Paolo Colonello, La Stampa 16/10/2012, 16 ottobre 2012
A PALAZZO MARINO L’INCONTRO TRA IL BOSS E IL CONSIGLIERE GIUDICE
«Ormai Berlusconi è andato fuori di testa e ha perso tutto, ha perso Napoli, Milano, Torino e Bologna. De Magistris ha sbancato! Ma papà, si comprano i voti, che non li hanno potuti spendere questa volta? I voti si comprano!... Con Scopelliti in Calabria hai visto come ha fatto? Sono andati là, li hanno pagati e hanno comprato i voti, se non paghi i voti non vinci! Lui, Berlusconi è più con la mafia siciliana che con la ’ndrangheta, hai capito? E non ha capito che con la ’ndrangheta adesso si vince e non più con la mafia. La mafia... ma Berlusconi sta dietro la mafia. Intanto Scopelliti sono andati, hanno pagato la famiglia di Gioiosa, sono andati e gli hanno dato i voti e ha vinto...».
A modo loro, gli uomini delle cosche, alla fine sulla politica si erano fatti le idee chiare. E se si pensa che il dialogo appena riportato si svolge nel giugno del 2011, ben prima cioè delle cambio di governo di novembre, si capisce che qualcuno, tra un’estorsione e un traffico di coca, aveva già capito come sarebbe andata a finire. Ad anticipare i destini della nazione, sono il boss Eugenio Costantino e suo padre Antonio, considerati dagli inquirenti organici alle cosche calabresi di Platì. L’analisi non raffinatissima, che rende bene l’idea di come ormai si siano deteriorati i rapporti nella politica e fornisce uno spunto investigativo notevole (a proposito dell’attuale presidente della Calabria, Scopelliti) ai carabinieri impegnati nelle indagini che la settimana scorsa hanno portato in carcere l’ex assessore lombardo Domenico Zambetti e una ventina tra malavitosi e faccendieri. Si tratta di quasi 2000 pagine, allegate agli atti dell’inchiesta, che rappresentano uno spaccato assai approfondito sul grado di penetrazione delle cosche in quello che si direbbe un ormai floridissimo mercato del voto di scambio. Scrivono gli investigatori: «Le indagini hanno dimostrato l’esistenza di un consolidato sistema che la ’ndrangheta, almeno in Lombardia, è riuscita ad attuare, riuscendo ad acquisire sempre maggiore credibilità all’interno degli ambienti politici. In altre parole, gli esponenti delle cosche hanno creato un’offerta di voti in un territorio dove la domanda è elevatissima». Lo scopo è chiarissimo: da una parte ottenere soldi in cambio di voti, dall’altra ottenere appalti. In questo caso, attraverso l’assessore alla Casa, i calabresi della ’ndrangheta, singolarmente uniti per la causa, puntavano ai lavori per l’Expo 2015 e agli appalti di facchinaggio per Malpensa.
E ha voglia a sostenere l’assessore Zambetti che aveva scambiato i boss Costantino e D’Agostino per due imprenditori sostenitori del Pdl. Secondo i carabinieri, prima di chiedere loro l’aiuto elettorale, Domenico Zambetti aveva avuto ben modo di accorgersi con chi aveva a che fare, frequentando «qualificati esponenti della criminalità organizzata» almeno fin dal 2009, «quali Martino Paolo, Giuseppe D’Agostino e Perego Ivano, rispettivamente inseriti nelle cosche De Stefano, MorabitoBruzzaniti-Palamara e Plati-Natile». Tutti personaggi ampiamente finiti nelle cronache degli ultimi anni sulla criminalità organizzata in Lombardia. Eppure, Zambetti non se n’era accorto. E come lui, l’ex consigliere comunale Vincenzo Giudice che per concordare i voti da destinare alla figlia Sara, incontra i boss davanti a Palazzo Marino. Strano. Perché poi, a certi appuntamenti preelettorali, a certe cene per “gli amici”, i calabresi venivano chiamati a partecipare in massa, per fare numero sotto le bandiere de “l’Altra Calabria” che per gli investigatori altro non è che “una lobby”. Succede a Cinisello Balsamo nel 2009, sotto gli occhi dei carabinieri che filmano un «aperitivo» pre-elettorale al quale partecipano anche politici come l’attuale presidente della Provincia Guido Podestà, l’onorevole Giuseppe Galati e lo stesso Zambetti. Festicciola che «per ringraziamento» viene ripetuta, con gli stessi personaggi, al ristorante “Gente di Mare”, «cui parteciparono diversi esponenti della politica e della criminalità organizzata». Si lascia intravvedere «il vantaggio di diventare amico degli amici, di trovare un sostegno costante. Un sistema che la consorteria criminale riesce a sfruttare per favorire e al tempo stesso irretire uomini politici e amministratori che vedono nella criminalità organizzata una risorsa su cui investire». Una situazione, «che può esser tranquillamente definita come consolidata».