Franco Bechis, Libero 16/10/2012, 16 ottobre 2012
FATTA LA LEGGE PER NON PAGARE
[Macché saldare i debiti: nel provvedimento che alza (ancora!) le tasse, il governo ha messo una norma per impedire di ottenere giustizia a chi ha crediti con la pubblica amministrazione] –
Un pugno nello stomaco di imprese e commercianti fornitori dello Stato. Hai lavorato per il tuo Paese? Ti sei fatto in quattro per fornire beni e servizi a un ministero o a una regione? Sono due, tre o magari quattro anni che aspetti di essere pagato perché i beni e i servizi li prendono subito, ma per il conto c’è sempre tempo? La tua pazienza è finita (anche perché magari stai per andare ko), e pensi di rivolgerti come qualsiasi cittadino alla giustizia per avere il dovuto? Bene, da oggi sei un nemico pubblico del governo di Mario Monti. Che invece di ringraziarti e chiedere scusa per la sua mancanza, ha deciso di sbarrarti la strada in ogni modo con la legge di stabilità 2013. È l’ultima perla della manovra che nell’annuncio avrebbe dovuto dare un sollievo agli italiani, e invece li piglia a schiaffi a ripetizione. In due articoli (il 3, comma 14 e il 6, comma 3) arriva una legnata alle imprese creditrici dello Stato da lasciare sbarrati gli occhi. In uno si sospendono fino al 31 dicembre 2013, e quindi per altri 14 mesi, i diritti di tutti i fornitori delle Regioni per la sanità. Sono impignorabili tutti i crediti vantati dai fornitori per le Regioni che sono sottoposte a piano di rientro dai disavanzi sanitari (e quindi proprio le Regioni che hanno più ritardi nei pagamenti), con la scusa che hanno bisogno di più di un altro anno di tempo per concludere «le operazioni di certificazione dei debiti sanitari pregressi». Sospese quindi tutte le azioni esecutive già in corso «intraprese dai creditori» delle aziende sanitarie.
La seconda perla è identica nella sostanza, ma riguarda l’impignorabilità di tutte le somme destinate al pagamento di spese di giustizia, anche quelle per forniture penitenziarie. Non si possono toccare, pure rivendicando le proprie ragioni, i fondi destinati ai «funzionari delegati degli uffici centrali e periferici del ministero della giustizia, degli uffici giudiziari e della Direzione nazionale antimafia». Il divieto di azioni esecutive e pignoramenti, in questo caso permanente, riguarda anche il fondo di palazzo Chigi per finanziare i risarcimenti della legge Pinto (ed è giusto), ma pure tutti i fondi destinati al «pagamento di emolumenti e pensioni a qualsiasi titolo dovuti al personale amministrato dal Ministero della Giustizia e dalla presidenza del Consiglio dei ministri». Che è come dire che nessuno può pignorare né il ministero della Giustizia, né la presidenza del Consiglio dei ministri. Perché a parte i fondi sopra citati e protetti, esistono solo quelli per l’acquisto di beni e servizi. Ci fossero, le imprese fornitrici sarebbero pagate e non avrebbero bisogno di pignorare alcunché.
Con queste due perle la legge di stabilità conferma dalla relazione tecnica i dubbi che già erano emersi leggendo le prime bozze di testo. Prima di tutto, è una corposa manovra correttiva con effetti sul bilancio triennali e in qualche caso pluriennali. Una vera e propria finanziaria che corregge i conti pubblici che non sono sotto controllo per più di 20 miliardi di euro. Secondo: si tratta di una delle più rilevanti stangate fiscali di questi anni, nonostante la riduzione dell’Irpef sui redditi bassi. Pur tenendo conto di quella riduzione (4,2 miliardi di euro nel 2013, 6,6 nel 2014 e 5,9 nel 2015), nel triennio il fisco incasserà 17,5 miliardi di maggiori tasse. Nei tre anni infatti Monti ha previsto 34 miliardi di tasse in più mitigati da 16,7 miliardi di sgravi fiscali. Ma alla fine si tratta di una stangata di antico modello.
Nel 2013 per i cittadini il beneficio non esisterà proprio, nemmeno sui redditi bassi. Lo sconto Irpef vale 4,2 miliardi, ma è dimezzato dal taglio di deduzioni e detrazioni (pesano per 2 miliardi di euro). Rimane un vantaggio per i cittadini di 2,2 miliardi di euro. Viene portato via tutto dall’aumento dell’Iva di un punto su due aliquote (dal 21 al 22% e dal 10 all’11%), che vale 3,2 miliardi di euro. Già qui i cittadini si vedono sfilare dalle tasche un miliardo di euro. Ma la perdita raddoppia con un’al - tra misura che riguarda tutti: la fiscalizzazione dell’aumento straordinario una tantum della benzina dovuto al terremoto in Emilia Romagna. Nel 2013 vale 1,1 miliardi di euro al netto degli autotrasportatori. Quindi la generalità dei cittadini sarà cornuta e mazziata: perderà 2,1 miliardi di euro dovendo ringraziare pure il governo che ha fatto finta di abbassare l’Irpef.
Centinaia di migliaia di italiani perderanno di più, fino a spalmare su varie categorie anche altri 3,3 miliardi di euro di nuove tasse. Stangata da 200 milioni nel 2013 e poi a regime da 255 per chi incassa da una pensione di invalidità o di guerra più di 15 mila euro lordi l’anno. Maggiori tasse sul tfr per 170 milioni di euro l’anno. Si paga di più l’auto di servizio se si è imprenditori o liberi professionisti: 453 milioni di euro nel 2013, e quasi 600 milioni a regime. Stangata sia sui redditi agrari e dominicali (rivalutati del 15%) sia sulle società agricole, a cui vengono tagliate le agevolazioni: lo Stato incasserà 170 milioni in più da loro nel 2013. Vale più di un miliardo di euro l’anno la tobin tax, anche se molti hanno dubbi sulla sua reale efficacia. Bisognerà pagare una tassa anche per richiedere il certificato penale (175 milioni l’anno di maggiore incasso). E poi una raffica di nuove imposte su aziende, coop, assicurazioni, imprese del settore della pesca.