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 2012  ottobre 16 Martedì calendario

MALAPARTE, LEZIONE A MILLER SUL POTERE DELL’URSS [

Nella biografia di Serra, una lettera al grande Curzio dell’autore americano. Che concorda con la sua visione della Russia: «Non farà che avanzare, come Hitler, per dominare l’Europa»] –
Big Sur, California 28 giugno 1948
Caro Curzio Malaparte,
È stata una sorpresa molto gradita quella di ricevere un esemplare de La Volga naît en Europe, con una dedica di suo pugno. Avevo già un esemplare di Kaputt, che purtroppo non ho ancora letto. Per una singolare coincidenza, ho ricevuto praticamente insieme con il suo, l’ultimo libro di Cendrars, Bourlinguer, in cui vedo che le è dedicato un capitolo. Sono arrivato a metà del suo libro e faccio fatica a posarlo. Non conosco alcun corrispondente di guerra di lingua inglese che abbia il suo approccio poetico. Un americano di nome Steele ha scritto delle buone cose, ma rimane fondamentalmente un giornalista. I passi in cui lei racconta l’evacuazione dei soldati russi, e tutto quello che scrive sul paesaggio, il clima, l’ambiente dei campi di battaglia, mi hanno fortemente impressionato.
Ho letto con il più vivo interesse la sua prefazione, che dovrebbe essere particolarmente utile agli uomini politici americani, ma che sarà probabilmente ignorata o mal interpretata. È curioso che lei scriva che l’America potrà svolgere solo un ruolo secondario in un prossimo conflitto. Secondo un recente interprete francese di Nostradamus (Ruir), è precisamente quel che Nostradamus aveva predetto. Secondo questa interpretazione, la Russia non farà che avanzare, come Hitler, per impadronirsi di tutta l’Europa, praticamente senza sforzo. Al momento in cui saremo disposti a batterci, sarà troppo tardi e saremo paralizzati dalle lotte intestine. Segue una bella predicazione – quantomeno per l’Europa – che le lascio il piacere di scoprire da solo.
Lei sa che non mi interesso di politica, un’affermazione che la farà sorridere di derisione. Ho dovuto sorridere anch’io, quando sono arrivato all’inizio della sua avventura finlandese. Lì, lei mi ha fatto pensare a Koestler, avido di esperienze per corroborare le sue intuizioni. Lo scrittore trionfa sempre sul pensatore o l’inventore di teorie. Le sue pagine testimoniano un interesse profondo per l’umanità, malgrado l’attrazione quasi «teologica» che lei nutre per la politica, la tecnica ecc. Nel leggere quello che lei scrive sulla campagna di Russia, ho l’impressione di essere tornato a epoche antiche; lei ha realmente catturato il significato sotterraneo di queste guerre mondiali, che sono appena iniziate.
Mi chiedo se lei abbia accordato un’attenzione sufficiente a un aspetto che deriva dalla natura di tutti i conflitti, passati, presenti e futuri, almeno fin tanto che ci sarà l’America; ossia la nostra politica ondivaga, spesso caotica nei confronti della guerra. Ho sempre nutrito la convinzione, forse ingenua, che potremmo evitare delle guerre globali, se il resto del mondo comprendesse chiaramente dove siamo, quale linea d’azione vogliamo seguire, e così via.
Per due volte, ci è andata bene, aspettando fino all’ultimo momento. Ma qui, ancora una volta, non sappiamo bene che fare. Ben poco è stato fatto sul serio, malgrado tutte le affermazioni riguardanti i nostri grandi preparativi, a meno che non esistano sul serio dei piani segreti, la cui sola idea mi fa orrore. Mi sembra che i militaristi europei reagiscano alla volatilità dei nostri comportamenti. Sono l’ultimo a credere che una buona preparazione militare significhi necessariamente la vittoria.Ma credo d’altra parte che un atteggiamento morale irremovibile da parte nostra possa bloccare il conflitto. L’unica nazione che sembra avere oggi una politica definita, e suppongo morale, è la Russia. Ma tutto quel che facciamo qui è criticarla o deplorarla. Non possiamo ammettere che sia realista e sincera. Non arriviamo decisamente a comprendere perché i russi agiscano così. Mi riferisco soprattutto all’opinione pubblica, il che, come lei sa benissimo, non significa granché. La sola cosa certa è che i nostri politici e uomini di Stato non hanno in genere una visione molto più preveggente delle masse. Abbiamo appena nominato quale candidato repubblicano un uomo di calibro quasi altrettanto debole del nostro presidente attuale (e i repubblicani ce la faranno quasi certamente, questa volta!). Se fossi un europeo, guarderei questa situazione con allarme e costernazione. I repubblicani non avranno altro da offrire che maggior confusione, errori e caos. Lei parla delle forze democratiche in Europa e altrove. Amerei sapere dove siano. La Grecia antica ha fatto centinaia di esperienze democratiche, perlomeno a sentire gli storici. Per me è una parola senza senso, finché l’ultimo degli uomini non sarà preso in considerazione, finché non rovesceremo tutto il sistema di educazione, di etica, di moralità basato sulla paura e il bisogno, le superstizioni e i bigottismi, le tradizioni e le convenzioni. Non conosco alcun partito che abbia un programma con questi obiettivi, e lei? C’è una frase terribile in un libro di Balzac, che avevo utilizzato come motto delle mie lettere, quando vivevo a Parigi negli anni trenta: «L’Europa non crederà più che a colui che la calpesterà sotto i piedi». È stata scritta un centinaio d’anni fa. Certo, la metafisica sovietica è europea, non asiatica, e certo, l’America non è che una proiezione attenuata dell’Europa. Certo, anche l’Asia si sta europeizzando, o americanizzando, il che è peggio.
E il risultato? Forse, Nostradamus ha ragione, perlomeno in quel che concerne la Russia, e anche Spengler. Quest’ultimo non aveva forse predetto che la Russia dell’avvenire sarebbe stata quella di Dostoevskij? Sembra incredibile oggi, non è vero? Ma come dice la Bibbia, «l’orgoglio marcia incontro alla caduta». Credo che il mondo civile tutto intero stia rapidamente preparando la sua distruzione. Dovremmo studiare con profondo interesse, mi sembra, le ragioni per cui le diverse nazioni e potenze del giorno d’oggi non possono agire diversamente da come fanno. Dovremmo leggere questi cenni d’impotenza come i meteorologi leggono i loro segni. E poi, basare le nostre speranze sul fatto che il clima e il suolo durano più a lungo dei cambiamenti climatici, cosa che dobbiamo sempre tenere a mente.
Mi scusi per questa lettera involontariamente lunga. Che essa possa recare testimonianza della provocazione che il suo libro ispira da cima a fondo.
P.S. Durante la guerra ho scritto un pamphlet intitolato Murder the Murderer (Assassinate l’assassino). Mi piacerebbe inviargliene copia, se non lo ha letto e le prende la voglia di leggerlo.