Daniele Martini, il Fatto Quotidiano 17/10/2012, 17 ottobre 2012
ALITALIA LASCIATA A TERRA DAI CAPITANI CORAGGIOSI
Volendo riderci su, si potrebbe dire che i capitani dell’Alitalia berlusconiana più che coraggiosi sono scoraggianti, visti i risultati. Oppure si potrebbe scherzare sul pretenzioso piano di rilancio ideato dall’allora amministratore di Banca Intesa e ora ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Corrado Passera, che voleva essere “Fenice”, ma che si è rivelato un passerotto. Purtroppo, però, c’è poco da stare allegri perché di mezzo ci sono centinaia e centinaia di lavoratori, dai piloti agli amministrativi di Fiumicino, che rischiano di finire male, molti addirittura nel girone infernale degli esodati. E c’è poco da ghignare anche perché l’Italia con la sua ex compagnia di bandiera sta perdendo un altro brandello del suo tessuto economico, oltretutto nel peggiore dei modi.
SI STA puntualmente verificando, in pratica, ciò che qualsiasi persona di buon senso aveva previsto già 4 anni fa, all’inizio dell’avventura. E cioè che con la scusa del tricolore e della difesa dell’italianità, non solo si sarebbero buttati al vento tanti soldi (circa 4 miliardi di euro, a conti fatti), ma alla fine si sarebbe portata dritta dritta l’Alitalia in bocca ai francesi di Air France, per di più con il cappello in mano, avendo perso nel frattempo il residuo potenziale di contrattazione.
Il pareggio di bilancio già annunciato più di un anno fa si è rivelato una chimera, l’azienda ha perso altri 201 milioni di euro nei primi 6 mesi 2012 e ora la richiesta di nuova cassa integrazione per 700 dipendenti (300 assistenti di volo, 300 impiegati a terra e un centinaio di addetti alla manutenzione dei carrelli) è l’implicito suggello del fallimento. Il nuovo amministratore, Andrea Ragnetti, si sforza di darsi un po’ di coraggio e nei messaggi via Internet ai dipendenti non ha ancora rinunciato del tutto alla promessa di un attivo nel 2013. Ma tutti sanno, forse lui per primo, che sono pie illusioni. Ieri il capo dell’azienda e un gruppo di dirigenti si sono ritrovati con i sindacati in via Sardegna a Roma nello stesso ufficio dove anni fa si svolsero le prime riunioni dei “patrioti” berlusconiani. All’ordine del giorno dell’incontro c’era il “piano di rilancio”. E dire che è stata tutta una finzione sarebbe ingeneroso, però tutti in quelle stanze hanno avuto l’impressione che da rilanciare sia rimasto ben poco ormai. I capi Alitalia hanno chiesto la cassa integrazione promettendo come contorno una qualche nebulosa crescita futura di prammatica. Ai sindacati, che hanno detto di no, l’incontro è servito se non altro per farsi consegnare qualche impegno, che è sempre meglio di niente, e per non essere ignorati del tutto com’era successo in passato.
Con la nuova tornata di cassa Alitalia intende risparmiare una trentina di milioni di euro mettendo nel conto anche un paio di milioni sforbiciati sui conti degli alberghi degli equipaggi e facendo pagare ai dipendenti i parcheggi a Fiumicino (di proprietà dei Benetton). Ma tutti sanno che 30 milioni sono poco più di un brodino caldo rispetto ai problemi giganteschi dell’azienda, di fronte a un risultato di gestione che continua pervicacemente a essere negativo e a un indebitamento finanziario netto arrivato a 862 milioni. Dall’inizio dell’avventura della nuova Alitalia i cassintegrati diventano in totale 5.600, sommando ai 700 del 2011 i nuovi 700 e i 4.200 lavoratori della vecchia Alitalia, messi in cassa integrazione nel 2008 con una legge ad hoc voluta dal governo Berlusconi e il cui ciclo quadriennale è scaduto proprio qualche giorno fa. Da quel momento quelle migliaia di lavoratori sono entrati nel limbo della mobilità, senza più alcun rapporto nemmeno formale con l’azienda, quindi con la speranza di tornare al vecchio posto ormai ridotta a zero e con la prospettiva nera di finire, appunto, tra gli esodati.
IL TOTALE SALE, però, a 10 mila lavoratori se nel conto si mettono anche i dipendenti a tempo determinato lasciati a spasso. Gli unici riusciti a farsi assumere con un contratto a tempo indeterminato con base Fiumicino sono oltre 500 assistenti di volo ex Air One, la compagnia di Carlo Toto assorbita dalla nuova Alitalia, i quali hanno ottenuto ciò che volevano dopo essersi rivolti a un magistrato appellandosi ad un codicillo del loro vecchio contratto. Le prospettive della compagnia restano molto fragili. Di recente Alitalia ha ritirato due velivoli per il lungo raggio, decisione scambiata da qualcuno come un segnale incoraggiante. In realtà si è trattato di un ritiro forzoso, per evitare il pagamento di penali al costruttore Airbus e la riprova è che con le due nuove macchine si sarebbero dovuti aprire i collegamenti con New Delhi e Johannesburg che invece non sono stati aperti. Con l’orario invernale Alitalia chiuderà anzi molte tratte, da Los Angeles a Boston, da Newark a Chicago. Nel frattempo Air France ha ordinato 15 nuovi A 380 per il lungo raggio, 7 dei quali già volano, spesso riempiti con passeggeri italiani gentilmente portati a Parigi da aerei Alitalia.