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 2012  ottobre 18 Giovedì calendario

(f.mas.) Cinque mesi fa, era il 9 maggio, 150 finanzieri vennero spediti dalla Procura di Siena in uffici, sedi bancarie e case private in tutta Italia a sequestrare documenti e tracce elettroniche — email, file, archivi — relativi all’operazione Antonveneta, l’istituto padovano che il colosso spagnolo Santander cedette nel novembre 2007 a Mps per 9 miliardi di euro in contanti

(f.mas.) Cinque mesi fa, era il 9 maggio, 150 finanzieri vennero spediti dalla Procura di Siena in uffici, sedi bancarie e case private in tutta Italia a sequestrare documenti e tracce elettroniche — email, file, archivi — relativi all’operazione Antonveneta, l’istituto padovano che il colosso spagnolo Santander cedette nel novembre 2007 a Mps per 9 miliardi di euro in contanti. Il fascicolo era stato aperto per le ipotesi di ostacolo alla vigilanza e di aggiotaggio. Ma per tutto questo tempo i computer non sono stati accesi, gli hard disk sono rimasti nelle casseforti delle Fiamme gialle, i sistemi di posta elettronica non sono stati aperti. Solo ieri è cominciato il complicato procedimento di accesso ai file: i legali degli indagati — l’ex direttore generale Antonio Vigni e i gli ex sindaci Tommaso Di Tanno, Leonardo Pizzichi e Pietro Fabretti, oltre alla stessa Mps per la legge 231 — hanno cominciato con l’esperto nominato dai magistrati una certosina spulciatura dei file registrati, così da limitare il sequestro ai soli atti relativi a Mps-Antonveneta restituendo il resto ai diretti interessati. Si tratta di un diritto legittimamente esercitato dagli avvocati, che ha inevitabilmente rallentato l’esame del materiale sia formale sia informale, come appunto le comunicazioni via email. Tuttavia l’inchiesta condotta dal pm Antonino Nastasi non si è fermata. Come ha scritto giorni fa Il Giornale, sul registro degli indagati è finito anche l’ex presidente nonché attuale numero uno dell’Abi, Giuseppe Mussari (anche se non ci sono state conferme né indicazioni sul reato ipotizzato o sulla data dell’iscrizione), sarebbero state ascoltate diverse persone, come l’ex capo della Vigilanza della Banca d’Italia, Anna Maria Tarantola, e il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, all’epoca direttore generale del Tesoro, e altre lo saranno, come l’ex sindaco di Siena Franco Ceccuzzi. Anche la Banca d’Italia starebbe seguendo con attenzione la vicenda, che si incrocia con le difficoltà attuali dell’istituto che ancora attende l’ok della Commissione Ue ai nuovi Tremonti bond per circa 1,5-1,7 miliardi. Tra le carte sequestrate gli inquirenti senesi cercavano informazioni anche sul bond «fresh» del 2008, una particolare forma di finanziamento da circa 1 miliardo, sottoscritto per 490 milioni dalla stessa fondazione Mps, che era parte dei 6 miliardi di ricapitalizzazione necessari a coprire l’acquisizione. Già nell’autunno 2008 Palazzo Koch aveva chiesto che il bond venisse riformulato, in quanto nella versione originale non trasferiva pienamente il rischio sui sottoscrittori e dunque non poteva essere considerato come capitale vero e proprio. Ad alcuni investitori Mps avrebbe però concesso successivamente una «indemnity», una specie di garanzia ulteriore sul rischio. Dalle tracce elettroniche adesso potrebbero venire fuori elementi in più anche su questo.