ritorno. Come nella Mosca di Kruscev e di Breznev. Adesso la durata del soggiorno all’estero aumenta, da 11 a 24 mesi. E se tutto va bene si potrà anche chiedere un prolungamento della «vacanza». La nuova legge entrerà in vigore il 14 gennaio. E quel che da questa partedella barricata sembra una non notizia, sul Malecon e sulle spiagge di Varadero, all’Avana, ha assunto ieri i contorni del miracolo. Era una delle leggi più attese dai cubani. E il regime, che ipocritamente inscrive il provvedimento nell’ambito «del lavoro in corso per aggiornare le attuali politiche migratorie e adattarle alle condizioni presenti e del futuro » (un futuro senza Castro) sapeva di non poter resistere più a lungo. E tuttavia, il «Cuba libre» che verrà offerto ai cittadini di quel magnifico Paese non varrà per tutti. Ci sono alcune categorie che si vedranno imporre dei limiti, delle restrizioni. Una misura presa per evitare una fuga in massa di «cervelli» che altrove, nel mondo, vedrebbero meglio remunerate le loro capacità. Già oggi per medici, scienziati e militari è impossibile recarsi all’estero. Ed è quasi sicuro, commentano alcune organizzazioni di dissidenti da Miami, che niente cambierà in futuro, a questo riguardo. Per gli attivisti di «Cuba democracia! Ya!» il filtro migratorio continuerà, ma sarà esercitato, più sottilmente, sulla concessione o meno del passaporto. «L’Avana, chi non la vede non l’ama»,si diceva una volta per spiegare l’ineffabile malìa della città. È un antico proverbio che Fidel Castro e il suo plumbeo comunismo caraibico hanno fatto di tutto, negli ultimi cinquant’anni, per far dimenticare. Non ci sono riusciti. E forse non è un caso che proprio mentre il regime, insieme con il suo fondatore, si avvia verso il regno delle ombre, la Cuba solare, irresistibile, avida di vita riemerga com’era, decretando la fine di un esperimento che è costato lacrime e sangue.. La prima scossa di terremoto che aveva fatto vacillare dalle fondamenta il regime si era registrata l’anno scorso, in primavera, quando il governo concesse ai cubani la possibilità di recarsi all’estero per turismo. Non era un regalo. Era un segnale di resa, una dichiarazione di sconfitta, un attestato della propria astoricità, quello sottoscritto dal governo capeggiato da Raul Castro, il fratello di Fidel. Prima di quel segnale c’erano state le riforme economiche, in chiave liberista, annunciate al congresso del 2011 del Partito comunista. Erano i giorni in cui si annunciava l’eliminazione della storica «libreta », la tessera che consente a tutti i cittadini di avere accesso a beni di prima necessità a prezzi politici. I giorni in cui anche ai cubani si consentiva di avere libero accesso negli hotel («privilegio» accordato fino ad allora solo agli stranieri) e si potevano acquistare telefoni cellulari, lettori dvd, computer, e diventare proprietari della casa in cui si abita e lasciarla in eredità ai figli. Ma già la notizia che si sarebbe potuto andare avanti e indietro dall’isola senza elemosinare un visto al partito, o senza farsela a nuoto, aggrappati alla camera d’aria di uno pneumatico, diceva che le crepe sulla facciata del carcere non erano più rimediabili.