Mario Baudino, La Stampa 16/10/2012, 16 ottobre 2012
BASTANO 25 MILA PAROLE PER METTERE KO IL LETTORE
Julio Cortazar soleva distinguere fra racconto e romanzo, paragonando il primo alla fotografia e il secondo al cinema. E con una metafora pugilistica sostenne che, nella lotta fra testo e lettore, «il romanzo vince ai punti, mentre il racconto deve vincere per knock out». La ricetta è antica, arriva almeno dai grandi russi dell’Ottocento, è stata varie volte integrata e arricchita, ma non è molto cambiata. Cortazar era un maestro del «cuento» e riteneva che i risultati del racconto dovessero nutrire il romanzo. Borges, per dire un sommo narratore della misura breve, ha concepito universi e mondi senza fine, ma forse non è mai arrivato a 25 mila parole per racconto. Non sono poche: valgono all’incirca 100 minuti di lettura ad alta voce, o 50 pagine piuttosto fitte. La biblioteca di Babele non le raggiunge.
Alfonso Berardinelli in un libro non privo di spine (che già nel titolo rivolge un invito apparentemente inequivoco: Non incoraggiate il romanzo ) legge i racconti (straordinari) di Mario Soldati ricavandone quello che definisce ironicamente «una specie di assioma»: «Ogni arte del racconto si fonda sul resoconto ansiosamente meticoloso di qualcosa che avviene e che non è mai spiegabile nel momento in cui sta avvenendo». È un’arte sottile, non sempre premiata da quella democrazia della lettura nata nell’Ottocento e magari ultimamente un po’ (troppo) populista. È davvero superiore all’arte del romanzo? Molti ne sono convinti. Ma scrivono romanzi.