Giovanni Stringa, Corriere della sera 18/10/2012, 18 ottobre 2012
CHE COSA FARE CON I TITOLI DI STATO
[Dopo il rialzo delle quotazioni come scegliere tra rendimenti e scadenze ?] –
MILANO — I tassi sui Btp decennali sono tornati ai livelli del giugno 2011. Il 4,76% toccato ieri sul mercato secondario non si vedeva da 16 mesi. Prima, quindi, di quel fatidico inizio luglio 2011, quando la situazione dei titoli di Stato è esplosa con un’impennata verticale dei rendimenti. Gli spread, invece, non hanno toccato ieri i minimi del periodo, perché il loro riferimento — vale a dire i tassi sui Bund tedeschi — è oggi ben più basso di 16 mesi fa.
Andamento in discesa anche per gli altri Paesi della «periferia Sud» dell’euro. In Grecia il rendimento dei decennali è precipitato dal 50% circa di inizio anno al 18% — punto più, punto meno — di questi giorni. Anche i tassi sui titoli portoghesi sono scivolati sotto il 10% dopo essersi avvicinati al 20% a inizio anno. E lo spread sui Bonos spagnoli è passato dai 638 punti di luglio ai 383 di ieri.
Il risultato? In questi ultimi quattro mesi, sul mercato dei Btp, la sorte ha indubbiamente premiato gli audaci. O, per lo meno, quelli che lo scorso 24 luglio — all’apice della tempesta — hanno comprato sul mercato secondario un Btp con scadenza 15 settembre 2026 e una cedola del 3,1%. Allora quotavano 74,32, in questi giorni sono rimbalzati a 95,14. E che rimbalzo: +26,3% di guadagno in conto capitale, a venderlo ieri sera. Discorso simile per gli intrepidi risparmiatori che, sempre il 24 luglio, hanno acquistato Btp «15 settembre 2012, cedola 2,6%»: le quotazioni in meno di quattro mesi sono salite da 74,88 a 93,73: +25,2%. E la lista continua. Quel 24 luglio il mercato dei bond pubblici era in tempesta e — sul fronte azionario — Piazza Affari toccava minimi mai più visti — andando indietro nel tempo — da anni e anni e anni. Poi, poco dopo, l’annuncio del presidente della Banca centrale europea Mario Draghi: «Nell’ambito del nostro mandato la Bce è pronta a fare tutto il necessario a preservare l’euro. E credetemi: sarà abbastanza». Da allora — almeno fino ad oggi — è iniziata la ripresa dei Btp. Tra alti e bassi. Spinte e delusioni. Come quelle del 2 agosto, quando lo stesso Draghi parlò per la prima volta di «misure non convenzionali per salvare l’euro», provocando una reazione molto negativa dei mercati che volevano di più. E che però, il giorno dopo, si sono più o meno accontentati, stringendo l’interesse su quei Btp «brevi», con scadenza da uno a tre anni, che erano nel programma di guerra alla speculazione del governatore (gli acquisti illimitati) e che, per primi, hanno cominciato a pagare premi sempre più bassi a fronte di prezzi sempre più elevati.
Sul mercato è subito piovuta, insieme ai mille «buy», anche una lunga serie di analisi: merito di Draghi o è solo una «droga»? Dietro c’è anche il risanamento dei conti voluto dal governo, o — piuttosto — la corsa prosegue nonostante l’austerity di Palazzo Chigi e la recessione? Opinioni a parte, in meno di un anno, dai picchi dello scorso novembre ad oggi, il rendimento dei Btp decennali è sceso dal 7,26% al 4,76%: due punti e mezzo — secchi — in meno.
E adesso? Che cosa può fare un risparmiatore con un po’ di liquidità in tasca e il desiderio di tornare a comprare Btp? La situazione continuerà a migliorare o tornerà a peggiorare? Se fare previsioni è sempre difficile, è però chiaro che lo scenario è decisamente cambiato rispetto a pochi mesi fa. Ormai — sempre sul mercato secondario — quasi tutti i Btp con scadenza fino ai quattro anni quotano sopra la pari, vale a dire sopra quel «100» su cui sono calcolate le cedole. Il primo a essere scambiato sotto la pari, a 99,1, è il Btpi (legato all’inflazione) con rimborso il 15 settembre 2017. Poi, più in là nel tempo con le scadenze, le quotazioni variano molto da titolo a titolo. Con dei picchi, evidentemente, dove le cedole sono più alte: è il caso del Btp «1 novembre 2023, cedola al 9%» che ieri quotava 133,75 contro il 116,73 dello scorso — rieccolo — 24 luglio. Al risparmiatore resta quindi la scelta tra prezzo più contenuto ma cedola bassa e costo ben più alto con coupon più generoso. Con davanti tutte le ipotesi possibili: dalla migliore (vendita sul secondario con consistenti guadagni in conto capitale) alla peggiore (mancato rimborso alla scadenza). Se il primo caso si è verificato in questi mesi e non è detto che si ripeta, il secondo scenario sembra decisamente improbabile. Intanto la parola, secondario a parte, passa alle prossime aste. Solo a dicembre saranno collocati 60 miliardi di euro.