Sara Bennewitz, Affari e Finanza 15/10/2012, 15 ottobre 2012
RAFFAELE VITALE IL FIGLIO D’ARTE CHE VUOLE MARCOLIN NEL PORTAFOGLIO PAI
La scorsa settima gli hanno organizzato un compleanno a sorpresa per i suoi cinquant’anni, perché Raffaele Vitale è stato talmente assorbito dalla trattativa per rilevare il controllo di Marcolin, che se i suoi amici non avessero pensato alla torta e agli inviti, non avrebbe avuto né tempo, né voglia di festeggiare. Figlio e nipote d’arte, in realtà il manager del private equity francese ha sempre fatto di tutto per rimanere nell’ombra, restando lontano dai riflettori e dai salotti. Italiano di nascita e americano d’azione, Raffaele è il primogenito di Alberto Vitale ex manager dell’Olivetti di Adriano, che poi si è trasferito negli Usa per conto della Ifi di Gianni Agnelli per rimanere Oltreoceano ad occuparsi di editoria e arrivando a capo della Random House, il gigante che edita il New Yorker. E così Raffaele ha fatto tutti gli studi Oltreoceano muovendo i primi passi nel mondo del lavoro presso gli uffici della Jp Morgan. Poi quando lo zio Guido Roberto insieme ad Arnaldo Borghesi ha dato vita alla prima vera banca d’affari alternativa a Mediobanca, Raffaele si è trasferito a Milano per fondare quella boutique che un giorno sarebbe diventata parte della Lazard. Di lì i contatti con la Bnp Paribas e l’avvio del fondo di private equity Pai Partners. L’amicizia con Alberto Nagel di Mediobanca non nasce né sui banchi di scuola, né nei salotti, ma sulle nevi di Courmayeur. Chi conosce Raffaele lo
definisce un grande sportivo, uno che ama la gara e la fatica dello sci di fondo e pare che il numero uno di Mediobanca sia stato battuto più di una volta dal compagno di sciate. Tuttavia la sintonia tra i due è tale, che insieme a Piazzetta Cuccia, il fondo Pai Partners ha fatto tutte le operazioni degli ultimi dieci anni, dalla Saeco all’acquisto della Nuance di Giuseppe Stefanel, compreso il rilancio dei grandi magazzini Coin. Se infatti l’avventura nelle macchine da caffè non è andata a buon fine, la ristrutturazione di Coin e Oviesse, che poi hanno integrato anche le insegne della Upim, è un’operazione da manuale, anche perché in anni di consumi in calo i grandi magazzini veneti hanno comunque portato a casa ottimi risultati. Una delle doti che tutti riconosco a Vitale, è quella di aver saputo selezionare gli uomini adatti a gestire il turnaround delle varie aziende acquistate nel tempo. Vitale ha saputo scegliere la persona giusta per il lavoro giusto, il team scelto per Saeco ancora oggi è ai vertici della Philips. Così come Stefano Beraldo che veniva da un’esperienza negli elettrodomestici di De’ Longhi, ha gestito egregiamente sia il rilancio di Coin che l’integrazione di Upim. Non a caso, anche se nel settembre 2011 i magazzini veneti hanno salutata Piazza Affari e diventati proprietà di Bc Partners e Investindustrial, Beraldo è stato confermato alla guida del gruppo. Il suo ex direttore finanziario Giovanni Zoppas da gennaio ha invece scelto di assumere le deleghe della Marcolin; dopo aver partecipato fin dall’inizio al rilancio di Coin, il manager si è trasferito a Belluno per lavorare nell’azienda che fa capo alla famiglia Della Valle (40% del capitale). Zoppas era arrivato alla Marcolin proprio con l’obiettivo di guidare la crescita di una boutique dell’occhialeria, che è obbligata a ritagliarsi un ruolo di nicchia tra giganti come Luxottica e Safilo. Dopo la ristrutturazione degli ultimi cinque anni, ora Marcolin ha bisogno d’investire per dotarsi di una sua rete di negozi, e proprio il settore della grande distribuzione è una delle specialità del fondo guidato da Vitale. Così dovendo reperire le risorse per aprire una rete di negozi dell’occhialeria, e non trovando unanime consenso tra gli azionisti della società, Zoppas si è rivolto al numero uno di Pai Partners. Dentro l’azienda di Belluno i soci hanno infatti diverse ambizioni e differenti priorità. La famiglia Marcolin, socia al 20% del capitale, aveva già ceduto il controllo e sarebbe pronta a farsi da parte. Lo stesso vale per Luigi Abete, che era entrato nella Marcolin quando nel 2004 Diego e Andrea Della Valle avevano investito nella società; ma il presidente della Bnl, che poi ha girato la quota al figlio, considera l’investimento di natura finanziaria e sarebbe pronto a liquidare la partecipazione nella società di occhiali. Il caso è invece diverso per Mr Tod’s, che in vita sua non ha mai fatto un contratto di licenza per i suoi marchi, tant’è che per arrivare a produrre i suoi occhiali ha preferito comprarsi un’azienda ad hoc. Anche perché tanta parte della fortuna di Marcolin è legata proprio a Della Valle, che ha procurato alla società alcuni contatti tra cui quello con lo stilista americano Tom Ford, che rappresenta il fiore all’occhiello delle licenze del gruppo veneto. In quest’ottica Vitale potrebbe riuscire a convincere la famiglia marchigiana a fare insieme l’operazione, così come aveva trattato con i Coin l’acquisto delle loro insegne, coinvolgendo la famiglia nell’operazione con una quota di minoranza. Anche se il suo modo di ragionare è molto anglosassone, Vitale ha sposato una torinese e in Italia vive e lavora da anni. Negli affari prevale però la sua cultura calvinista fatta di lavoro e fatica, ma anche di competitività e dimensioni di scala. Il suo aspetto e il suo accetto inglese, tradiscono invece una natura mista, perché il manager, insieme a un vestito sartoriale, si muove per Milano con lo zainetto in spalla. E così, le trattative per rilevare Marcolin sono iniziate lo scorso maggio, poi d’estate c’è stata una pausa anche perché i soci dell’azienda veneta di fronte a un’offerta informale hanno preso tempo per pensarci su. Poi a settembre Vitale è tornato alla carica, sollecitando Unicredit e Intesa a erogare un finanziamento capace di coprire almeno un terzo dell’operazione, dando mandato a Mediobanca di effettuare la trattativa. Se quindi le banche finanziatrici e gli advisor hanno dato il loro via libera, ora per firmare l’acquisto di Marcolin manca solo il placet di Della Valle. Mr Tod’s non avrebbe ancora incontrato Vitale di persona, lasciando le trattative in mano ai suoi manager. Solo che Della Valle, dopo alcune esperienze non felicissime, è restio ad affidare la maggioranza del gruppo a un fondo che peraltro comunque gestirà anche gli occhiali che portano il nome di Tod’s, Hogan e Fay. Tuttavia, anche considerando i vari impegni della famiglia marchigiana, che spaziano dai grandi magazzini americani della Saks alle quote di RcsMediagroup, forse affidarsi a Zoppas e a Pai Partners potrebbe essere una mossa due volte vincente. Vitale, a differenza degli altri private equity, preferisce coinvolgere gli imprenditori negli investimenti che conclude. Della Valle invece è per sua natura allergico alla leva, quindi anche per questo motivo non ha mai fatto affari con un fondo d’investimento, fatta eccezione per la Charme di Luca Cordero di Montezemolo. Non a caso sotto la gestione di Della Valle, che è iniziata nel 2004 quando Dolce e Gabbana hanno lasciato l’azienda che si trovava in difficoltà, la Marcolin non ha mai avuto grandi debiti (3 milioni di passività fine giugno). Anche in Tod’s, che ha sempre generato cassa, Della Valle ha investito gradualmente nei suoi monomarca e spesso ha rilevato personalmente le vetrine per non appesantire troppo i conti del gruppo, e poi in seconda battuta ha rivenduto al gruppo del lusso i negozi. Chi sta seguendo da vicino l’operazione, resta però fiducioso nel fatto che Vitale riuscirà a negoziare con Mr Tod’s un accordo capace di tenere in equilibrio finanza e industria, in modo da accompagnare la crescita della distribuzione di Marcolin senza pregiudicare le griffe di cui il gruppo veneto realizza gli occhiali.