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 2012  ottobre 18 Giovedì calendario

Biografia di Mick Jaegger

Notizie tratte da: Christopher Andersen, Mick Jagger. Gli eccessi, la pazzia, il genio, Sperling & Kupfer 2012, pp. 374, 18,90 euro.

«Se scrivessi quel che è veramente successo nella mia vita, nero su bianco, la gente ne sarebbe scioccata» (Mick Jagger) (p. 1)

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Il termine «Jagger Swagger» significa avere stile ed essere sempre all’ultimo grido. (p. 1)
Jagger Swagger […] il termine definito dallo Urban Dictionary come: «The confident, cocky attitude Mick Jagger emits when he struts his stuff» (L’atteggiamento sicuro e spavaldo mostrato da Mick Jagger quando fa le sue mosse). (p. 353)

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Duecentocinquantamilioni di album venduti (p. 3)

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Guadagnare miliardi […] nel suo caso, […] qualcosa come quattrocento milioni di dollari (p. 4)

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«Sono una delle cose migliori che l’Inghilterra abbia prodotto. Io e la regina» (Mick Jagger) (p. 6)

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«E’ un piccolo, astuto figlio di puttana, glielo concedo» (Keith Richards) (p. 6)

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Sette figli da quattro donne diverse (p. 10)
1. Karis (3 novembre 1970) da Marsha Hunt.
2. Jade Sheena Jezebel (21 ottobre 1971) da Bianca Perez Morena de Macias
3. Elizabeth Scarlett Jagger (2 marzo 1984) da Jerry Hall
4. James Leroy Augustin Jagger (28 agosto 1985) da Jerry Hall
5. Georgia May Ayeesha Jagger (12 gennaio 1992) da Jerry Hall
6. Gabriel Luke Beauregard Jagger (9 dicembre 1999) da Jerry Hall
7. Lucas Maurice (17 maggio 1999) da Luciana Gimenez Morad.

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Nonno di Assisi e Amba (nome della dea indiana della maternità), figlie di Jade. (p. 252)

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Buckingham Palace. Venerdì 12 dicembre 2003. […] Il principe Carlo […]: «[…] Mick Jagger baronetto. Davvero incredibile. Mia madre non ne ha avuto il coraggio». […] La regina aveva sorpreso il figlio e persino il suo staff con la decisione improvvisa di affrontare un intervento chirurgico al ginocchio sinistro […] che non rappresentava affatto un’urgenza. […] «Sua maestà ha visto il nome di Jagger su quella lista», ha osservato qualche tempo dopo un membro anziano della corte, «e ha deciso che non avrebbe preso parte alla cerimonia per nessuna ragione al mondo. Perciò, si è semplicemente organizzata per essere da un’altra parte». […] Molto prossimo a un titolo nobiliare, quello di sir/dame rappresentava l’onorificenza più alta che la sovrana poteva assegnare; perciò valutava attentamente le candidature selezionate. […] Accadeva raramente che […] la regina si desse pena di avanzare obiezioni. Jagger rappresentava una di queste eccezioni. […] Tony Blair lo aveva proposto per l’investitura. […] (pp. 7-9)

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Non era stato d’aiuto il fatto che nel corso degli anni Jagger si fosse regolarmente fatto beffe della famiglia reale, riferendosi più volte alla regina come alla «Strega suprema d’Inghilterra». (p. 10)

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Keith Altham, suo amico e PR per tanto tempo: «Baronetto? Lui vuole diventare un principe reale!» (p. 11)

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Due anni prima, Jagger aveva chiamato Keith Richards per comunicargli la notizia. […] «Andiamo bello», aveva grugnito Richards. «E’ dannatamente ridicolo. Un cavalierato? E che cazzo te ne fai di una cosa del genere? Non è da te, no? Non fa per noi!». «Ma voglio dire, Paul ce l’ha, e anche Elton», aveva risposto docilmente Mick. «Non è mica il tipo di cosa che si rifiuta, no?» […]. «Tu puoi rifiutare tutto quello che ti pare amico», aveva ribattuto un incredulo Keith. «Digli di ficcarselo nel culo». (p. 13)

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[QUEL GIORNO] Jagger si tolse il cappotto di pelle e scostò la sciarpa rossa di cachemire lunga quasi due metri a rivelare un gessato… con il bavero in pelle, ma pur sempre un gessato, abbinato a una cravatta. Più discutibile era la scelta delle calzature: delle sneakers della Adidas da cinquantacinque dollari. […] Tra le dozzine di uomini e donne insigniti quel giorno, Mick fu l’unico a ricevere il titolo di baronetto. […] «Sir Michael Philip Jagger per i servizi resi nell’ambito della musica popolare» (pp. 14-15)

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Dartford, Kent. Sono nati nello stesso ospedale, a soli centoquarantacinque giorni di distanza (Mick il 26 luglio 1943, Keith il 18 dicembre) e si sono conosciuti a sette anni. All’epoca, Mick (in verità «Mike», per la famiglia e gli amici) era uno studente modello, il cocco della maestra e, a detta di tutti, il ragazzino più alto della classe. Keith, invece, ha definito il se stesso di allora come uno scricciolo che passava la maggior parte del tempo a sfuggire ai bulli che lo perseguitavano nel tragitto da scuola a casa. […] Dartford, il sobborgo di Londra che li ha visti nascere e crescere. La «mistura acre» di «merda di cavallo e fumo di carbone» è ciò che Keith ricorda più chiaramente della sua infanzia. (p. 19)

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Joe Jagger aveva percepito i primi segni del talento di suo figlio pochi istanti dopo la nascita, e con lui anche le infermiere che quel giorno erano di turno nel reparto maternità del Dartford’s Livingstone Hospital: tutte concordavano nell’affermare che, fra i neonati partoriti dalle donne nel periodo bellico, Michael Philip Jagger non solo aveva il pianto più riconoscibile, ma era anche l’unico che potesse essere udito malgrado il lamento snervante delle sirene che annunciavano i bombardamenti. (p. 20)

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[LA MADRE] Eva Scutts Jagger, casalinga, […] estroversa e affascinante ma, a detta di un amico di famiglia, anche «signora un po’ snob che si dava delle arie». […] luogo di origine della sua famiglia: l’Australia […]. Nata nel 1913 […] A ventuno anni trovò lavoro come parrucchiera.
[IL PADRE] Basil Fanshawe (Joe) Jagger, l’allampanato e alquanto timido insegnante di educazione fisica del liceo. […] Eva e Joe si sposarono il 7 dicembre 1940. […] Entrambi avevano ventisette anni. […] Joe riuscì a farsi un nome come il più grande esperto britannico di uno sport molto americano: il basket. […] Eva partorì il suo primogenito il 26 luglio 1943. […] I Jagger battezzarono il neonato Michael Philip, con una cerimonia anglicana alla presenza dei nonni e di una manciata di zii. […] «Mike» (per i genitori, infatti, avrebbe sempre mantenuto questo nome). […] il 19 dicembre 1947 nacque suo fratello Christopher. […] I Jagger vivevano al n. 39 di Denver Road […]. La loro casa, una bifamigliare a due piani di cui occupavano la parte destra, faceva parte di un complesso di edifici […] costruiti per ospitare le famiglie della classe operai. La camera di Mick, al secondo piano, dava sul piccolo cortile posteriore, […]. In casa non c’erano giradischi […]. Mick però poteva seguire trasmissioni musicali sulla BBC (pop e classica) oppure su Radio Luxembourg (jazz). […] Eva: «Saltava a destra e a sinistra ruotando i fianchi come non avevo mai visto fare a nessuno. Naturalmente noi ci divertivamo perché lui aveva quattro o cinque anni e si dimenava in quel modo con un gran sorriso. Era come se dentro di lui la musica avesse attivato un interruttore». […] «Era un bambino brillante, allegro e sempre disponibile a dare una mano in classe», ha detto di lui Ken Llewellyn, docente. «In realtà era quasi troppo buono…». […] Alla Wentworth County Primary […] ebbe il suo primo incontro con […] Keith Richards. (pp. 21-26)

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Mick a proposito di Keith: «Aveva l’abitudine di vestirsi da cowboy, con tanto di fondine e cappello. Inoltre, aveva queste enormi orecchie. […]». […] Keith, soprannominato «scimmia» a causa delle orecchie a sventola, veniva preso in giro e picchiato dai compagni di classe. (pp. 27-28)

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[…] Il dodicenne Mick ebbe il suo primo, inebriante assaggio di notorietà. Suo padre era stato assunto come consulente per la serie televisiva della BBC Seeing Sport e aveva bisogno di un giovanotto in forma per mostrare nel dettaglio le caratteristiche dell’arrampicata su roccia e della canoa. […] «Ero già una star», disse in seguito a proposito di quell’esperienza, «e pensavo: Chissenefrega della maledetta canoa, come mi stanno i capelli?» (p. 30)

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[FECE] una serie di lavoretti supplementari: consegnava cartoline natalizie durante le vacanze invernali e, d’estate, si vestiva di bianco per vendere gelati con un carrettino. (p. 31)

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Prima di abbandonare questo sport [IL BASKET], però, sul campo lo aspettava un’esperienza che avrebbe cambiato il corso della sua vita, e forse anche il corso della storia della musica. Durante una partita piuttosto combattuta, si scontrò con uno dei membri della squadra avversaria staccandosi accidentalmente la punta della lingua con un morso e ingoiandola prima ancora di capire che cosa fosse successo […]. […] Tuttavia, quando provò di nuovo a esibirsi, i suoi compagni rimasero impietriti: con la punta della lingua, era sparito anche l’accento elegante e upper class. Mick adesso aveva una voce più sporca e dura, da vero ragazzo di strada. «Aveva un tono così strano», aggiunse Taylor. «Per la verità è il tono che ha adesso. Quell’incidente gli ha completamente cambiato la voce: staccarsi un pezzo di lingua è stata forse la cosa migliore che potesse capitargli nella vita.» (pp. 34-35)

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Mick rimase comunque una sorta di intellettuale in incognito. Amava molto i classici (Blake, Baudelaire e Rimbaud erano i suoi autori preferiti), così come le biografie di figure politiche di spicco del Diciannovesimo secolo quali Benjamin Disraeli, William Gladstone e Abraham Lincoln. (p. 35)

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[…] il sedicenne Jagger imparò in fretta un trucco infallibile per ottenere tutte le attenzioni femminili che desiderava. Sua madre aveva deciso di tornare a lavorare come presentatrice di
cosmetici per la Avon e così, ogni, volta che lei e Joe non erano in casa, il nostro seduttore invitava giovani fanciulle a provare i campioni dei prodotti di Eva. […] «Sembrava contento che gli mettessi rossetto e mascara», ha ricordato la protagonista di uno di questi […] incontri. (p. 36)

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[…] L’estate prima di partire per la London School of Economics, si era trovato un lavoro come inserviente al Bexley Mental Hospital che gli fruttava quindici dollari la settimana.
Descrivendo questa esperienza, ha in seguito raccontato che la casa di cura «era piena di ninfomani, sia tra le infermiere che tra le pazienti» che cercavano di sedurre i giovani del personale. Lui stesso, più che dalle degenti, aveva dovuto guardarsi dalle colleghe. Tra di esse ha ricordato in particolare un’emigrata italiana dai capelli corvini appena arrivata in Inghilterra che lo aveva spinto senza tanti complimenti in un ripostiglio per la biancheria. Lì, circondato da lenzuola, scope e padelle per ammalati, aveva perso la verginità senza neppure sdraiarsi. (p. 37)

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[…] Sarebbe stato ancor più scioccante sapere a chi si ispirava Mick sul palco [DI UN JAZZ CLUB VICINO A EARLING] […]. Si trattava di […] Marilyn Monroe. […] «Non sono sicuro del motivo», disse una volta Jagger «ma mi identifico in Marilyn». (p. 45)

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Brian Jones […] aveva preso in mano le cose e messo insieme un gruppo che includeva elementi del suo stesso gruppo e dei Blue Boys, decidendo unilateralmente di chiamarlo The Rolling Stones, dalla canzone Rollin’Stone di Muddy Waters. Il nome però non piaceva a nessuno, e a Mick suonava particolarmente male. Ironia della sorte, la sua principale obiezione consisteva nel fatto che lui si considerava un cantante R&B, mentre il termine Rolling poteva dare l’impressione che il loro fosse un gruppo rock. […] quando 1’11 luglio Jazz News pubblicò un articolo sul debutto della band, che sarebbe avvenuto la sera successiva al famoso Marquee Club di Londra, fu Mick a farsi avanti come portavoce del gruppo. […] «Spero che non si pensi», disse infatti al giornale, «che siamo un gruppo rock.» (p. 46)

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[MICK] fece un primo passo verso l’indipendenza lasciando la casa dei Jagger e trasferendosi nell’appartamentino con due camere da letto in cui vivevano Keith e Brian, al n. 102 di Edith Grove a Chelsea. Questa sistemazione, umida e nauseabonda, con una vasca da bagno in cucina, una singola lampadina che penzolava nuda e cruda dal soffitto, la vernice che si staccava dalle pareti e un bagno in comune due piani più in alto, […]. Incredibilmente, malgrado tutto Mick riuscì a sentirsi a casa. […] I topi scorrazzavano nell’appartamento e, per aggiungere un tocco di «atmosfera», gli inquilini avevano spalmato escrementi sulle pareti, lasciando la loro firma.
Per un certo periodo, si unì a loro uno strano individuo chiamato Jimmy Phelge, le cui abitudini erano, se possibile, perfino più ripugnanti di quelle dei coinquilini. […] quando Mick tornava dalle lezioni, pare che Phelge lo accogliesse sulla porta nudo come un verme, portando sulla testa le mutande sporche. […] Di tanto in tanto, comunque, la casa veniva messa in ordine da due signore di mezza età che vivevano al piano di sotto (Keith le ha descritte come due «vecchie ciabatte»), che i tre ricompensavano a turno con prestazioni sessuali. «Sembravano», ha detto Richards, «soddisfatte dell’accordo.». […] in casa Mick, forse ancora ispirato dallo spirito di Marilyn, recentemente passata a miglior vita, aveva assunto un ruolo decisamente femminile. Iniziò infatti a truccarsi pesantemente con mascara e fondotinta, dipingendosi di rosso le unghie dei piedi per coordinarle alla tinta del rossetto. La sua tenuta casalinga era composta da una vestaglia azzurro pastello al posto del solito pullover, e da una retina per capelli color lavanda, insieme con calze di nylon e tacchi alti. Parlando di questa fase Keith ha detto: «Girava per tutta la casa agitando le mani ed esclamando: ’Oh, noo, dai’. Una vera regina di King’s Road. […] Mick è rimasto in quella fase più o meno per sei mesi». (pp. 48-49)

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Mick aveva iniziato a tenere d’occhio attentamente un altro gruppo emergente che aveva un nome [BEATLES] che considerava odioso quasi quanto Rolling Stones. Quando venne a sapere, nel novembre del 1962, che i quattro componenti avevano fatto centro con Love Me Do, corse dritto in bagno a vomitate. (p. 51)

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«Sin da quando l’ho incontrato per la prima volta, ho capito che Mick era innamorato di Keith. Ed è ancora così» (Anita Pallenberg) (p. 60)

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Chrissie Shrimpton […] aveva messo gli occhi su Mick. […] si ritrovò senza fiato a fissare i suoi occhi azzurri, notando che uno di essi era screziato di marrone […]. Jagger non era più alto di un metro e settantacinque e pesava circa cinquantanove chili. Aveva la testa sproporzionata rispetto all’esile corporatura e soffriva di un serio problema di acne. (p. 61)

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Andrew Oldham, agente dello spettacolo: «Gli Stones facevano sembrare i Beatles dei chierichetti. […] Nell’istante stesso in cui ho visto Mick sul palco, mi sono reso conto di quello con cui avevo a che fare: si trattava di puro e semplice sesso, sesso e magia» (p. 62).

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Andrew Oldham: «A lui non interessava neanche un po’ di passare sopra alle altre persone sulla strada verso il successo. Per Mick Jagger tutti sono sacrificabili» (p. 63)

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[…] Cantavano in playback Come on, ospiti del programma del canale ITV, Thank Your Lucky Star […]. L’apparizione del 7 giugno 1963 segnò il primo passaggio dei Rolling Stones sul piccolo schermo. (p. 63)

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Mick era determinato a fare in modo che tutti i membri del gruppo sembrassero dei single spensierati. […] Costrinse Charlie Watts e la sua storica fidanzata Shirley a cancellare il loro matrimonio […]. Ordinò a Wyman di non fare mai riferimento a moglie e figlio durante le interviste e a Jones di tenere per sé qualsiasi dettaglio sulla sua attuale fidanzata incinta, Linda Lawrence […]. Anche Chrissie Shrimpton venne tenuta nell’ombra. […] Le pubbliche manifestazioni di affetto erano vietate […] le donne […] non potevano neppure avvicinarsi agli studi di registrazione […]. Ogni volta che lo incontravano, le compagne dei veri membri del gruppo facevano il saluto nazista gridando «Heil Jagger!» (pp. 67-68)

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[…] Mick e il designer di interni Nick Haslam stavano cenando in un ristorante di King’s Road, quando un uomo di una certa età, seduto a un tavolo vicino, si sporse dalla sua parte e piantandogli gli occhi in faccia chiese ad alta voce: «Ma sei un uomo o una donna?» Il ristorante piombò nel silenzio mentre Jagger fissava, inespressivo, l’uomo. Senza dire una parola, si alzò in piedi, si slacciò i pantaloni ed estrasse le prove. (p. 70)

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Il 9 aprile [1964], Venerdì Santo, alla festa dei sedici anni di Adrienne Posta, conobbe Marianne Faithfull [ALLORA DICIASSETTENNE]. […] vestita con una morbida camicetta color lavanda e pantaloni bianchi. […] Mick le si avvicinava a grandi passi, si presentava e le rovesciava subito un bicchiere di Dom Perignon sulla camicetta. Senza scusarsi, Jagger iniziò a pulire la macchia con le mani. La ragazza, terribilmente imbarazzata, fuggì in cucina e lasciò la festa infuriata per la trovata del cantante. «All’inizio, Marianne era terribilmente disgustata da loro», disse Barry Miles, che in seguito si sarebbe unito alla ristretta cerchia di amici degli Stones, «e li definì “Persone orribili, brutte, sporche e con un problema di acne”, dato che le parevano viscide e in qualche modo disgustose» (p. 72)

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Ovunque suonassero, il pubblico sembrava impazzire: rompeva le vetrine, lanciava sassi contro gli autobus e rovesciava le auto. […] 1964 […] New York […] migliaia di ammiratori riempirono la Settima Strada fuori dalla Carnegie Hall in attesa del loro arrivo. Dopo il concerto, […] la polizia faticò non poco a trattenere la folla per permettere ai musicisti di uscire. Il giorno successivo, la Carnegie Hall istituì la regola generale per cui nella sala non si sarebbe più potuto esibire nessun gruppo rock. (p. 74)

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Jagger: «Non è che mi metta davanti allo specchio a esercitarmi per essere sexy!». Per la verità, questo era esattamente ciò che faceva. Chrissie lo osservava per ore mentre si pavoneggiava e si atteggiava davanti allo specchio della loro camera da letto, ma aveva il divieto assoluto di rivelare il segreto. (p. 76)

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[dal 2° TOUR AMERICANO] «Gli Stones», ha detto Oldham, «sono tornati in Inghilterra pieni di gonorrea: il prezzo pagato per aver scopato con chiunque capitasse loro a tiro» (p. 79)

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La melodia di Satisfaction prese forma nella mente di Keith Richards in sogno, la notte del 9 maggio [1965]. Si era svegliato nel suo appartamento di Carlton Hill a St. John’s Wood, aveva preso in mano la chitarra e registrato il riff. Poi aveva lasciato cadere il plettro e si era rimesso a dormire.
La mattina dopo il chitarrista, che assumeva grandi quantità di cocaina e anfetamine per rimanere sveglio, si era alzato dal letto senza ricordare nulla. Aveva notato però che la cassetta nuova che la notte precedente aveva inserito nel suo mangianastri portatile Philips era finita. «Allora ho riavvolto il nastro», ha poi ricordato, «e ho trovato Satisfaction», incisa insieme con quaranta minuti del suo russare. […] Riguardo a questo pezzo, Keith in seguito disse: «Le parole per questa erano: I can’t get no satisfaction (Non riesco proprio a essere soddisfatto), ma si trattava solo di un titolo provvisorio. Il tema avrebbe anche potuto essere: Auntie Millie’s Caught Her Left Tit in the Mangle (Zia Millie si è incastrata la testa sinistra nella pressa). Avevo pensato che potesse andar bene per riempire un album, senza mai ritenere che fosse abbastanza commerciale per essere un vero e proprio singolo». […] Mick e Keath la stavano ancora perfezionando, o almeno così pensavano, quando la sentirono alla radio mentre erano in macchina sulle strade del Minnesota. Oldham aveva infatti arbitrariamente deciso di farla uscire come loro nuovo singolo e, nel giro di una decina di giorni, era diventata la loro prima hit in grado di raggiungere il primo posto nelle classifiche (pp. 81-82)

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[…] 1966, […] Chrissie […] fu poi felice di sapere che il nuovo successo del gruppo, Lady Jane, parlava di lei e non della sfortunata moglie di Enrico VIII, Jane Seymour. Di fatto, Mick si era ispirato al romanzo L’amante di Lady Chatterley, di D.H. Lawrence, in cui questo nome viene usato dal protagonista per indicare la vagina. Chrissie andò terribilmente in collera […]. (p. 87)

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Chrissie […] A ventun anni era già preoccupata che Mick potesse sostituirla con una modella più giovane.(p. 88)

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Anche se di nobili natali, Marianne Faithfull aveva un approccio pratico da affarista. «La mia prima mossa è stata quella di mettermi con uno dei Rolling Stones», ha confessato in seguito. «Sono andata a letto con tre di loro e alla fine ho deciso che Mick Jagger era il migliore.» Anche la sua decisione di lasciare il marito, John Dunbar, fu presa con la stessa lucida naturalezza: «Ho scelto quello che aveva più soldi, cioè Mick». (p. 88)

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Jimi Hendrix (soltanto due anni prima, quando era ancora uno sconosciuto chitarrista che rispondeva al nome di Jimmy James, Hendrix aveva fatto un’audizione per gli Stones ma era stato rifiutato.) (p. 89)

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Mick […] frequentò per mesi Ikette PP. Arnold, una delle cantanti che accompagnavano Tina Turner. […] fu proprio mentre girava l’Inghilterra in tour con Ike e la leonessa del rock che Mick apprese altre mosse da aggiungere al suo repertorio. «Mick voleva ’essere’ Tina Turner», disse in seguito Allan Klein. «Mi ha confidato che è proprio quella l’immagine che ha di sé mentre canta.» (p. 89)

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[…] un weekend a Redlands, l’ampia e lussuosa tenuta di Keith […] nella campagna inglese. […] L’ospite d’onore […] era […] un giovane californiano che in seguito sarebbe stato identificato dalla corte come «Dr. X»: David Schneiderman. «Acid King David», come lo chiamavano i suoi amici, si era portato dietro una valigetta con il suo monogramma piena zeppa di ogni sostanza illegale immaginabile. […] Quel sabato, un «anonimo informatore» (ovvero Patrick, l’autista belga di Keith), fece una soffiata a News of the World secondo la quale a Redlands, per l’intero fine settimana, si sarebbe tenuto un baccanale a base di sesso e droga. Tutto rimase tranquillo fino alle 8 di domenica sera, momento in cui […] qualcuno informò il padrone di casa che bussavano alla porta d’ingresso. Sbirciando dalla finestra, Richards vide «un sacco di nani vestiti tutti uguali!» Si trattava in realtà di diciannove agenti di polizia con un mandato di perquisizione in mano. Una volta entrati, questi ultimi si trovarono davanti una scena surreale. Marianne, coperta solo da una specie di copertina di pelliccia rossiccia, era sdraiata su un divano, mentre Mick, che aveva la testa fra le sue gambe, sbocconcellava una barretta di Mars piazzata in maniera strategica. I Mars erano un elemento necessario sempre a portata di mano, spiegò poi Richards con una pessima scelta di parole, «perché quando si è in acido, si ha un calo di zuccheri e ti ritrovi a mangiare senza rendertene conto». (pp. 91-92)

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[…] il celeberrimo fotografo e costumista Cecil Beaton […] rimase affascinato da un particolare dettaglio anatomico del cantante: a un certo punto, il fotografo gli chiese di calarsi i pantaloni in modo da poter fotografare il suo «lato B». Beaton, in seguito fece un «ritratto» su tela del didietro della rockstar, che fu poi venduto all’asta da Sotheby’s per l’allora considerevole cifra di quattromila dollari. (p. 93)

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«Nella testa di Mick Jagger solo una cosa aveva la priorità assoluta: Mick Jagger» (Keith Altham). (p. 96)

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Rinchiusi nella casa [AL N. 48] di Cheyne Walk, lui e Marianne passavano il tempo a fumare hashish, ad assumere acidi, a fare l’amore e […] a scambiarsi i vestiti. […] l’androgino Mick si infilava negli abiti di Marianne, mentre lei indossava i suoi pantaloni a zampa d’elefante e le sue camicie a pieghe. Quando era dell’umore giusto, il leader degli Stones completava l’opera agghindandosi con i gioielli della Faithfull e, indossando boa e tacchi a spillo, si lanciava in una scatenata interpretazione di Pronti Mary degna del suo idolo Tina Turner. […] «Ho avuto delle ragazze e sono stata sentimentalmente legata a loro. Mick ne era al corrente», ha ricordato infatti lei. Di certo, se a Mick capitava di tornare a casa e di trovare la fidanzata a letto con una donna, molto spesso si univa alla festa. (p. 104)

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A quanto pare, anche il giovane Eric Clapton […] rientrava tra le conquiste maschili di Mick. […] Stando a quanto affermato da John Dunbar, «Mick ed Eric sono stati beccati a letto insieme, è tutto vero. È stata una scena davvero narcisistica e sessualmente molto ambigua. All’epoca, bisessualità e androginia non solo erano accettate, ma incoraggiate». […] nel 1967 Eric Clapton era, a detta di Gared Mankowitz, anche «una creatura androgina dal fascino delicato», con un guardaroba fatto di frivoli top psichedelici, lunghi caffettani e scarpe con le zeppe. Clapton, inoltre, è stato uno dei primi rocker uomini a farsi la permanente per sfoggiare una pettinatura afro e a utilizzare lo smalto. (pp. 104-106)

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[…] i Beatles e gli Stones erano più vicini che mai […] contribuivano segretamente e vicendevolmente ai progetti su cui lavoravano, iniziando persino a programmare insieme l’uscita dei rispettivi singoli […] in modo da non risultare più in diretta competizione […]. Si trattava di un piano elaborato da entrambi i gruppi per riuscire sempre a piazzarsi, a turno, al primo posto delle classifiche. (p. 107)

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Jumpin’ Jack Flash […] Per quel che riguarda i testi, […] pare che l’ispirazione iniziale sia venuta a Mick durante un soggiorno a Redlands. Una mattina di pioggia, infatti, Jagger era stato svegliato dal rumore dei passi pesanti del giardiniere Jack Dyer, che camminava sotto le finestre della tenuta con dei grossi stivali. Aveva allora chiesto all’amico di chi si trattasse e Keith aveva risposto: «Oh, è Jack, Jack che saltella» («Oh, that’s Jack. That’s Jumping Jack»). Improvvisamente, a Mick si era accesa una lampadina: aveva preso la sua chitarra e dopo aver cercato di costruire una melodia su quella frase, aveva guardato l’altro concludendo d’istinto con «Flash!» Per scrivere il resto del testo avrebbe poi impiegato meno di un’ora. (p.112)

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Mick […] decise di aprire, in società con Keith, un proprio locale, […] Il Vesuvio celebrò la grande inaugurazione nel luglio del 1969, […]. Il locale, di cui anche Tony «lo spagnolo» Sanchez, il vecchio amico e spacciatore di Keith Richards, era proprietario, offriva punch corretto con metanfetamina e spinelli accanto a ogni posto a sedere […]. (p. 114)

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«Il matrimonio? Va bene per quelli che hanno voglia di fare le pulizie» (Mick Jagger) (p. 114)

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Mick e Keith […] nel dicembre di quell’anno [1968] partirono con le rispettive compagne per una crociera da Lisbona a Rio. […] Concluso il viaggio, i due fecero ritorno in patria con un nuovo soprannome. Questo accadde perché un giorno, mentre si scolavano un whisky dietro l’altro al bar della nave, una signora di una certa età, che non riusciva a identificare le loro facce, continuava a chiedere chi fossero ripetendo con insistenza: «Avanti, chi siete? Non ci dareste un indizio?» («Won’t you give us a glimmer?»). Da quel giorno in poi Mick e Keith sarebbero stati conosciuti anche come i Glimmer Twins. (p. 119)

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[…] la sua nuova amica Marsha Hunt. Afroamericana e figlia di uno psichiatra di Filadelfia, la Hunt aveva recitato nel musical Hair del West End, ma Mick l’aveva notata solo quando un problema al costume di scena le aveva lasciato il seno nudo durante una performance dal vivo sulla televisione britannica.[…] portava una vistosissima e ampissima pettinatura afro (un’acconciatura che le valse il soprannome di «miss Fuzzy)» (pp. 125-126)

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«Mick ha guardato il viso di Bianca e ha visto… Mick. Era quanto fosse riuscito a provare di più simile al fare l’amore con se stesso» (Donald Cammell, amico) (p. 140)

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Marianne se n’era andata con il pittore italiano postmoderno Mario Schifano […]. Quando torno a Londra per passare le vacanze con il figlio, fece di tutto per riprendersela. […] una mattina Marianne e l’onnipresente spacciatore Tony Sanchez erano entrati in casa, al n. 48 di Cheyne Walk, scoprendo i due Mick [JAGGER E TAYLOR] che «sonnecchiavano a letto insieme come bambini». Alla fine la donna lasciò Jagger, […]. Il cantante si buttò a capofitto in un’altra battaglia per riconquistarla. «A quel punto, ritenevo che l’unico modo in cui quella relazione poteva giungere a una conclusione», ha ricordato la donna, «fosse la morte di uno di noi due». La morte, oppure ingrassare di una ventina di chili. […] Una volta diventata una vera e propria matrona, Marianne sapeva di aver vinto. […] «Non è più tornato da me». (pp. 142-143)

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[PRIMA DI PASSARE ALLA ATLANTIC RECORDS] […] la Decca Records che, secondo il contratto originale, aveva diritto a un ultimo album. Mick era furioso per il modo in cui la Decca aveva tentato di censurare le loro canzoni e le copertine dei loro album, rimanendo personalmente offeso dalle maniere dittatoriali di sir Edward Lewis, il presidente moralista della società. Per fargli una sorta di regalo d’addio, Jagger arrivò nel suo ufficio con un delizioso nuovo pezzo intitolato Cocksucker Blues (Il blues del succhiacazzi). Per siglare la definitiva e deflagrante rottura con Lewis, dovette solo canticchiarne i primi due versi: «Where do I get my cock sucked? / Where do I get my ass fucked?» (Dov’è che posso farmi succhiare il cazzo? / Dov’è che posso farmi inculare?). (p. 145)

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1970 […] Parigi […], a cambiare il corso della sua vita fu quel che successe dopo il concerto al teatro Olympia. «Mick, questa è Bianca», gli aveva detto il suo amico Donald Cammell volgendosi verso la giovane donna, snella e dall’aspetto sensuale e vagamente pericoloso, […]. Bianca (all’età di sedici anni aveva cambiato la «L» del suo nome in una «I») Perez Morena de Macias, originaria del Nicaragua. […] I due passarono la notte assieme nell’appartamento parigino di Cammell. (pp. 146-147)

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Anita Pallenberg […] Adesso che Marianne non c’era più, era lei a essere la più alta in grado tra le donne degli Stones, […]. Sfortunatamente, Bianca le risultò antipatica a prima vista. Convinta che la magra nicaraguense fosse stata in origine un uomo, Anita offrì al solito Sanchez cinquantamila dollari perché scoprisse prove concrete del supposto cambio di sesso. Una volta abbandonata quest’idea balzana, passò alla magia nera. Tentò infatti di lanciarle contro numerose maledizioni voodoo con l’aiuto di spilloni e bamboline e, in un’occasione, arrivò a girarle intorno tre volte, facendola rimanere perplessa, con una maledizione vergata a mano celata in una scarpa, secondo uno dei tanti metodi usati dai praticanti del voodoo per liberarsi di persone non gradite. (pp. 149-150).

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[…] il nuovo album «Sticky Fingers», il primo sotto la nuova etichetta [ATLANTIC RECORDS]. […] Mick desiderava che fosse stupefacente anche dal punto di vista visivo. Così, per essere sicuro di fare centro, si rivolse al vecchio amico Andy Warhol. […] Il suo amico […] se ne uscì con l’immagine del cavallo di un paio di jeans con un palese rigonfiamento, dotati di una cerniera vera che poteva essere abbassata a rivelare il logo del gruppo (le labbra con la linguaccia) disegnato da John Pasche, […]. (pp. 154-155)

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Bianca gli annunciò che era incinta di quattro mesi, […]. Le chiese perciò di sposarlo, […] nozze, fissate per il 13 maggio, […] gli ospiti diventarono ben settantacinque. […] Keith, accompagnato da Anita, fu l’unico dei Rolling Stones a essere invitato. Il matrimonio […] avrebbe dovuto svolgersi in due posti diversi: una breve cerimonia civile in municipio presieduta dal sindaco di Saint-Tropez, poi il rito religioso alla Chapel Saint-Anne. […] la sposa, palesemente incinta, aveva indossato un ampio cappello decorato con boccioli di rosa e un abito bianco di Yves St. Laurent con una scollatura vertiginosa […]. Se l’abito estivo color panna e la camicia dal colletto slacciato a motivi floreali indossati dallo sposo potevano essere considerati una scelta stranamente posata per il personaggio, Keith riuscì ampiamente a compensare grazie a un paio di leggings neri e a una giacca militare, indossata senza camicia. […] Dopo il municipio, ci fu la folle corsa sulla collina verso la Chapel Saint-Anne, […]. Bianca che attraversava la navata al braccio di lord Lichfield, […]. Mick alzò appena un sopracciglio nel sentire la musica che la sposa aveva scelto per l’occasione: una versione per organo dello sdolcinato tema del film Love Story. […] Bianca si presentò al ricevimento con una camicetta di seta trasparente e un turbante ornato di lustrini. Al polso sinistro aveva uno scintillante bracciale di diamanti, regalo nuziale del marito, […] I due partirono il giorno seguente per una luna di miele di dieci giorni tra Corsica e Sardegna a bordo dello yacht da centoventi tonnellate Romeang. (pp. 154-158)

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[…] quando si era trattato di battezzare il nuovo yacht, Richards aveva preso in considerazione il nome Marlon, ma aveva poi deciso di vergare sullo scafo il nome del suo farmaco preferito a base di metaqualone, il Mandrax. (p. 159)

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Il 21 ottobre 1971, presso la clinica privata Belvedere di Parigi, Bianca diede finalmente alla luce una bambina di due chili e settecento grammi. Per il nome, i genitori discussero per quasi due giorni: Jade Sheena Jezebel. Alla domanda «Perché Jade?» lui aveva risposto: «Perché si tratta di una bambina molto preziosa e davvero, davvero perfetta». (p. 160)

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Jagger partì alla volta di New York […] ebbe modo di incontrare James Taylor, il cantante americano, […] Taylor era impaziente di presentare a Mick la sua nuova ragazza, Carly Simon, un’altra stella nascente nel firmamento della musica pop. […] Mick non poteva fare a meno di sentirsi attratto da lei […]. […] Non ci volle molto perché le voci riguardanti la relazione tra i due attraversassero l’Atlantico. Nella loro casa di Biot, Bianca reagì alla notizia in maniera adeguata: aprì la porta dell’enorme cabina armadio del marito, tirò fuori tutte le sue camicie preferite e le fece a brandelli... con i denti! […] D’altra parte, non fu più clemente con Mick: lo chiuse fuori di casa e, quando lui riuscì comunque a entrare convincendo uno dei domestici, lo sbatté nuovamente fuori. In seguitò, Jagger affermò che una volta, «in un impeto di gelosia», l’aveva persino minacciato con una pistola. (pp. 161-162)

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Sin dal momento in cui salì sul palcoscenico indossando una tutina bianca intera ornata di lustrini, con uno spacco fino all’inguine, fu chiaro che non lasciava niente al caso. Decenni prima che Keith iniziasse a mettere in giro voci sulle dimensioni dei genitali di Mick, il cantante aveva già sollevato la questione continuando a inserire un calzino arrotolato nella parte anteriore del suo completo da scena. (p. 165)

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Spesso e volentieri Jagger si riteneva libero di fare quel che voleva a bordo di un aeroplano. Durante un precedente volo per Los Angeles, un’assistente di volo aveva fatto l’errore di dirgli che era seduto al posto sbagliato. «Parlami con questo tono», pare avesse risposto alla hostess Pauline Laugh, mentre la prendeva per un braccio e la faceva girare, «e ti do un calcio in culo.» (p. 166)

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Queste bravate mascheravano […] la paura di finire assassinato durante un’esibizione. Per questo motivo, durante il tour americano era sempre accompagnato da due guardie del corpo. Come ultima linea difensiva, aveva deciso di portarsi addosso una pistola calibro 38 che teneva nella tasca della giacca. (p. 166)

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Truman Capote, […] conosciuto nei circoli della buona società come Tiny Terror, si era poi espresso in maniera divertita: «Credetemi, Jagger è sexy quanto un rospo che urina». (p. 168)

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«Non si può dire che sia omosessuale, neppure che sia bisessuale. Lui è al di là delle categorizzazioni. Mick Jagger è la personalità più pansessuale che esista al mondo» (Bebe Buell, vecchia fiamma di Mick) (p. 172)

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Giornalista: «Quanti figli hai?»
Mick: «Non lo so. Non molti» (p. 172)

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[1973] nuovo album, «Goat’s Head Soup». […] solamente uno dei pezzi che conteneva, un lamento lezioso e quasi stonato, poco somigliante ai soliti lavori vibranti del gruppo, diventò una vera e propria hit: Angie. La canzone schizzò immediatamente in testa alle classifiche e vi rimase incredibilmente per tredici settimane. Com’era prevedibile, nacque una grossa speculazione su chi potesse aver fornito l’ispirazione per il brano. […] Un’altra ipotesi parecchio seguita sosteneva che si trattasse piuttosto di Angela Bowie, moglie di David. Nessuna di queste alternative era corretta: Mick aveva infatti scritto il pezzo pensando a Bowie in persona.[…] Tra coloro che apparvero confusi dall’apparente ossessione di Mick per Bowie c’era Keith Richards: «Il fatto è», disse, «che lui può fare dieci volte meglio di Bowie indossando semplicemente un paio di jeans e una t-shirt... Perché vorresti essere qualcun altro quando sei Mick Jagger?» […] Presto le due rockstar vennero viste insieme (e senza le rispettive mogli) ovunque: […]. Una mattina, tornata a casa dopo un’assenza di qualche giorno, […] Angie era allora salita in camera da letto, aveva aperto piano la porta trovando David Bowie e Mick Jagger che dormivano insieme completamente nudi. […] «Anche se non li aveva sorpresi sul fatto», Angie si disse «assolutamente certa che avessero fatto sesso. […]». «Anche se la cosa mi preoccupava», disse, «non potevo farci molto... Magari», ci aveva scherzato sopra in seguito, «quando li ho trovati a letto insieme stavano scrivendo Angie.» (pp. 178-182)

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Ava Cherry, una vocalist di colore a cui era capitato di vivere con i Bowie per un po’ di tempo, aveva confidato a un amico: «Mick e David erano ossessionati sessualmente l’uno dall’altro. Anche se sono stata a letto con loro tante volte, finivo sempre per essere messa da parte a guardarli». (p. 182)

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Christopher Makos, un confidente di Warhol, e altre persone che appartenevano al circolo di Andy erano convinti che anche tra quest’ultimo e Mick ci fosse qualcosa. Sempre secondo Makos, «[…] Andy andava dicendo di essere andato a letto con Mick. Me l’aveva ripetuto diverse volte e io gli credevo». Alle credenziali bisessuali di Jagger si potevano poi aggiungere i dipinti di falli che possedeva (realizzati sempre dall’amico artista), rappresentazioni grafiche di genitali maschili per le quali il cantante aveva scucito fior di quattrini. Nel corso degli anni, a seconda degli ospiti che arrivavano, i quadri apparivano e sparivano dalle pareti delle sue residenze. (p. 183)

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Bebe Buell, l’alta e affascinante protagonista di un paginone centrale di Playboy, che per anni aveva intrattenuto relazioni con entrambi [JAGGER E BOWIE). […] Quando si resero conto che entrambi stavano portando avanti una relazione con Bebe, Bowie e Jagger fecero squadra per coinvolgerla in un’orgia o due. «Mi capitava di ricevere telefonate davvero strane da entrambi alle tre del mattino», ha ricordato, «in cui mi invitavano a raggiungerli a letto insieme con quattro affascinanti donne di colore... o con quattro bei maschioni neri.» «Sessualmente, Mick cerca sempre di superare i suoi limiti», ha concluso la Buell, «senza fare distinzioni. Ama chiunque in maniera incondizionata e non c’è nulla che lo fermi.» […] Tra le varie cose che la modella ha confidato, c’era l’ipotesi che Mick avesse una sorta di feticismo per le scarpe; pare infatti che spesso si presentasse alle uscite galanti portando sotto il braccio delle scatole che contenevano sempre: «Un perfetto paio di scarpe décolletté, uno con i tacchi a spillo, uno con le zeppe». (pp.184-185)

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Bebe Buell: «Mick è un genio con la pelle. Mi ha insegnato come usare il vapore a beneficio della cute e quali erbe utilizzare. Nessuna donna al mondo ne sa più di lui sui cosmetici.» (p. 185)

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[…] il tour degli Stones [1975] Il momento visivamente più impressionante dello show consisteva però nella comparsa, dal retro del palco, di un fallo gonfiabile di dodici metri. (p. 189)

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[…] Jade iniziava a sentirsi ignorata dai genitori. […] per un po’ di tempo sia lui che Bianca si impegnarono per mantenere almeno l’apparenza di una famiglia felice. Ogni estate trascorrevano un po’ di tempo insieme nella casa vicina all’oceano di Montauk, che avevano affittato da Andy Warhol.[…] Montauk […] non era altro che un sonnolento villaggio di pescatori senza ristoranti, negozi o locali notturni. I Jagger cercarono allora di risolvere il problema invitando i loro amici Clapton, Bowie, John Lennon e Yoko Ono, John Phillips dei Mamas and the Papas, Jack Nicholson e Warren Beatty. […] Il loro vicino Dick Cavett ha ricordato che, rumore a parte, si accorgeva della presenza degli Jagger per la nube di marijuana che avvolgeva l’estremità dell’isola. «A volte», affermò Cavett, «sembrava l’odore di un incendio nei boschi di Sonora.» (p. 191)

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[…] la «seconda casa» dei Jagger, ovvero la discoteca Studio 54 a Manhattan. […] Lo Studio 54 aveva aperto i battenti solo da pochi giorni quando [BIANCA] vi era entrata per la prima volta, in occasione della festa organizzata per il suo trentesimo compleanno, a cavallo di uno stallone bianco. Per rendere l’evento ancor più memorabile, il cavallo era stato preceduto da statuari uomini di colore coperti solo da un glitter dorato. (p. 193)

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Anche in quell’ambiente [STUDIO 54] i coniugi Jagger si muovevano in modo indipendente; infatti, ogni volta che capitava di passare dalla discoteca, Mick si rintanava sempre nella sala al piano inferiore riservata ai VIP, mentre sua moglie preferiva osservare il suo regno dall’alto di una passerella d’acciaio corredata di divanetti sospesa sopra l’enorme pista da ballo. (p. 194)

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Andy Warhol le [A JADE] era particolarmente affezionato, e lei a lui. «Jade e io andiamo molto d’accordo. Le ho insegnato a colorare e lei mi ha insegnato a giocare a Monopoli. Aveva quattro anni, io quarantaquattro.» (p. 195)

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[…] lì per lì Bianca non prese molto in considerazione la minaccia rappresentata dalla modella texana, alta (un buon metro e ottanta), bionda e con il fisico slanciato il cui nome iniziava a spuntare associato a quello di Mick. Jerry Fay Hall era la più giovane (con la gemella Terry) delle cinque figlie di un camionista di Mesquite, appena fuori Dallas. Soprannominata «Tali Hall» dai suoi compagni di classe, durante il liceo la goffa teenager non era mai uscita con nessuno, ma aveva preso la decisione di perdere la verginità a quindici anni. Lavorava in un ristorantino della catena Dairy Queen, e con un’amica aveva perciò chiesto al campione locale di rodeo se poteva farle questo favore. Il giovane aveva accettato volentieri («Dentro un fienile, in un giorno di pioggia») e fatto il suo dovere senza nemmeno preoccuparsi di togliere gli stivali. (p. 201)

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La Hall conosceva un sacco di trucchi utili a tenersi stretto un uomo, […]. «Ci sono tre segreti che mia madre mi ha insegnato», disse. «Sii una cameriera in salotto, una cuoca in cucina e una puttana in camera da letto; dato che ho già una cameriera e una cuoca, mi occuperò del resto.» Tuttavia, il consiglio che considerava più prezioso non le veniva certo da sua madre: «Anche se hai solo due secondi, molla tutto e fagli un pompino, così non penserà mai, neanche lontanamente, a fare sesso con qualcun’altra». (pp. 202-203)

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Se un’altra donna si avvicinava troppo al suo uomo, [BIANCA] non ci pensava due volte a farglielo notare, anche con le cattive. Persino nelle occasioni mondane più raffinate, non si faceva problemi a usare pugni, gomitate e persino calci, finché le avversarie non battevano in ritirata. (p. 203)

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Janice Dickinson, anche lei una modella alta, bella e famosa: «[…] L’uomo dei miei sogni era un Jim Morrison ebreo, mentre Jagger assomigliava di più al ragazzo che sta sui barattoli di vernice della Dutch Boy. Per la verità, non era proprio il mio tipo, ma andava bene lo stesso perché era Mick Jagger.» (pp. 203-204)

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[…] la modella [JANICE DICKINSON] che aveva deciso di tentare la fortuna come cantante, una sera si esibì allo Studio 54. Keith Richards e Ronnie Wood erano tra il pubblico, Mick no. Il giorno successivo, dopo che il suo debutto era stato stroncato dai critici, ricevette una chiamata dalla Hall: «Ah, ah, ah! Ho sentito che hai fatto un buco nell’acqua», le aveva detto. «Bene, adesso tieni giù le zampe dal mio uomo», concludendo poi la chiamata con un avvertimento: «Ho una pistola nella borsa e so come usarla». […] Janice ha poi detto: «[…] mi sono spaventata a morte». (p. 204)

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Mick aveva infatti preso in considerazione la chirurgia plastica […], finendo poi per rinunciare ai trattamenti per impreziosire il suo famoso sorriso con qualche gioiello. Aveva iniziato facendosi incastonare uno smeraldo di Cartier nell’incisivo superiore destro, ma Keith gli aveva detto che sembrava solo un pezzo di spinaci incastrato tra i denti. Quando aveva sostituito lo smeraldo con un rubino, l’altro sostenne che sembrava una macchiolina di sangue. Alla fine, il cantante aveva scelto un diamante, cosa che «ai ragazzi di Cartier piacque molto». (p. 205)

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L’anno successivo [1978], all’uscita «Some Girls» vendette sette milioni di copie e produsse diversi singoli di successo: Beast of`Burden, Shattered e Miss You, un pezzo definito da Keith «la disco merda di Mick». Comunque il brano […] arrivò senza problemi in vetta alle classifiche. (p. 206)

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Keith Altham: «Jagger è assolutamente spietato e non sa cosa sia la lealtà. Per lui le persone vanno e vengono rapidamente, per poi sparire una a una.» […] non escludeva neppure le persone che erano state fondamentali per il successo degli Stones, come sir Edward Lewis, presidente della Decca Records. Infatti, quando Altham chiese al cantante un commento sulla sua morte, questi gli rispose seccamente: «Dì loro che era anche ora». (p. 207)

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[JERRY E MICK] occupavano il Carlyle Hotel sotto gli pseudonimi di «Mr. e Mrs. Phillips», […]. (p. 208)

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Alla fine del 1978 tra loro [LE GROUPIES] spuntò una faccia nuova: una ragazza di vent’anni, bassina, con i capelli scuri e il chewing gum sempre in bocca […] aveva una passione per i leggings e i vestiti leopardati, faceva un sacco di chiasso e non aveva nessun problema a mettersi a cantare a squarciagola. […] Quale che fosse la ragione, Jagger fu immediatamente attratto da quell’aggressiva nuova arrivata e la invitò più volte in camera sua. «Lei era una persona impetuosa, e questo lo affascinava», disse Kevin. Forse era stato invece il suo nome a colpirlo: Madonna. (pp. 208-209)

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Quando John e Yoko si erano rimessi insieme, Jagger aveva smesso quasi del tutto di vederlo. « A me John piace molto, sai?» disse Mick, che ogni volta che passava dal Dakota veniva respinto dal portiere. «Probabilmente è solo succube della sua dannata moglie.» In ogni caso, sovente lasciava al portone d’ingresso un biglietto per Lennon con scritto « Mick è stato qui». (p. 213)

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Comunque, a parte il sesso, la droga, il rock and roll e i soldi, c’era anche dell’altro che lo faceva impazzire: le proprietà immobiliari, un bene che collezionava per passione, e non solo. […] si era reso conto che, per provare il suo status di «menestrello itinerante» non soggetto a tassazione, gli erano necessarie altre residenze piuttosto distanti.
Alle case che già possedeva a Londra e a New York, aggiunse quindi un grazioso appartamento a Parigi, all’Ile de la Cité, nonché uno spettacolare castello del diciassettesimo secolo nella valle della Loira. Considerato un monumento storico dal governo francese, La Fourchette poteva vantare vigneti, una cantina per i vini, dodici camere da letto e una cappella privata che Mick e Jerry usarono per dormire durante il restauro, durato tre anni e costato due milioni di dollari.
C’era poi il cottage relativamente modesto sulla spiaggia di L’Ansecoy all’isola di Mustique, un remoto paradiso privato nell’arcipelago delle Grenadine. […] A lavori ultimati, Stargroves (il nome era stato ereditato dalla residenza di campagna acquistata per Marianne Faithfull) avrebbe avuto diversi padiglioni in stile giapponese quali alloggi per gli ospiti, una stanza da bagno con tanto di ofuro, una vasca da bagno in stile giapponese, quartieri separati per i bambini, un padiglione per la cerimonia del tè, una veranda per ammirare la luna e una sala giochi con il pavimento di tek intarsiato di migliaia di pillole rosse e bianche di Contac. (pp. 214-215)

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Jagger, ormai convinto che tutti volessero qualcosa da lui, era diventato più freddo. […] «Quando lo salutavi, nove volte su dieci passava avanti senza neanche guardarti», aveva detto Keith Altham. (p. 216)

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[…] l’8 dicembre 1980. Un ammiratore squilibrato, Mark David Chapman, si parò all’improvviso davanti a John Lennon davanti al Dakota Building e gli sparò, uccidendolo. […] Jagger […] fu terribilmente scosso dall’evento. Quando venne a sapere la terribile notizia, secondo il suo autista, «diventò pallido come un cencio, i suoi occhi si fecero rossi e iniziò a tremare». […] L’orribile assassinio di John Lennon lo lasciò prostrato per mesi, e per una buona ragione: si era scoperto che anche lui era sulla lista delle vittime di Chapman. (pp. 216-217)

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«Mick è uno degli uomini più sexy del mondo e il miglior amante che abbia mai avuto» (Jerry Hall). (p. 218)

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«Non puoi continuare per sempre con le sedicenni. Sono molto esigenti» (Mick) (p. 218)

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«L’ho disintossicato dalle droghe, ma le ha rimpiazzate con il sesso» (Jerry Hall) (p. 218)

*** «Sei proprio sicuro di volerlo fare?» aveva chiesto l’attore Jason Robards a Mick. I due avevano già trascorso diversi mesi sulle rive del Rio delle Amazzoni, lavorando al film Fitzcarraldo di Werner Herzog, […]. Esausto e forse più che altro disorientato, Mick stava per provare un antico rituale di matrimonio indigeno volto ad aumentare le dimensioni del pene. «Consisteva nell’infilare il membro in una canna di bambù, che andava poi riempita di api», disse il regista Julian Temple, […]. «In questo modo, il membro raggiungeva le dimensioni del bambù.» Secondo Temple, Mick, […] confermò di aver tentato almeno una volta questa dolorosa procedura. (p.219)

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[…] in occasione della nascita di Elizabeth Scarlett Jagger, avvenuta il 2 marzo 1984 al Lenox Hospital di New York, […] la neonata, di tre chili e sette, […]. Di ritorno nella nuova casa di città della coppia, un palazzo di cinque piani sull’Ottantunesima Ovest (dove la scritta MICK campeggiava a lettere blu sul marmo bianco e una bandiera inglese ricopriva un’intera parete) il neopapà disse subito, chiaro e tondo, che di sicuro non aveva intenzione di cambiare pannolini. Inoltre, vietò a Jerry di portare la bambina nella loro carnera da letto per la poppata notturna. L’odore del latte materno, dichiarò, gli dava la nausea. (pp. 225-226)

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[…] il 30 giugno uscì [STATE OF SHOCK] il loro duetto [DI MICK E MICHAEL JACKSON] si piazzò direttamente in terza posizione: […]. Invece, per quel che riguardava la collaborazione in sé, nessuno dei due risultò particolarmente impressionato dall’altro. Jackson accusò Jagger di essere stonato («Ma quello, come diavolo ha fatto a diventare una star?»), mentre Mick giudicò «davvero effimero» il talento del re del pop, «come la schiuma di un boccale di birra». (p. 226)

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[…] Anche se era stato spesso tentato, Keith non era mai venuto alle mani con Mick. «Non c’è gusto», aveva spiegato, «nel prendere a pugni una checca.» Per la maggior parte del tempo, infatti, s’accontentava di prenderlo soltanto in giro. Per esempio quando, avendo trovato per caso un libro scritto da una tale Brenda Jagger, scoprì di poterlo mandare su tutte le furie semplicemente chiamandolo ’’Brenda’’». (p. 227)

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«Quando sarà grande, dirò a Jade di stare attenta agli uomini come me.» (Mick) (p. 227)

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La modella [JERRY] desiderava disperatamente era diventare «la signora Jagger». Da anni portava sempre in valigia un anello di plastica e un bouquet di fiori d’arancio, nel caso che a Mick fosse venuta improvvisamente l’ispirazione; […] in quel momento era persino pronta a firmare un contratto prematrimoniale […]. (p. 229)

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«La monogamia non fa per me.» (Mick) (p. 228)

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Il 28 agosto 1985 Jerry […], dopo dodici ore di travaglio, diede alla luce James Leroy Augustin Jagger, un bel bambino di tre chili e due. Jagger tenne la mano della compagna per buona parte del tempo finché, sentendosi mancare, a un certo punto preferì fissare la parete piuttosto che il parto vero e proprio. (p. 229)

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[JAGGER E BOWIE] […] trovarono anche il tempo per fare quattro chiacchiere con Madonna dopo il suo concerto di Wembley (quest’ultima, probabilmente, evitò di ricordargli che, anni prima, avevano trascorso qualche tempo insieme al Plaza, visto che lui se n’era andato considerandola «un ditale di talento in un mare di ambizione»). (p. 230)

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1987 […] il suo nuovo album da solista, «Primitive Cool» […] non andò oltre il quarantunesimo posto in classifica. […] il cantante era più che mai convinto che la sua carriera in solitaria soffrisse a causa della sua associazione ai Rolling Stones. […] «Non ho certo bisogno di quel branco di vecchi scoreggioni.» (p. 213)

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Jagger si era impegnato molto per mantenersi in forma, […]. La sua inesauribile energia era riuscita a stupire persino il più piccolo dei suoi figli. Ipnotizzato davanti a un film di Tarzan in TV, il piccolo Jimmy Jagger, di soli venti mesi, si era illuminato quando Cita era apparsa nell’inquadratura, si era messo a strillare, a saltellare e a fare smorfie, indicando il suo «Apà» sullo schermo. (p. 232)

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Quando Jerry fece il suo debutto in teatro in una versione dell’opera Fermata d’autobus di William Inge prodotta a Montclair, nel New Jersey, Mick era tra il pubblico della prima, la sera del suo quarantacinquesimo compleanno. Annoiato, si era girato verso l’amica Liz Derringer chiedendole se per caso non si era portata dell’erba o della coca. Siccome la donna non disponeva né dell’una né dell’altra, dopo una pausa le chiese: «Che ne dici allora di un bel pompino?» (pp. 233-234)

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[…] Washington, nel Connecticut, […] Gli abitanti del posto si abituarono ben presto a vedere Mick correre all’indietro lungo sperdute stradine di campagna (l’ultimo trucco che aveva imparato per sviluppare resistenza e agilità) […]. (p. 235)

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Mick e Jerry […] per celebrare il loro dodicesimo anniversario, il cantante fece costruire una piscina a forma di cuore, che gli costò centomila dollari, nel ranch della compagna in Texas[…]. (p. 237)

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Mick e Jerry […] si sposarono intorno alle sei del pomeriggio del 21 novembre 1990, nella casa in collina di un amico sull’esotica isola indonesiana di Bali. La cerimonia fu officiata da un sacerdote indù che lesse preghiere in sanscrito e applicò zafferano sulla fronte degli sposi. Pare poi che, mentre la sposa si preparava per andare a dormire, lo sposo si fosse messo a rincorrere la moglie del padrone di casa. (p. 237)

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Ahmet Ertegun: «Mick è un brillante uomo d’affari, che conosce l’industria musicale meglio di chiunque altro. È una persona tenace, scaltra e calcolatrice. Qualsiasi dirigente discografico che provasse a sottovalutarlo - e ce ne sono stati - sarebbe un maledetto idiota.» (p. 239)

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L’anno precedente […] aveva beccato il suo vecchio amico Eric Clapton in compagnia di una modella ventitreenne di nome Carla Bruni. La ragazza, di ottima famiglia, aveva tutte le qualità che il cantante cercava in una donna: bellezza mozzafiato, giovane età, soldi (quattro milioni di dollari all’anno ricavati dall’attività di modella più la sua fortuna personale) e, cosa più importante, un fidanzato rockstar. «Sapevo che Carla avrebbe attirato la sua attenzione», disse Clapton, […].
«Per favore Mick, questa no, ti prego! Penso di esserne innamorato», lo aveva implorato. Ciononostante, però, nel giro di qualche giorno, Jagger e la Bruni iniziarono quel che Clapton avrebbe poi definito «la loro tresca clandestina». […] Clapton ne fu devastato. (p.239)

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Il 12 gennaio 1992 Jerry partorì una bimba di poco più di tre chili e mezzo: Georgia May Ayeesha Jagger. Il giorno dopo, però, il padre era su un aereo diretto in Thailandia, dove lui e Carla Bruni si sistemarono nella villetta n. 15 del lussuoso Amunpuri Hotel di Phuket, registrandosi con uno pseudonimo dalla vaga assonanza locale: «Someching». (p. 241)

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In un’occasione, un giovane giornalista aveva bussato alla sua porta per intervistarla e Carla aveva aperto in topless (per il resto della lunga intervista aveva poi fatto un mezzo tentativo di coprirsi il seno usando uno dei suoi due gatti siamesi, Betty e Mitzy). «La monogamia mi annoia», dichiarò a un altro reporter. «Preferisco la poligamia e la poliandria.» (p. 242)

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«Non c’è niente di più umiliante dell’amarlo così tanto da perdonare le sue infedeltà.» (Jerry Hall)

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[…] pare che Jagger stesso avesse confidato a Carla Bruni di essere stato a letto con ben quattromila donne prima di incontrarla. (p. 245)

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[…] Mick e Keith erano di nuovo ai ferri corti. […] Nei sei mesi necessari per realizzare «Voodoo Lounge», i due si parlarono solo una volta al di fuori degli studi: quando Keith chiamò per errore la stanza di Mick anziché il servizio in camera per farsi portare del ghiaccio. A detta di Was, «pensano tutti che quei due abbiano un rapporto profondo anche fuori dal lavoro, ma non è così: se non è strettamente necessario non si parlano neanche, il che è piuttosto scioccante». (p. 247)

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«Penso che per la gente sia difficile accettare il fatto che uno può essere un grande artista e anche un buon affarista. Però voglio che la gente si ricordi di me come di un cantante maledettamente in gamba. E che cazzo, Keith non deve mica preoccuparsi di questa merda! Io sono Ebenezer Scrooge, lui invece è un vero e proprio artiste e tutti lo amano!» (p. 248)

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Mick dimostrò di avere fin troppo senso degli affari quando ricevette la telefonata di Bill Gates, presidente della Microsoft, […]. Infatti, il suo nuovo sistema operativo, Windows 95, aveva tra le sue caratteristiche un pulsante «Start» e Gates, grande appassionato degli Stones, per promuovere il prodotto negli spot voleva usare Start Me Up. […] Quasi per scherzo, Mick sparò una cifra assurda, dieci milioni di dollari, convinto che l’altro si sarebbe tirato indietro. Ma Bill non lo fece. (p. 250)

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[…] nel marzo del 1995 […] Mick si trovava nella sua suite all’Okura Hotel di Tokyo bevendo champagne in compagnia della modella ventiduenne Nicole Kruk […]. In albergo, dove Jagger soggiornava sotto lo pseudonimo di «Mr Brook» […]guardavano il DVD di Mrs. Doubtfire, stravaccati su un divano. A un certo punto del film, Robin Williams veniva truccato per assumere l’aspetto di una donna piuttosto anziana e si lamentava di avere la pelle «floscia come quella di Mick Jagger». La modella aveva riso per la battuta, ma lui era rimasto male e aveva iniziato a morderla - e anche forte. […] Nicole disse: «La cosa che ricordo meglio del momento in cui ho fatto l’amore con lui è la sua faccia. Ha una pelle così floscia che durante il sesso la sua bocca diventa cascante come quella di un animale... però è stato un buon amante». […] La storia era durata una settimana. (p. 252)

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[…] interpretando la parte di Greta, una drag queen […] nel film Bent, […] Durante le riprese, che si tennero in Scozia, a Mick fu richiesto di indossare un vestito da sera di raso con lo spacco, calze a rete, collana di diamanti e parrucca, […]. Jagger, […] pare infatti che abbia passato ore a discutere con il regista a proposito degli abiti lunghi che avrebbe dovuto indossare: «Mi stanno di gran lunga meglio», insisteva, «gli abiti corti». (p. 253)

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[…] nel 1996, per diverse settimane Jagger intrattenne una rovente storia con l’attrice Uma Thurman che, all’età di ventisei anni, ne aveva ventisette meno del suo amante. (p. 255)

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[…] la modella ceco-polinesiana Jana Rajlich […] Pare che i due continuassero da anni una tresca a fasi alterne. Venne fuori che la ragazza non solo aveva soggiornato al Ritz-Carlton di Atlanta mentre lui si trovava lì per registrare, ma aveva anche occupato per tre settimane di fila una stanza del Carlyle Hotel di New York contemporaneamente a Jerry, mentre Mick, ovviamente all’insaputa della moglie, faceva la spola tra l’una e l’altra. (p. 256)

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Angelina Jolie disse senza mezzi termini a tutti che non desiderava interpretare la parte della spogliarellista in un video dei Rolling Stones. […] sua madre, l’attrice/produttrice Marcheline Bertrand […] pensava che Angelina […] avesse bisogno di un uomo come Mick. «Marcheline si è innamorata di Jagger per Angelina» , disse Lauren Taines, una sua buona amica, «riteneva che potesse insegnarle il significato della celebrità e il modo di gestire la fama.» […] appena finite le riprese iniziò a corteggiarla. Dapprima lei rifiutò. […] Alla fine si arrese, accettando di incontrarlo a Palm Beach in autunno, […]. Il weekend si concluse con un’Angelina indifferente e un Mick ancora più infatuato. […] I messaggi continuarono, […]. Questo tira e molla fra i due si trascinò per altri due anni, senza giungere a una conclusione. (pp. 261-263)

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Angelina Jolie […] una volta aveva persino contattato un killer, chiedendogli se era possibile assumerlo per farsi uccidere. (p. 262)

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[…] malgrado il concerto previsto per febbraio all’Aloha Stadium di Honolulu, lui e i ragazzi trovarono il tempo di esibirsi davanti a quattromila impiegati della Pepsi che festeggiavano il centenario della società. Questa piccola deviazione fruttò loro due milioni di dollari. «Ho usato la coca per vent’anni», proclamò Mick all’apertura dello spettacolo, «ma adesso sono passato alla Pepsi!». La folla esplose con un boato di approvazione. (p. 265)

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[…] il cantante […] continuava a macinare amanti. Non tutte le conquiste erano però modelle mozzafiato: a quanto pare, aveva tempo anche per fortunate dipendenti. Claire Houseman aveva già lavorato come bambinaia per Mark Knopfler dei Dire Straits e per Sting quando, nel giugno del 1998, fu assunta per prendersi cura di Gabriel. […] primo incontro con Mick e Jerry, […] a Bruxelles durante un tour dei Rolling Stones, […] Jerry era sul letto con il piccolo Gabriel quando la tata, all’epoca trentaduenne, fu accompagnata nella stanza con la sua valigia. Pochi istanti dopo, Mick era uscito dalla doccia... «Nudo e crudo. Non sapevo dove guardare!» ha ricordato la Houseman […]. «Dopo ricordo solo che mi ha teso la mano dicendo: ’Ciao, sono Mick’. Non sembrava affatto imbarazzato... È stata una scena assurda.» Nel frattempo, Jerry aveva mantenuto il più assoluto silenzio. Il pomeriggio successivo, Claire stava preparando il caffè in cucina quando Mick le si era avvicinato. […] Jagger aveva iniziato ad accarezzarle i capelli e, in un lampo, l’aveva sollevata sul piano della cucina abbassandole i pantaloni. «[…] Ho solo pensato: Oh, Signore, ma è già finito?» Mick si era riallacciato i pantaloni, l’aveva aiutata a scendere e le aveva dato un bacio sulla punta del naso dicendole: «Okay piccola, questo è tutto». […] «lui è tornato da sua moglie e io ho finito di preparare il caffè […]» (pp. 268-269)

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Carla Bruni: «Come si potrebbe non adorarlo? È così affascinante. Se l’avessi conosciuto prima del suo matrimonio, mi sarebbe piaciuto diventare la signora Jagger. Sarebbe stato un marito fantastico». (p. 272)

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[…] il 15 maggio 1999 […] il divorzio, […]. [MICK E JERRY] si trovarono d’accordo sul fatto che avrebbero dovuto comportarsi civilmente l’uno nei confronti dell’altra per il bene dei figli. […] «Adesso che entrambi sappiamo che è finita, posso dire che viviamo meglio di quanto non abbiamo fatto per tanti anni». Erano talmente sereni che lui si era addirittura trasferito nella casa accanto a quella di lei, a Richmond, e aveva fatto abbattere la parete di una sala da pranzo per migliorare il passaggio tra i due edifici. […] (p. 274)

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Jagger era già passato a un’altra bomba sexy latino americana, […] Vanessa Neumann […]. Rimbalzata sui tabloid inglesi con il soprannome di «Petardo di Caracas», […]. (p. 278)

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Mick […] finalmente aveva anche richiesto la consulenza di una terapista specializzata in problemi sessuali - finendo per sedurla. La dottoressa Natasha Terry ha così commentato la relazione intrattenuta con il suo paziente: «Gli piaceva sculacciarmi, e io mi mettevo a ridere perché non avevo mai provato una cosa del genere». Da un punto di vista più professionale, invece, la sua diagnosi fu la seguente: «Penso che lo si possa paragonare a una sorta di vampiro sessuale. Trovarsi a contatto con tantissime persone diverse lo fa sentire giovane e gli regala un sacco di energia. Non riesce a essere fedele a una sola compagna, ma sente piuttosto il bisogno di trarre la soddisfazione sessuale andando a letto con tante donne contemporaneamente». (p. 280)

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Tra gli elementi invariabili della personalità di Jagger c’era anche la consueta tirchieria, […]: «Gli piaceva andare in Marocco», disse la Hall, «e magari passare tutta la giornata a trattare il prezzo di due tappeti. Allora io gli dicevo: ’Tesoro, questo è un Paese povero, dagli i soldi e basta’». Bianca era stata anche più diretta, e una volta l’aveva definito: «Un vero e proprio Scrooge, attaccato a ogni nichelino». Pur mantenendo la fama di spilorcio (il suo ex addetto stampa, Keith Altham, aveva spesso assistito a scene in cui, dopo una corsa in taxi a New York, Mick cercava di cavarsela con un misero quarto di dollaro di mancia), […]. (p. 280)

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L’idea non era però così allettante per il nonno materno del bimbo, Joao Morad [PADRE DI LUCIANA, MADRE DI LUCAS], che si riferiva al «genero» chiamandolo «il vecchio porco». (p. 284)

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«Mick è un padre meraviglioso e poi, se ne intende di bambini: ne ha così tanti!» (Luciana Morad) (p. 288)

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Keith Badgery, suo autista personale per quattordici anni […] aveva l’abitudine di ritirare per conto di Mick le chiavi delle suite d’albergo in tutto il mondo, sotto una serie di pseudonimi diversi («Mr. Archer» e «David James» erano i più gettonati), […]. Anche se si tratteneva solo per una notte, il cantante controllava sempre che la reception ricevesse una lista di richieste da parte sua. Era solito ordinare infatti quattro bottiglie di vino (due di rosso e due di bianco), diversi tipi di birra, del caffè java fresco di tostatura e fiori appena recisi in ogni stanza. Inoltre, disponeva che le finestre delle camere da letto fossero coperte con carta fotografica nera per impedire che entrasse la luce del sole. «Ho sempre avuto il sonno leggero», spiegava. (p. 289)

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[…] L’ultima cosa che Mick desiderava era che gli si ricordasse la sua età, ma non poté più ignorare il calendario quando Saga, la più importante rivista inglese dedicata alla terza età, lo mise in copertina nel numero di settembre. Nell’articolo interno, circondato da pubblicità di letti ortopedici e case di riposo, Mick vuotava il sacco su tutto, […]. in privato era davvero furibondo […]. (pp. 292-293)

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«In vita mia non sono mai stato profondamente e follemente innamorato. Non sono una persona molto emotiva» (Mick) (p. 294)

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«Mick è innamorato di Keith. Insomma, sono come una coppia sposata» (Jerry Hall) (p. 294)

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[…] gli era stato chiesto più volte di spiegare perché avesse sentito la necessità di lavorare senza gli altri componenti del gruppo, […]. La risposta era stata: «Perché nei Rolling Stones tutto è sottoposto a votazione, e in ambito musicale la democrazia non è sempre una cosa positiva». (p. 297)

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[…] la sua nuova passione era una modella di trentaquattro anni, alta più di un metro e novanta e con i capelli corvini, che aveva conosciuto a Parigi in novembre. La ragazza, che utilizzava il curioso pseudonimo di L’Wren Scott (vero nome: Launn Bambrough), era stata adottata da una coppia di mormoni […]. Tra coloro che erano abbastanza grandi da ricordare Jessica e Roger Rabbit, i paragoni divennero inevitabili. Più alta di lui di quasi diciotto centimetri, la Scott aveva imparato a piegare le gambe con una strana angolazione (ma solo quando veniva immortalata a fianco del suo uomo). Nella maggior parte dei casi, invece, svettava in tutta la sua altezza, mostrando di preferire qualche bel paio di Jimmy Choo tacco dodici al posto delle scarpe basse. Dato che sorrideva di rado e aveva l’abitudine di vestirsi spesso di nero (smalto incluso) per fare pendant con le sue chiome corvine, la donna evocava un’altra somiglianza piuttosto scontata: quella con Morticia Addams. (pp. 298-300)

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Incredibilmente, quando si trovava in Inghilterra, Jagger continuava ad abitare vicino all’ex moglie Jerry. La Hall ha affermato: «[…] la situazione sta diventando ridicola e non riesco a liberarmi di lui!». […] a Richmond […] o se ne andava dalla casa vicino alla sua, o lei avrebbe venduto la proprietà, […].Mick traslocò effettivamente in una suite-attico con tre camere da letto al Claridge Hotel (trentacinquemila dollari la settimana) registrandosi come «ospite permanente dell’albergo». Non vendette la casa di Richmond, anzi, acquistò un altro appartamento da ottocentomila dollari al piano terra e iniziò dei lavori di ristrutturazione per trasferircisi con L’Wren. Fece persino abbassare il pavimento di circa venticinque centimetri, in modo che, vista la sua considerevole altezza, la casa fosse più confortevole anche per la modella. (pp. 301-321)

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«È un genio, una leggenda ed è ancora sexy, ha stile, sai? Ma per l’amor di Dio, ha l’età di mio nonno!» (Britney Spears) (p. 303)

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Nemmeno «Goddess in the Doorway» [ALBUM DA SOLISTA] ebbe un grande successo […]. Quando gli chiesero un’opinione sull’ultimo lavoro dell’amico, Keith rispose infatti: «Cosa? Dog Shit in the Doorway? Ho ascoltato tre tracce, poi ho lasciato perdere. Sai, uno potrebbe domandarsi perché questi album da solista. Con gli Stone è un grande, ma è meglio non dargli troppa libertà».
[…] «Goddess in the Doorway» aveva venduto soltanto novecentocinquantaquattro copie nel giorno della sua uscita, una cifra assolutamente imbarazzante. Al contrario, «Swing When You’re Winning» di Robbie Williams, pur essendo stato stroncato dalla critica, si era portato a casa settantatremilaseicento copie, vendute nel giro delle prime ventiquattro ore. Mick Jagger era stato superato da ben ottantaquattro artisti, inclusi un gruppo di bambini chiamato The Tweenies e Des O’Connor, cantante e ballerino inglese. (p. 304)

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Keith: «Gli Stones sono i numeri uno. Sono la ragione per cui sono qui, l’essenza della mia intera vita lavorativa. Tutti abbiamo provato a fare qualcosa da soli, ma poi siamo tornati al gruppo originale». (p. 306)

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Mick […] diede il via ai preparativi per un album che avrebbe contenuto i più grandi successi dei Rolling Stones e per il tour mondiale che lo avrebbe accompagnato. […] Mick aveva trascorso mesi ad allenarsi come un atleta olimpionico, passando ore e ore a sollevare pesi, a correre e a fare esercizio, […] aveva dovuto bandire gli alcolici dal tour e seguire una vera dieta da corridore, con pochi grassi e tanti carboidrati. Doveva mangiare grandi quantità di pane e riso integrali, pasta e frutta. […] aveva pensato bene di assumere il preparatore vocale Don Lawrence, […] si era anche impegnato a prendere lezioni di ballo […]. «Ne sono uscito con una capacità di movimento molto migliorata», disse. «Oddio, ma che diavolo sta facendo quella cretina di Brenda?» aveva scherzato Richards, usando uno dei suoi soprannomi preferiti (tra i più gettonati c’era anche «sua maestà»). Il chitarrista non riusciva a capacitarsi che l’amico avesse assunto qualcuno per insegnargli delle mosse che lui stesso aveva inventato quarant’anni prima. […] E Keith Richards, invece, come si era preparato per il tour imminente, battezzato Licks? A questa domanda, il chitarrista aveva sorriso e aveva fatto un tiro dall’onnipresente sigaretta, dicendo: «Mi presento sul palco». (pp. 306-308)

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James Reynolds, sul The Scotsman di Edimburgo, scrisse: «Promiscuità sessuale, avventure con una serie infinita di donne, quantità enormi di droga e alcol, una breve permanenza dietro le sbarre seguita... dall’esilio fiscale. Nel frattempo, ha fatto un po’ di musica e qualche disco». (p. 310)

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[…] Jagger e soci inaugurarono finalmente la tournée Licks […] il fatto che i suoi amici fossero stati lontani dalle scene era evidente «[…] erano nervosi. […] Facevano un sacco di errori e sbagliavano i tempi. […]». In ogni caso, riuscirono a ritrovare la forma in tempo per il lancio ufficiale del tour, previsto per il 3 settembre 2002 al Fleet Center di Boston, […]. Per lui, comunque, tutto era rimasto uguale, a parte la presenza di una maschera a ossigeno, dalla quale prendeva qualche boccata durante le pause, e di un defibrillatore in caso di bisogno. (p. 312)

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[…] Un eccentrico miliardario americano che cercava un modo memorabile per festeggiare il suo compleanno. David Bonderman, fondatore del gruppo Texas Pacific, che aveva accumulato un patrimonio di cinque miliardi di dollari grazie alla compravendita di quote di società come Continental Airlines, Burger King, Ryanair, e U.S. Airways, compiva sessant’anni (solo otto mesi prima di Mick) e aveva invitato millecinquecento amici all’Hard Rock Hotel and Casino di Las Vegas per una festa. Dato che anche gli Stones avrebbero concluso proprio lì la parte 2002 del loro giro intorno al mondo, Bonderman li aveva contattati e aveva chiesto se potevano esibirsi per lui. I «ragazzi» avevano accettato per la modica cifra di sei milioni di dollari diventando, tra l’altro, il gruppo più pagato del mondo per una festa. Dato che i Rolling Stones non gli bastavano, il miliardario assunse anche John Cougar Mellencamp per aprire il concerto e Robin Williams per fare cabaret negli intermezzi. Costo totale della serata: sette milioni e mezzo di dollari. (p. 313)

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Il 26 luglio 2003 Jagger compì sessant’anni, […]. L’età anagrafica, puntualizzava spesso Jagger, era solo un numero: «Quando hai ventun anni, non riesci a credere di esserci arrivato. Quando arrivi a trenta succede la stessa cosa. Una volta passati i quaranta, la prendi un po’ meglio perché ormai ci sei abituato. Arrivati ai sessanta, effettivamente, c’è davvero da essere increduli e stupiti per il traguardo, e perciò è una cosa che semplicemente si deve prendere così come viene.» (pp. 317-318)

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[…] l’onorificenza che Mick desiderava da tutta la vita. Finalmente, il 12 dicembre 2003, dopo avere rimandato più volte la cerimonia in modo da non essere messo in ombra da altre celebrità investite con lui, a Buckingham Palace Mick ricevette il titolo di baronetto dalle mani del principe Carlo. Mentre diventava «sir Mick», non gli era però sfuggita l’assenza della regina. Per nulla deluso, ci aveva scherzato sopra: «Sono sicuro che preferisce i Beatles per via di quella loro aria da signorini beneducati. Se solo sapesse la verità!» (p. 319)

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Charlie Watts: «Per quarant’anni, dal fondo del palco ho visto le chiappe di Mick che mi ballavano davanti... Stando alla batteria non riuscivo a vedere altro! Pensandoci bene, però, non posso lamentarmi. […]». (p.323)

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«Qualsiasi tipo di somiglianza, anche minima, tra la mia vita e quella di un playboy è puramente casuale» (Mick). (p.324)

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Jerry: «Quando doveva farsi perdonare qualche marachella, Mick mi regalava diamanti quindi, come si può ben immaginare, ho accumulato parecchi di questi ’gioielli del rimorso’, ma non li metto mai, perché mi riportano alla mente troppi brutti ricordi.» (p. 325)

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Keith: «Discutevamo accanitamente per le sciocchezze più insignificanti, e persino il colore della copertina di un album poteva trasformarsi in un problema da duello all’ultimo sangue... tra noi c’è lo stesso senso di rivalità che caratterizzerebbe due fratelli attaccabrighe.» (p. 326)

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Una volta in studio, il compito di essere all’altezza delle aspettative rimaneva a lui solo, ma prima doveva mettere in atto una trasformazione che aveva sempre lasciato senza parole tante persone, tra cui il produttore Don Was. Per muoversi inosservato nel mondo reale dei cinema e dei centri commerciali, Mick aveva imparato a celare la sua «personalità incredibilmente carismatica». Quindi, come aveva spiegato lo stesso Was, «gli occorreva un po’ di tempo per entrare nel personaggio. Si toglieva la camicia e rimaneva in canotta; la sua muscolatura e le sue labbra aumentavano di volume. All’improvviso sembrava aver perso quarant’anni, e io ne ero talmente colpito che mi pareva di fissarlo come un turista. Mi imbarazzavo a tal punto che non sapevo più dove guardare». (p. 327)

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[…] Intervistato da un quotidiano di Boston mentre si preparava al concerto di apertura di A Bigger Bang (che si sarebbe svolto nel Fenway Park il 21 agosto 2005), Richards aveva rilasciato dichiarazioni piuttosto imbarazzanti che, per la prima volta, puntavano a ridicolizzare la virilità di Mick: «Se guarda in basso, non se lo vede perché il naso lo copre», aveva sghignazzato Keith. «Ha delle palle enormi, ma un cazzetto veramente misero.» (p. 328)

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[…] alla veneranda età di sessantadue anni, […] Alla domanda se avesse mai usato il viagra, fu categorico: «Mai! Non ne ho affatto bisogno!» (p. 328)

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I media avevano infatti soprannominato L’Wren «la domatrice di lombi», per la sua apparente capacità di tenere a freno questo lato del suo compagno. […] Accusata di seminare zizzania tra i componenti del gruppo, L’Wren fu inevitabilmente definita «la Yoko Ono dei Rolling Stones». (p.330)

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L’Wren: «E poi, guardate come si veste! Non penso che esista uomo al mondo più attento di lui alla moda.» (p.331)

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[2006] […] un milione e trecentomila persone (una cifra incredibile, la più alta mai registrata da un loro live) si presentò al loro concerto gratuito di Copacabana a Rio de Janeiro.[…] portò con sé anche dei grossi profitti inaspettati per il gruppo. Infatti il loro compenso era stato essenzialmente corrisposto dal governo brasiliano, ma quando furono riscossi i diritti televisivi e il ricavato del merchandising, risultò che quella notte a Rio aveva fruttato ben diciassette milioni di dollari. (p. 332)

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Nicolas Sarkozy era geloso, geloso di Mick Jagger. Riteneva che la relazione tra sua moglie Carla e il cantante (durata otto anni) fosse ormai finita, ma poi si era accorto che nell’appartamento di lei, a Villa Montmorency, nel raffinato XVI arrondissement di Parigi, c’era una foto incorniciata d’argento che li ritraeva abbracciati sulla spiaggia. […] Nel novembre del 2007, […] solo un mese dopo il divorzio di Sarkozy, Jacques Sequela, un importante pubblicitario francese, l’aveva presentata all’allora presidente francese nel corso di una festa nella sua casa parigina. Secondo Sequela, durante il loro primo incontro i due avevano effettivamente parlato di Mick. «Quando si tratta di stampa e celebrità, lei è un dilettante», aveva scherzato lei, «la mia relazione con Jagger è rimasta segreta per otto anni. Siamo stati in tutte le capitali del mondo senza essere fotografati una sola volta.» Sarkozy, fingendosi indifferente, aveva tentato di attaccare il fisico esile del cantante: «Come ha potuto stare otto anni con un uomo con dei polpacci così ridicoli?» […] Carla era combattuta. […] L’avevano infatti sentita descrivere soltanto un uomo come «l’amore della mia vita»: Mick. Alla fine, il 2 febbraio 2008 la Bruni e Sarkozy si sposarono all’Eliseo. […] Carla Bruni-Sarkozy era rimasta in contatto con l’altro uomo […]. I due continuavano infatti a sentirsi per telefono e il presidente continuava a rodersi per la gelosia. Il sentimento si intensificò quando la moglie (che poteva vantare una fortuna personale di trentacinque milioni di dollari ereditata dal padre) decise di cercare una casa che sostituisse il suo appartamento cittadino nel XVI arrondissement. Naturalmente, la residenza ufficiale della coppia era l’Eliseo, ma lei aveva sempre voluto mantenere un altro rifugio tutto per sé, fuori dalle mura del palazzo presidenziale. Alla fine, decise per una spettacolare residenza bifamigliare con giardino da quindici milioni di dollari sulla rive gauche della Senna, al n. 55 di rue de Babylone, […]. Sarkò approvò... finché gli giunse voce che Mick Jagger possedeva l’attico situato due piani più in alto. A quel punto cambiò parere. (pp. 339-342)

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Carla Bruni: «Ci sono così tante altre donne nella vita di Mick... Io sono stata solo una delle quattromila fortunate, ma non mi sono mai sentita responsabile... Penso che lui sia come Don Giovanni. Ci sono abituata, in Italia gli uomini come lui sono tanti». (p. 339)

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Carla Bruni: «Sarei felice di poter essere nota per quel legame. Non è come se fossi stata con il generale Pinochet o con Mussolini!» (p. 340)

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Il tour A Bigger Bang poteva vantare centoquarantasette concerti […] per un incasso totale di cinquecentocinquantotto milioni e trecentomila dollari. A conti fatti, A Bigger Bang aveva quindi guadagnato il titolo di tournée con il più alto incasso della storia. (p. 342)

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Compiuti i sessantacinque anni nel 2008, […] Mick decise di lasciar perdere qualsiasi tipo di ritocco chirurgico, compreso il botulino, ma i trattamenti di bellezza erano un’altra questione. Il cantante non aveva infatti mai smesso di sperimentare creme, unguenti e pomate di qualunque tipo, limitandosi, una volta arrivato ai sessanta, ad aumentarne dosi e frequenza. Ospite fisso della Olympus Health and Fitness Suite del Claridge Hotel di Londra, aveva un debole per la costosa linea di prodotti per la cura della pelle La Prairie, soprattutto quelli al caviale per il viso, che contenevano alga marina e germe di grano. Costo: trecentonovanta dollari per un barattolino da cinquanta millilitri. (p. 345)

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[…] con grande gioia di Jerry, decise finalmente di lasciare la casa accanto alla sua a Richmond, acquistando nel 2008 una villa del diciassettesimo secolo sul Tamigi, nella zona di Chelsea, al prezzo di diciotto milioni di dollari più i costi per gli interventi di restauro. Alla casa vennero aggiunti un’aranciera in stile georgiano con tanto di piscina, pannelli solari sul tetto e spogliatoi separati per Mick e L’Wren (quello di lui era il doppio di quello di lei). Mentre i lavori erano in corso, Jagger decise di espandere i suoi possedimenti su Mustique e acquistò la villa accanto a Stargroves, ribattezzandola Pelican Beach. Poiché non era uno che si lasciava sfuggire un’occasione di guadagno, pensò di affittare le due abitazioni nei periodi in cui non vi risiedeva (ventiduemila dollari a settimana per Stargroves, solo settemila per Pelican Beach). (p. 346-347)

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Al matrimonio reale […] Mick invece non figurava nella lista. «Ma come, Elton sì e io no?» scherzò, […]. In realtà, ne fu molto deluso. «Ma sarebbe potuta andare molto peggio se avessero invitato Paul McCartney» (anche lui escluso), disse un amico. (p. 348)

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La pubblicazione di Life, la biografia del chitarrista andata a ruba, mise seriamente a rischio la loro amicizia. […] Richards si era infatti divertito a ridicolizzare il suo amico […] definendolo «intollerabile» e riferendosi a lui con i soprannomi scherzosi di «Brenda» o «sua maestà». […]
Queste punzecchiature non reggevano il confronto con la dichiarazione di Keith […] secondo la quale Mick era poco dotato. Quando Marianne Faithfull era andata a letto con lui, affermava Richards, «non si era affatto divertita con il suo ’piccolo amico’. Certo, ha delle palle enormi, ma non compensano il resto». […] Era la verità? «Non proprio», dichiarò la diretta interessata [MARIANNE FAITHFULL], «ma quasi.» […] Comprensibilmente, Mick […] confessò di essersi sentito ferito […] trovando davvero inadeguata la giustificazione che Keith andava ripetendo, e cioè: «Pensavo che non avrebbe avuto problemi con la verità». Per settimane, Jagger […] lo ignorò, […]. Il silenzio assoluto durò quasi due mesi, […]. (pp. 350-352)

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Anche se non ci sono dubbi sulla data della prima esibizione dei Rolling Stones, avvenuta al Marquee Club di Londra il 12 luglio 1962, Richards al momento sostiene che, per quello che lo riguarda, l’anno di nascita ufficiale della band è il 1963, con l’entrata di Charlie Watts nella formazione. Per citare le sue stesse parole, il 1962 «è l’anno in cui gli Stones sono stati concepiti, ma solo l’anno prossimo compiranno effettivamente cinquant’anni». (p. 358)