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 2012  ottobre 17 Mercoledì calendario

LA RAGAZZA CHE FISCHIETTA AI CAVALLI


[Valentina Truppa]

Un cavallo in passerella, e non per il gusto di stupire: è titolato a calcare la scena tanto quanto la ragazza che lo monterà. Eremo del Castegno, baio di 11 anni del valore di alcuni milioni di euro, e la sua amazzone – la ventiseien­ne Valentina Truppa – introdurranno spettacolarmente la sfilata della collezione P/E 2013 Fixdesign – un’ode agli anni ’50 – venerdì 26 a Milano durante la manifestazione «Cavalli a Palazzo».
Sfileranno a modo loro, da campioni di dressage, la specialità olimpica nella quale eccellono: a Londra 2012 sono entrati in finale, un risultato che all’Italia mancava da vent’anni, e ora le ambizioni sono proiettate su Rio 2016. Nel ranking mondiale, loro sono il «binomio» (atleta e cavallo) numero 7, e nella Coppa del mondo si sono piazzati terzi.
Talenti prodigio entrambi: Valentina, figlia di Enzo già campione italiano, in sella col papà a un anno, sul pony a 4, le prime gare a 12; Eremo, detto da lei «Eremino» e dal padre «il Gladiatore», campione formidabile già a 9 anni, almeno 3 in anticipo sullo standard della specialità. Amazzone e cavallo si esibiranno a Palazzo Lombardia con una coreografia di «Free Style»: sulla musica, esercizi che loro eseguono come una fluida danza, frutto di anni di addestramento in sintonia, compreso il difficilissimo trotto sul posto, il piaffé.
Bionda, occhi azzurri, 1.62 di altezza per 55 chili di peso lei, contro i 170 cm al garrese e i 620 chili di lui, Valentina è nata a Milano ma è cresciuta e vive nel Monferrato: nel centro equestre creato dal padre, è istruttrice in corsi che sono veri e propri master per chi si misura con l’agonismo; tra le colline del Grignolino lei è una personal trainer in grado di reimpostare i cavalli e correggere gli errori dei cavalieri, a cominciare dal modo di stare in sella senza disturbare l’equilibrio dell’animale: in lei è intuitivo e perfetto, ma a furia d’esercizio s’impara.
Per scattare le foto di questo servizio, qualcosa del carattere dei cavalli l’abbiamo imparato anche noi: Chablis, l’altro super campione quindicenne di Valentina, è tranquillissimo perché è un animale dominante, sicuro di sé ed equilibrato; casomai – spiega la sua padrona – bisogna fare attenzione a non guardarlo negli occhi, perché potrebbe sentirsi sfidato. Eremo, invece, è più docile, più facile da capire e più pauroso, ma con un grande cuore. «Bisogna stargli accanto il più rilassati possibile, magari accarezzandolo». Davanti alla macchina fotografica è paziente, ma come un bambino dopo un po’ non ne può più: «Basta, Eremino, guarda che mi hai stufato, adesso stai fermo. E non ci provare, a sbausciarmi la giacca. Vabbè, dai, che sei stato bravo. Bravo, bravo». Poi, quando si rompono le righe, come si direbbe dopo il passaggio di un bimbo un po’ impegnativo, Valentina esala: «Bello è bello, ma è un rompicoglioni!».

Si ricorda la prima volta a cavallo?
«Ricordo la prima volta da sola sul pony, a 4 anni. Cadevo sempre, ero sconsolata. Papà mi disse: “Ricorda che per diventare un bravo cavaliere devi cadere almeno 100 volte”. E io, tristissima: “Ma io sono caduta solo 20!”».
Che cosa sono per lei i cavalli?
«Animali speciali, dal punto di vista evolutivo: sono sulla terra dalla notte dei tempi, sopravvissuti ai dinosauri. Li sento come compagni di vita, creature capaci di sentimenti, da rispettare. Come atleta, se ho l’influenza vado in gara lo stesso: se il cavallo non mi pare in forma, no».
Quali sentimenti riconosce, nell’animale?
«I suoi non saprei, come si fa a dire? Meglio parlare dei miei. Non dico che è un amico o un fratello, ma quasi: considero i cavalli la mia famiglia allargata».
Suo padre dice che Chablis è il suo fidanzato.
«Il mio fidanzato non l’ha presa benissimo, questa battuta. Chablis non puoi ignorarlo: all’inizio accettava solo me».
Lui ed Eremo sono dei super campioni.
«Per me sono tutti super, e sa perché? Che un animale come il cavallo entri nell’ottica di essere disponibile per un umano, che si presti a fare quel dato movimento quando voglio io, è straordinario: per le leggi della natura noi siamo i predatori, loro i predati. Fidarsi di noi non è così ovvio. Sono molto sensibili, hanno le giornate no, magari dove li porti non gli piace… La cosa più fastidiosa è addestrarli ad andare in giro. Eremo è a metà strada, si turba ancora, come all’Olimpiade: troppi fotografi, il rumore degli scatti l’ha spaventato, l’ho sentito irrigidirsi, temevo scappasse con me sopra… L’esercizio ne ha risentito: uno dei punteggi della giuria è “sottomissione”».
Ma che brutta parola.
«Lo so, non piace neanche a me. La spiegazione è migliore: “Accettazione e attenzione agli aiuti del cavaliere”».
Quali aiuti?
«Sono i comandi che do con le gambe, l’assetto e le redini. Quello che si muove di meno ha più classe: devi far vedere il meno possibile il tuo intervento».
E la voce?
«In gara è vietato. A casa sì, parlo per rassicurarlo, con il tono che si usa coi bambini, dolce, d’invito. Ma sgrido, anche: se morde, per dispetto o per cercare l’attenzione. In quel caso alzo la voce, mai la mano. Casomai uno schiaffetto sul sedere e: “No! Smettila!”».
Si può vivere di questo sport?
«Io sì, per fortuna: sono entrata nei Carabinieri a 18 anni, stipendiata, a loro devo la mia indipendenza economica precoce, non finirò mai di ringraziarli».
Sussurra ai cavalli come Redford?
«Sì, parlo mentre monto: quando gli dicevo bravo, il mio secondo cavallo del cuore, Don Rico, si fermava. Ma non ci vogliono molte parole, il film ha romanzato. Con Eremo, che è timoroso ma ha fiducia in me, cerco di essere rilassata e fischietto: se ha paura di un oggetto glielo faccio toccare, annusare. Tra l’altro lui ha paura dei teloni degli sponsor, nelle gare: se sono di colori sgargianti può essere un problema. Con Chablis, invece, la cosa migliore quando è sotto pressione è ignorarlo, non rispondere alle provocazioni e fargli credere che sta decidendo lui. Un po’ come con gli uomini».
Ma si usano le maniere forti, per addestrarli? Frustini, speroni? È ammesso far del male?
«Qui da noi, escludo. Io uso poco il frustino, i cavalli giovani casomai sono più infastiditi dallo sperone. Trovo i metodi coercitivi insensati e controproducenti: tra l’altro – mi vede – mi tirerebbero giù dopo 5 minuti. E poi hanno la memoria lunghissima, come gli elefanti: te la fanno sempre pagare. Un tempo era diverso: il dressage deriva dall’arte di guerra e di parata, erano gli esercizi che i soldati a cavallo dovevano far imparare a qualunque costo e in fretta, pena la morte loro e dell’animale. Le piroette al galoppo, per esempio, che sono molto difficili, avevano lo scopo di permettere al cavaliere di battersi accerchiato dai nemici. Oggi, per preparare un animale a farle in un gran premio, ci metti 10 anni».
Il suo è uno sport molto complicato e molto costoso: ne vale la pena?
«Ma vuoi mettere la soddisfazione che ti dà rapportarti a un altro essere vivente? L’emozione del contatto con un altro da te che ti dà la sua disponibilità fisica e mentale? Quale racchetta, o palla, o fioretto, ti dà lo stesso?».
Pensa che i cavalli siano intelligenti?
«Penso che siano tra le creature più empatiche della terra. Le ho detto come può essere nervoso l’animale, giusto? Ma lei ha mai visto gli animali usati per l’ippoterapia con i disabili? Sopportano bimbi che si aggrappano alla coda o alla criniera. E non reagiscono. Mai».
Ha mai mangiato carne equina?
«Se sulla faccia della terra resta un uomo e un cavallo, è più facile che io mangi l’uomo».