Maria Teresa Cometto, CorrierEconomia 15/10/2012, 15 ottobre 2012
MOTO. LA RIVOLUZOINE FLESSIBILE DELLA MITICA HARLEY-DAVIDSON
Uno dei marchi «made in Usa» più famosi al mondo, la Harley-Davidson si prepara a celebrare 110 anni di attività nel 2013 in un modo speciale: 12 grandi eventi dal Messico alla Cina alla nuova Zelanda, con il clou dal 13 al 16 giugno a Roma. Quando in piazza San Pietro il Papa benedirà 1.400 moto sorteggiate con una lotteria fra quelle dei membri dell’Hog, l’Harley Owners Group, che conta oltre 1 milione di fan, di cui 14.717 in Italia.Protagonisti Ma arrivare a 110 anni è stato un miracolo per l’azienda di motociclette fondata a Milwaukee, nel Wisconsin da William Harley e dai tre fratelli Davidson. Già nel 1981 era stata sull’orlo della bancarotta: era stata salvata da una cordata di suoi manager, guidata da Willie G. Davidson, il nipote di uno dei fondatori e responsabile del design delle moto, ora «ambasciatore» di H-D. Con la recessione del 2007, poi, le vendite erano crollate del 40% e il bilancio era andato in rosso nel 2009. Ma quell’anno ha segnato anche la svolta: dalla crisi profonda al rilancio, grazie a una radicale ristrutturazione del sistema produttivo incentrata sulla flessibilità e l’efficienza, che secondo il Wall Street Journal ha fatto della Harley-Davidson un modello per la rinascita dell’industria manifatturiera americana. Protagonisti del cambiamento ? un vero e proprio «big bang» nelle parole di Ed Magee, il capo della fabbrica più grande di Harley-Davidson, a York, in Pennsylvania ? sono stati da una parte il nuovo amministratore delegato Keith Wandell e dall’altra il sindacato dei metalmeccanici. Appena entrato in carica nell’aprile 2009, Wandell aveva iniziato un’analisi spietata dei quattro impianti della Harley-Davidson: obsoleti nell’organizzazione e appesantiti da contratti sindacali molto onerosi. Oltre a decidere di tagliare le attività non strategiche ? liquidando il marchio di moto da corsa Buell e vendendo la controllata italiana Mv Augusta ?, il nuovo ceo ha messo i sindacati di fronte a un’alternativa drastica: o chiudere le fabbriche esistenti, compresa quella a Milwaukee, e trasferire la produzione in nuovi stabilimenti moderni in altri Stati con un costo inferiore della manodopera come il Kentucky; o accettare forti riduzioni del numero dei dipendenti e una diversa organizzazione del lavoro, molto più flessibile per adeguarsi velocemente ai cambiamenti del mercato e della domanda dei clienti. E il sindacato ? lo stesso che nel 2007 aveva organizzato nella fabbrica di York uno sciopero duro di due settimane, paralizzando tutta l’azienda ? ha accettato, vincolandosi con un contratto di sette anni, straordinariamente lungo per le relazioni industriali negli Stati uniti.RiduzioniI tagli sono stati dolorosi: gli operai di York sono stati dimezzati, gli altri sono stati ridotti del 20-25%. Le mansioni professionali sono scese da una sessantina a cinque: ogni dipendente ora fa più cose, a rotazione e a seconda delle necessità. E soprattutto è stata introdotta la figura dei lavoratori «casual»: dipendenti sindacalizzati, ma che vanno in fabbrica solo se chiamati dall’azienda durante picchi stagionali di domanda o per coprire le vacanze e le altre assenze dei lavoratori a tempo pieno; e che sono pagati mediamente il 30% in meno. Le fabbriche sono state automatizzate, introducendo i robot per le lavorazioni più pesanti. L’impianto di York per esempio, prima disperso in 41 edifici così vecchi da essere quasi pezzi di archeologia industriale, è stato rifatto in un’unica struttura moderna, con un investimento di 90 milioni di dollari dell’azienda e anche un contributo di 15 milioni dello Stato della Pennsylvania.Il nuovo contratto è stato approvato dalla maggioranza degli aderenti al sindacato nei referendum che si sono tenuti fabbrica per fabbrica. Ha prevalso, a denti stretti, la preoccupazione di non perdere tutti i posti di lavoro. «Abbiamo ceduto un sacco e l’umore è cupo», aveva detto al giornale locale di Milwaukee Mike Masik, presidente del sindacato United steel workers, dopo la firma del contratto due anni fa. Ma ora che tutte le novità sono entrate in vigore, Harley-Davidson ha ripreso a crescere e sembra pronta a reagire a eventuali nuovi cali della domanda senza più paura di non sopravvivere. La ristrutturazione dovrebbe portare a risparmi per oltre 300 milioni di dollari l’anno a regime e il bilancio è tornato solido, con i margini di profitto aumentati al 16%, dal 12,5% del 2009. I clienti in particolare dovrebbero essere più soddisfatti, perché dal disegno di un nuovo modello al suo lancio sul mercato passerà meno tempo e i loro ordini ? spesso molto personalizzati ? saranno soddisfatti più in fretta.
Maria Teresa Cometto