Roberto Giovannini, La Stampa 17/10/2012, 17 ottobre 2012
A guardare i numeri, gli obiettivi quantitativi della Strategia Energetica Nazionale sono ambiziosi
A guardare i numeri, gli obiettivi quantitativi della Strategia Energetica Nazionale sono ambiziosi. Sicuramente il documento approvato ieri dal Consiglio dei ministri - il primo piano energetico complessivo mai presentato dal 1988 ad oggi prevede una serie di scelte che avvicinano l’Italia a quanto fanno partner europei tradizionalmente più avanzati, anche se Germania e Danimarca osano assai di più. Ad esempio, si mette nero su bianco che nel 2020 la quota maggiore del consumo di energia elettrica proverrà con il 36-38% dalle fonti rinnovabili. Ancora, si scrive che attraverso un forte incremento dell’efficienza energetica ci sarà una riduzione dei consumi primari di energia del 24%, permettendo di centrare (e anzi superare) tutti gli obiettivi europei previsti dall’agenda 20-20-20, compresa la riduzione delle emissioni di gas serra. Il tutto riducendo il differenziale nel costo dell’energia per i consumatori e le imprese, tagliando dall’84% al 67% la dipendenza energetica del nostro paese dall’estero, con 19 miliardi di risparmio sulla «bolletta» dell’energia. Un documento di 116 pagine che resterà in consultazione per sei settimane «per avere il contributo del Parlamento, degli enti di ricerca, delle parti sociali» e che verrà diciamo così «consegnato» in eredità al prossimo Parlamento e al prossimo Esecutivo. Il premier Mario Monti è molto soddisfatto della «Sen»: lo definisce «un provvedimento di grande importanza per i cittadini, per le imprese, per l’ambiente e per la posizione dell’Italia nell’economia e nella geopolitica». Il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera, che ne ha coordinato l’elaborazione insieme al sottosegretario Claudio De Vincenti, spiega che il governo ha fatto «un lavoro di messa in ordine di tutto ciò che riguarda l’energia, avendo come obiettivo la riduzione della bolletta energetica e l’allineamento dei costi italiani, soprattutto all’ingrosso, rispetto a quelli europei», la trasformazione del paese in un hub mediterraneo del gas, e garantire con più sicurezza l’approvvigionamento energetico del paese, Confindustria approva il piano, ma ovviamente non tutti plaudono: gli ambientalisti, ad esempio, non nascondono le loro perplessità su alcune scelte di fondo del piano: la volontà di incrementare l’aumento della produzione di petrolio e gas sul territorio nazionale, le famose «trivellazioni» che il governo giura saranno compatibili con ambiente e paesaggio e mai svolte in aree «sensibili». Oppure il fatto che nel 2020 si prevede una sostanziale stabilità del peso del carbone (il 9%) nel mix energetico. O infine e questa è l’obiezione forse più puntuta - che non si comprende bene in che modo si concretizzerà l’auspicato aumento del ruolo delle fonti rinnovabili. Visto che uno dei capisaldi del «Sen» è proprio il taglio degli incentivi alle medesime fonti rinnovabili. Un tema su cui Monti in conferenza stampa si è dilungato ricordando le «distorsioni» provocate dagli incentivi. Ma c’è da giurare che anche società petrolifere ed elettriche (Eni ed Enel) avranno qualcosa da ridire. Tornando alle linee guida del «Sen», abbiamo detto della riduzione della dipendenza dall’estero e della bolletta energetica, ottenuto attraverso l’efficienza energetica, l’aumento della produzione da rinnovabili, la minore importazione di elettricità e una maggiore produzione di risorse idrocarburi nazionali. Da questo punto di vista la Strategia vuole tornare «ai livelli degli anni Novanta», con circa 24 milioni di barili di olio equivalente l’anno di gas e 57 di olio addizionali, portando dal 7 al 14% circa il contributo al fabbisogno energetico totale. Il capitolo «trivellazioni» consentirà di mobilitare investimenti per circa 15 miliardi di euro. Che rappresentano una fetta discreta dell’investimento totale stimato che verrà alimentato dal piano. S pensa a 180 miliardi di euro da qui al 2020, spesi sia nella green e white economy (rinnovabili ed efficienza energetica), sia nei settori energetici tradizionali (con reti elettriche «intelligenti» e gas, rigassificatori, stoccaggi, sviluppo idrocarburi). Si tratta di investimenti privati, in parte supportati da incentivi, e previsti con ritorno economico positivo per il paese e 25.000 nuovi posti di lavoro, si legge nel documento. Ma tra le priorità ci sono anche lo sviluppo delle infrastrutture e del mercato elettrico, la ristrutturazione della raffinazione e della rete di distribuzione dei carburanti. *** «Se gli italiani non vogliono la ricerca petrolifera non la faremo, né noi né altri». Parola dell’amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni, interpellato sulla Strategia energetica italiana che prevede tra l’altro il rilancio della produzione di idrocarburi nazionali, con trivellazioni che molti osteggiano. «Se non riusciremo a farla in Italia la faremo da un’altra parte», ha aggiunto Scaroni, che parlava a margine della commemorazione del cinquantenario della scomparsa di Enrico Mattei alla Camera, alla presenza di Giorgio Napolitano, del presidente della Camera Gianfranco Fini, del presidente della Fondazione della Camera Fausto Bertinotti e del presidente Eni Giuseppe Recchi. Secondo Scaroni «sul tema della ricerca di idrocarburi sono convinto che l’Italia può dare ancora molto, non perché siamo reduci dalla commemorazione di Mattei, ma perché anche noi siamo convinti di questo». Il Governo, ha concluso, «mi sembra molto impegnato e se riuscirà a ottenere alla fine non solo una legge, perché su questo tema ci sono le Regioni, le province, i Comuni, dovrà trovare il modo di dipanare la matassa perché le cose alla fine arrivino in fondo. In campo energetico bisogna ragionare come Europa, metterci a delegare le Regioni mi sembra incomprensibile». Per ricordare la figura del fondatore dell’Eni Neri Marcorè ha riproposto due momenti significativi della vita di Enrico Mattei attraverso la lettura dei suoi discorsi alla Camera e a Gagliano, il giorno che ha preceduto il misterioso incidente aereo di Bascapè del 27 ottobre 1962. «Eni realizza gran parte dei suoi ricavi all’estero - ha detto Scaroni Quest’anno in Mozambico abbiamo fatto la più importante scoperta di idrocarburi della nostra storia. Tuttavia noi, come Mattei, abbiamo il mondo come orizzonte ma la testa e il cuore in Italia». «Mattei - ha ricordato l’ad del cane a sei zampe - superò la modalità colonialistica radicata nei contratti con i Paesi produttori, inserendo una nuova modalità di relazione: il rispetto». Sul presente dell’azienda Scaroni ha detto che «negli ultimi 4 anni abbiamo investito 8 miliardi di euro e assunto 4.200 persone in Italia. Nei prossimi quattro anni faremo investimenti analoghi. Siamo già impegnati - prosegue l’ad Eni- in due attività di riconversione particolarmente importanti: a Porto Torres per la chimica verde e a Porto Marghera per la bioraffinazione».